I cantanti italiani alla corte reale polacca nella prima metà del Settecento

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Author: 
Alina Żórawska-Witkowska
Università di Varsavia, Istituto di Musicologia

La Repubblica delle Due Nazioni, stato composto dall'anno 1569 dal Regno di Polonia ed il Granducato di Lituania, uniti per unione reale, nel 1697 si unì inoltre per unione personale con la Sassonia. In quell'anno, l'elettore sassone Federico Augusto I accettò la corona polacca e prese il nome di Augusto II (poi noto con il soprannome Il Forte). Nel 1734, la situazione si ripetette con suo figlio Federico Augusto II, anch'esso elettore sassone, che, eletto re di Polonia, rimase monarca fino al 1763 sotto il nome di Augusto III. In quel modo i primi sei decenni del Settecento furono in Polonia un periodo di regno di due re che contemporaneamente, furono elettori di Sassonia. Dovettero così dividere il loro tempo ma anche le loro ambizioni ed il cuore tra Dresda e Varsavia, due capitali di paesi molto diversi dal punto di vista del regime politico, religione dello stato, sviluppo economico e tradizione culturale. I due monarchi preferirono in modo palese la loro patria germanica e frequentarono assai raramente la Polonia. Non stupisce quindi che i principali complessi musicali e teatrali dei due re rimasero siti a Dresda, mentre a Varsavia si spostavano solo alcuni artisti utili in un dato momento per la realizzazione alla corte polacca di progetti artistici momentanei. Fu legata in modo con Varsavia permanente solo la cosiddetta cappella polacca, e nel caso di Augusto II, anche l'orchestra dei giannizzeri. [1] La situazione artistica della corte polacca va quindi analizzata congiuntamente a quella della corte sassone.

Tuttavia, il mecenatismo dei due monarchi presenta anche delle differenze sostanziali, dato il varco generazionale ed il cambio stilistico ad esso legato: stile barocco tardivo durante il regno di Augusto II e primo classicismo (stile galante) per Augusto III. Augusto II, che durante il suo grand tour (1687-89) fu ospitato a Versailles da Lodovico XIV e rimase meravigliato dai fasti della corte francese, preferì per tutta la durata del suo regno il teatro musicale francese. Le esperienze giovanili vissute in Italia, invece, non gli lasciarono un'impressione maggiore. [2] Il grand tour parallelo di Augusto III, posteriore di un quarto di secolo (1711-19), ebbe un effetto opposto. Il suo soggiorno a Parigi, Fontainebleau e Versailles (1714-15) coincise con il tramonto della vita di Luigi XIV e non generò nel futuro re un fascino particolare per la cultura francese. Il suo viaggio in Italia, invece (1712-13 e 1716-17), soprattutto a Venezia, lasciò un'impronta indelebile che rese Augusto III un fedele ammiratore della musica italiana per tutta la sua vita. [3] Dovette cedere a quella passione pur suo padre Augusto II, che mantenne negli anni 1717-20 alla sua corte di Dresda un complesso lirico italiano organizzato con cura da suo figlio in Italia: fu in effetti il complesso più eminente ma anche più costoso d'Europa in quei tempi. (Nel giugno del 1718, gli stipendi annuali degli artisti eccedettero i 45.000 talleri, costituendo oltre il 60% di tutti i costi di manutenzione dell'intero personale teatrale e musicale di Dresda di oltre 120 persone). [4] Parteciparono a quel complesso cantanti supremi quali Santa Stella-Lotti, Margherita Durastanti, Maria Maddalena de Salvai, Francesco Bernardi noto come il Senesino, Gaetano Berenstadt e Giuseppe Maria Boschi, mentre il maestro di cappella fu Antonio Lotti. Il motivo principale per il quale Augusto II assunse i detti musicisti fu l'imminente matrimonio del suo erede con l'arciduchessa d'Austria Maria Giuseppa. Le nozze si tennero a Dresda e durarono per l'intero mese di settembre del 1719, essendo una delle cerimonie di corte più rilevanti dell'intero Settecento. Nell'intenzione di Augusto II, i cantanti dovevano svolgere funzioni anche per la corte polacca, ma in realtà la loro attività si limitò a quella di Dresda. Del resto, poco dopo le dette cerimonie di nozze, il re si liberò del complesso così costoso e poco adeguato alle sue esigenze estetiche, fatto di cui approffitò maggiormente Georg Friedrich Händel, assumendo nel 1720 la maggioranza dei cantanti alla sua compagnia di Londra.

In ogni modo da quel tempo, Augusto II a Dresda dovette prendere in considerazione i gusti della giovane corte, cioè di suo figlio e sua nuora, che non potevano vivere senza l'opera italiana. Il re si ricordava tuttavia dei costi che subì in occasione della compagnia di Lotti, quindi pur cedendo alle pressioni di suo figlio, assunse nel 1725 dei cantanti di minor livello, cioè meno costosi: Ludovica Seyfried, Niccolo Pozzi, Andrea Ruota, Matteo Lucchini nonché i coniugi Margherita Delfini-Ermini e Cosimo Ermini, specializzati in ruoli comici. Augusto II decise inoltre di investire nell'istruzione in Italia di giovani cantanti italiani che lasciate le scuole, avrebbero alimentato la corte polono-sassone, senza rappresentare un onere eccessivo per la tesoreria reale. Quel progetto fu assegnato all'ambasciatore sassone in Venezia, il conte Emilio Villio. [5] Colui assunse nell'anno 1730 cinque cantanti eminemente istruiti a Recanati, Loreto e Venezia: i castrati Domenico Annibale, Ventura Rochetti e Giovanni Bindi, nonché le sorelle Anna e Maria Rosa Negri. Tutti integrarono la Königl. Capelle und Cammer-Musique, che fu alimentata nel 1731 anche dalla prima donna Faustina Bordoni, già molto conosciuta in Italia, e suo marito esordente sul piano della composizione, Johann Adolf Hasse. Più tardi, durante il regno di Augusto III, alcuni dei sopraccitati artisti giocarono un ruolo primordiale nella vita musicale di Varsavia.

 

Augusto II. [6]

A Varsavia, le ambizioni artistiche di Augusto II si limitarono a rapprezentazioni di compagnie di commedia. Più precisamente, si trattava dei compagnie della Comédie Française assunti tramite intermediari negli anni 1699-1704, mentre negli anni 1709-33 funzionava già alla corte a Varsavia un complesso stabile di commedia e di ballo francese. Un avvenimento importante fu anche la breve presenza a Varsavia negli anni 1700-03/04 di un complesso dell'opera francese formato a Parigi e diretto da Louis Desechaliers. Augusto II fece una concessione verso il teatro musicale italiano assumendo per alcuni mesi (da febbraio a maggio 1699) la compagnia di Gennaro Sacco dalla corte del duca di Brunswick-Lüneburg, Giorgio Guglielmo di Celle, per poi mantenere per una quindicina d'anni la compagnia di comici italiani diretta da Tommaso Ristori, formata in Italia e poi remunerata dalla corte polacca.

Per quanto riguarda i cantanti italiani alla corte polacca di Augusto II, la loro presenza è attestata già nell'ambito della Königlich Pohlnische Capelle residente a Varsavia, che nel 1699 era composta da 41 persone. Fu diretta da due maestri di cappella: il sassone Johann Christoph Schmidt ed il polacco Jacek Różycki, mentre i suoi membri inclusero il poeta italiano Pietro Francesco De Silva (segretario del primate Michał Radziejowski) nonché sei cantanti italiani, adottati dalla cappella del precedente re di Polonia, Giovanni III Sobieski: i soprani Michele Angelo Stella e Francesco Michaeli, gli alti Filippo Scandalibeni e Pietro Benedetti (forse lo stesso Benedetti che più tardi fu canonico e maestro di cappella a Recanati, dove istruì per Augusto II i sopraccitati giovani castrati), il tenore Viviano Agostini (che fu anche compositore del drama per musica Per goder in amor ci vuol costanza, libretto Giovanni Battista Lampugnani, eseguita otto anni prima a Varsavia in occasione delle nozze del principe reale Jakub Sobieski), ed il basso Giovanni Battista Benedetti. Si presume che il principale compito di quei musicisti fu l'accompagnamento musicale alle messe, ma è probable che abbiano appoggiato anche la compagnia di Gennaro Sacco, di cui non conosciamo la composizione, nella rappresentazione di spettacoli musicali. In ogni caso a marzo 1699 dovettero partecipare nell'esecuzione del divertimento teatrale Latona in Delo, composto nell'ambito varsaviano in un prologo e due atti con libretto di Pietro Francesco De Silva e musiche di Johann Christoph Schmidt. Latona in Delo rimane l'unica opera lirica italiana rappresentata a Varsavia durante il regno di Augusto II e inoltre la prima delle opere italiane (le cui rappresentazioni a Varsavia iniziarono già nel 1628) di cui la partitura si sia conservata ai nostri tempi (a Berlino). In quell'opera, 19 personaggi eseguiscono 47 arie e cinque duetti.

Dopo la partenza di Sacco, non vi furono rappresentazioni italiane a Varsavia per 17 anni, fatto su cui incise la situazione politica difficile per Augusto II (fu detronizzato nel 1704, riacquistendo la corona di Polonia nel 1709 ma potette stabilizzare il suo potere solo verso il 1715). La musica italiana ritornò solo durante il Carnevale del 1716, con l'arrivo di una compagnia di comici italiani diretta da Tommaso Ristori (detto Coviello), noto al re ancora dal tempo della sua attività di attore alla corte dell'elettore sassone Giovanni Giorgio III, padre di Augusto II. Nel complesso di 19 musicisti di Ristori, formato a Venezia probabilmente con il supporto di Augusto III, che vi soggiornava in quel momento, oltre 12 attori di commedia dell'arte si trovava un gruppo di cantanti: il soprano (?) Orsola Costa, l'alto (?) Rosalia Del Fantasia, il tenore (?) Girolamo Santapaolina, il tenore o basso Giovanni Micheli, ed il basso Carlo Malucelli. Alcuni di loro si erano precedentemente esibiti in intermezzi e tipi più leggeri d'opera lirica sui palchi di Venezia, Padova e Bologna. A Varsavia giunse anche Giovanni Alberto Ristori, figlio del principale, assunto da Augusto II in qualità di compositore di musica italiana presso la cappella polacca e remunerato dalla tesoreria polacca. Grazie a quegli artisti, che si esibirono a Varsavia negli anni 1716-1718, 1725-1729 e nell'autunno del 1730 (in quell'ultima occasione, rinforzati da tre cantanti della compagnia di Dresda), fu possibile introdurre nel repertorio della cappella polacca delle opere liriche italiane ed intermezzi, qualificati nella documentazione di pièces d'opera en musique, Operetten und intermedes, o Pastorellen und intermedes. Non disponiamo oggi di titoli delle opere eseguite, ma è lecito supporre che includessero i drammi per musica di Giovanni Alberto Ristori, che aveva già riscontrato successi in Italia (Pallade trionfante in Arcadia, Padova 1713, Venezia 1713 e 1714; Orlando furioso, Venezia 1713 e 1714; Pigmalione, Rovigo 1714), come anche la commedia per musica composta per la corte sassone, Calandro (Pillnitz 1726). È tuttavia possibile che fossero opere liriche che Orsola Costa, Carlo Malucelli e Girolamo Santapaolina avevano già nel loro repertorio precedente a Parma, Forlì e Venezia (Gli equivoci amorosi, Parma 1708, autore ignoto; Le risa di Democrito, Forlì 1710, musiche di Francesco Antonio Pistocchi; Gli amici rivali, Venezia 1714, musiche di Carlo Francesco Pollarolo). In ogni modo, gli intermezzi di provenienza veneta rappresentati a Varsavia negli anni 1716-1718 furono tra le prime opere di quel tipo esportate oltralpe. Nella Sächsische Landesbibliothek- Staats- und Universitätsbibliothek Dresden (cui furono integrate partiture di opere utilizzate in un tempo a Varsavia) conserva oggi sei intermezzi di quel tipo: il trittico Melissa schernita, Melissa vendicata, Melissa contenta, Venezia e Bologna 1708, musiche di Francesco Gasparini e Antonio Lotti; Parpagnacco, Venezia 1708, musiche di Francesco Gasparini; Pimpinone, Venezia 1708, musiche di Tommaso Albinoni; Brunetta e Burlotto, Venezia 1712, musiche di Domenico Sarri; Batto e Lisetta, Venezia 1713, autore ignoto; Cantarina e maestro, musiche di Giovani Antonio Costa. Inoltre, nelle collezioni di quella biblioteca si trovano quattro intermezzi (di cui solo due conservati integralmente), scritti dalla mano di Giovanni Alberto Ristori e da lui probabilmente composti: Delbo e Dorina, Serpilla e Serpollo, Lisetta e Castagnacco, e Despina, Simona e Trespolo. Quelle composizioni appartengono indubbiamente al primo repertorio del complesso di Tommaso Ristori, quindi furono probabilmente scritti per Varsavia.

Nel 1730, il complesso vocale di comici italiani di Tommaso Ristori si vide rinforzato a Varsavia da tre cantanti del complesso operistico di Dresda: il soprano Ludovica Seyfried-Wolska, l'alto Margherita Delfini-Ermini ed il basso Cosimo Ermini. Il loro arrivo a Varsavia era legato al noleggio dei comici italiani e alcuni altri artisti alla zarina Anna Ivanovna, previsto per l'anno 1731. [7] È molto probabile che trattassero Varsavia come l'occasione di una ripetizione generale prima della loro esibizione a Mosca, e vi presentarono non solo gli stessi intermezzi che realizzarono nel 1730 a Dresda e nel 1731 a Mosca ma anche il già citato Calandro, che fu la prima opera lirica italiana rappresentata a Mosca.

Sono i coniugi Ermini che suscitano la maggiore attenzione nel gruppo appena citato. Assunti anch'essi da Augusto III nel 1745, vantavanp una carriera teatrale ben ricca in Italia: dall'esordio nel 1717 si produssero a Piacenza, Firenze, Bologna, Modena, Cento, Recanati, Padova, Faenza e Verona, specializzandosi nelle parti buffe delle opere liriche e degli intermezzi, competenza che si rivelò poi utilissima sia a Dresda che a Varsavia.

 

Augusto III. [8]

I cantanti alla corte di quel monarca furono legati a due cappelle: la Königliche Capell- und Cammer-Music che, come al tempo di Augusto II, operava a Dresda, nonché la cosiddetta cappella polacca di Varsavia. [9] Il numero di cantanti nel loro ambito e le funzioni da essi svolte erano molto diversi. Alla cappella di Dresda erano assunti soprattutto cantanti di primo ordine, la composizione del complesso essendo mirata principalmente al teatro operistico. Al seno di quella cappella, i cantanti lirici costituivano un gruppo numeroso e crescente. (Nel 1734, cioè all'inizio del regno di Augusto III, erano quattordici, mentre nel 1756, poco prima della Guerra dei sette anni, erano già 22. [10]). Gli italiani furono la nazione dominante, ottenendo in alcuni casi dei salari molto elevati (per esempio Faustina Bordoni Hasse e Teresa Albuzzi-Todeschini erano pagate 3000 talleri all'anno, ed il soprano maschile Angelo Maria Monticelli persino 4000. [11]). La cappella polacca di Augusto III, invece, includeva inizialmente solo due cantanti polacci, tra cui, caso raro, il castrato Stefan Jaroszewicz, che già nella seconda metà degli anni 1720 era impiegato alla corte del grande etmano Stanisław Mateusz Rzewuski (che ebbe residenze sul territorio dell'odierna Ucraina). Jaroszewicz operò in seguito in Italia (Roma, Napoli) e fu assunto alla cappella polacca nel 1740 in seguito alla protezione del principe reale Federico Cristiano, che lo sentì ad Ischia durante il suo grand tour. [12] Jaroszewicz ottenne un salario importante per la cappella polacca: 400 talleri annui. Nel periodo della maggiore fioritura della cappella polacca, cioè dagli anni 1750 fino al 1763, essa includeva quattro cantanti, esclusivamente uomini: un soprano, alto, tenore e basso. Durante la Guerra dei setti anni, la cappella polacca integrò i cantanti italiani formalmente appartenenti alla cappella di Dresda, che in quel periodo dovette sospendere le sue attività: furono i castrati Niccolò Pozzi, Pasquale Bruscolini e Giuseppe Perini. La tesoreria polacca pagava loro solo un'aggiunta ai loro salari sassoni. Si presume che il compito principale legato alla loro appartenenza alla cappella polacca fu il solito servizio ecclesiastico.

A Varsavia, Augusto III dovette appoggiarsi anche su altri cantanti, di varissima provenienza. Per il servizio religioso, adoperava le cappelle delle chiese locali (soprattutto cantanti polacchi). Per il teatro varsaviano, Augusto III fece uso soprattutto degli artisti della Königliche Capell- und Cammer-Music, nonché dei comici italiani reali portati per la musica vocale e dei castrati resigli disponibili da magnati polacchi e lituani. Durante la Guerra dei sette anni, che Augusto per necessità ma senza piacere trascorse a Varsavia, pur contribuendo allo sviluppo artistico, intelettuale ed economico della città, apparvero alla corte polacca dei nuovi cantanti, assunti con l'intenzione di trasferirli, a guerra conclusa, a Dresda. Il ministro Heinrich von Brühl, formalmente responsabile per tutto l'aspetto teatrale e musicale, consultava le sue decisioni in quel campo con Maria Antonia Walpurgis, moglie del principe reale Federico Cristiano, inteso come erede del trono elettorale.

In ogni modo non successe durante i diversi soggiorni di Augusto III a Varsavia che si ripetette mai la stessa composizione del complesso vocale che lo accompagnasse.

Augusto III continuò ad usufruire dei servizi dei coniugi Ermini e del Malucelli, cantanti assunti ancora da Augusto II. Negli anni 1738-56, il nuovo monarcha mantenne anche un nuovo complesso di comici italiani, remunerato sempre dalla tesoreria polacca. Inizialmente quella compagnia, diretta ora da Andrea Bertoldi, fu composta da dieci persone, di cui quattro attori dell'antica compagnia di Tommaso Ristori, tre attori dell'appena dissolto complesso dello zar, e tre recentemente assunti a Venezia. I comici italiani di Augusto III permasero a Varsavia quattro volte negli anni 1738-39, 1740, 1748-1749 e 1754. Pur evolvendo nel tempo, quasi tutti i membri della compagnia furono legati con il tipo veneziano, più moderno, di commedia italiana; alcuni di loro collaborarono strettamente persino con Carlo Goldoni. Fu personaggio di particolare rilievo Giovanna vel Zanetta Casanova (Rosetta), madre del famoso cavagliere Giovanni Giacomo Casanova de Seingalt. Prima di entrare nei servizi di Augusto III, la Casanova si esibì come attrice e cantante a Londra, Venezia e San Pietroburgo. A Venezia negli anni 1733-35 appartenne alla celebre compagnia di Giuseppe Imer, cui collaborò fruttuosamente Carlo Goldoni. Pur non possedendo un'istruzione musicale, fu per essa che Goldoni creò il ruolo principale negli intermezzi La pupilla. A Varsavia, la Zanetta cantò tra l'altro in due opere rappresentate dai comici italiani, appartententi al raro tipo di opera satirica: una parodia dell'opera seria. Inoltre, pare che fossero pubblicate a sua cura le versioni varsaviani di quelle opere: Il Costantino (Varsavia 1739, libretto secondo La fama dell'onore, della virtù, dell'innocenza in carro trionfante di Antonio Gori, Venezia 1727, musiche di Giovanni Verocai) e Le contese di Mestre e Malghera per il trono (Varsavia 1748, libretto secondo Le metamorfosi odiamorose in birba trionfale di Gori, musiche di Salvatore Apollini). Nella prima di quelle opere, la Zanetta avrebbe collaborato con Carlo Malucelli, Bernardo Vulcani e Paolo Emilio Caresana; nella seconda, come lo indica la stampa del libretto, con Rosa Grassi, Antonio Bertoldi, Girolamo Focari nonché due artisti non appartanenti ai comici italiani: Pietro Mira e Franz Ignaz Seydelmann. [13] I comici italiani rappresentarono inoltre a Varsavia numerose commedie dell'arte, nonché commedie letterarie di Carlo Goldoni e Giovanni Camillo Canzachi. Invece la presenza dei coniugi Ermini nell'autunno del 1740 ed i primi due mesi del 1741 contribuì probabilmente alla rappresentazione di alcuni intermezzi, forse La serva padrona di Giovanni Battista Pergolesi, la cui fama aumentava e che fu rappresentata dagli Ermini pochi mesi prima.

L'autunno del 1754 divenne l'ultima stagione di attività a Varsavia dei comici italiani (un viaggio in Polonia progettato per il 1756 no si realizzò per causa della Guerra dei sette anni), essendo allo stesso tempo la prima stagione di presenza dell'opera seria a Varsavia. Nel 1748, Augusto III finalmente costruì nella capitale polacca un Opernhaus adatto alla rappresentazione di drammi per musica, e nel 1754 vi fu rappresentata la prima opera di quel tipo. Per qualche motivo, l'opera scelta fu L'eroe cinese, con libretto di Pietro Metastasio e musiche di Johann Adolf Hasse, che forse diresse di persona la prima varsaviana.

Nonostante lo scoppio della Guerra dei sette anni in Sassonia nell'estate del 1756 ed il lutto dopo la morte della regina Maria Giuseppa (che morì a Dresda il 17 novembre 1757) avessero generato una lunga interruzione nelle rappresentazioni operistiche a Varsavia, il soggiorno forzato di sette anni a Varsavia del re contribuì ad arricchire enormemente la vita artistica della città: reinaugurati nel 1759, gli spettacoli operistici raggiunsero il livello di Dresda che fino a poco prima, costituiva un modello ammirato. Negli anni 1759-63 a Varsavia furono rappresentati dieci drammi per musica di Hasse: La Nitteti, Il Demofoonte, L'Artaserse, La Semiramide riconosciuta, L'Olimpiade, L'Arminio, La Zenobia, Il Ciro riconosciuto, Il trionfo di Clelia, Il re pastore (tutti su libretti del Metastasio, tranne Arminio, libretto Giovanni Claudio Pasquini, poeta della corte polacca-sassone), che raggiunsero complessivamente 124 spettacoli. Le prime varsaviane di alcune di quelle opere furono dirette dallo stesso Hasse, che raggiungeva Varsavia da Napoli o da Vienna. Quell'illustre periodo nella vita culturale di Varsavia durò fino alla primavera del 1763, quando dopo la pace di Hubertusburg, firmata a febbraio, Augusto III e la sua corte, inclusi i cantanti, si trasferì a Dresda. Il re vi morì pochi mesi dopo, il 5 ottobre. Durante il regno del suo successore, Stanislao Augusto Poniatowski, della cappella di Augusto ritorarnono a Varsavia (bensì in gran numero) solo i musicisti strumentali.

Durante otto dei dieci soggiorni di Augusto III a Varsavia negli anni 1735-63, cioè in un periodo complessivo di dodici anni, circa 35 cantanti integrarono in vari momenti la corte polacca, di cui ben 20 italiani. Furono in ordine alfabetico: Angelo Amorevoli, un certo Antonelli (probabilmente un cantante della cappella del voivoda di Kiev, Franciszek Salezy Potocki), Teresa Albuzzi-Todeschini, Domenico Annibali, Giuseppe Belli, Giovanni Bindi, Pasquale Bruscolini, Michele Caselli (Castelli), Margherita Delfini-Ermini, Cosimo Ermini, Luca (?) Fabris, Antonio Francia noto come Perelli (cantante del voivoda di Podole, Wacław Rzewuski), Giuseppe Galieni, Luigi (?) Giorgi, Antonio Mariottini, Pietro Mira, Francesco Perella (Perilla), Caterina Pilaja, Niccolò Pozzi, Bartolomeo Putini, Ventura Rochetti. Come nell'ambito della cappella di Dresda, il gruppo più importante fu composto da castrati, di cui undici soprani: Antonelli, Belli, Bindi, Fabris, Francia, Galieni, Giorgi, Mariottini, Perella, Putini, Rochetti, e quattro alti: Annibali, Bruscolini, Perini i Pozzi. I cantanti italiani con voci "naturali" (tenori e bassi) erano soltanto quattro: Amorevoli, Caselli, Ermini, Mira. Le altre necessità erano soddisfatte da cantanti tedeschi. Il gruppo femminile era ancora più modesto, composto da tre cantatrici: Albuzzi-Todeschini, Delfini-Ermini, Pilaja, apoggiate dalla tedesca Wilhelmine Denner e la viennese Elizabeth Teuber, entrambe istruite nel bel canto italiano.

Naturalmente è probabile che si esibissero alla corte polacca anche altri cantanti, la cui presenza non è però documentata nelle fonti che conosciamo. Per esempio è difficilmente immaginabile che non si fosse fermata a Varsavia la celebre Regina Mingotti, per qualche tempo cantante della corte di Dresda, che nell'anno 1761 si recò alla corte del grande etmano Jan Klemens Branicki a Białystok. La corrispondenza sia del re Augusto che Heinrich von Brühl suggerisce che entrambi la incontrarono a Varsavia, e forse la convinsero a dare un concerto. Non ci sono invece tracce dell'attività a Varsavia della grande Faustina Bordoni-Hasse. Durante i soggiorni del re in Polonia, Faustina e suo marito Johann Adolf Hasse di solito approffittavano di congedi stranieri e si recavano in Italia. Ciononostante, durante la Guerra dei sette anni Faustina dovette soggiornare a Varsavia con suo marito.

Le sopraccitate statistiche confermano palesemente la predilezione di Augusto III per le voci dei castrati, anche se va sottolineato che in quell'epoca, era molto più difficile la ricerca di buone cantatrici mentre sul mercato dei castrati vi fu una certa sovrapproduzione. In ogni caso, Heinrich von Brühl spiritosamente paragonava la situazione del Teatro dell'Opera di Varsavia tra gli anni 1750 e 1760, quando la corte non disponeva di alcuna cantatrice, con quella dei teatri pubblici di Roma, proibiti alle donne ed in cui le parti femminili erano realizzate da castrati.

Nella grande maggioranza, le connessioni polacche dei cantanti sopraccitati non erano noti agli studiosi. Ho scoperto quelle informazioni principalmente nei documenti conservati oggi al Sächsisches Hauptstaatsarchiv Dresden. Mi permetto quindi di presentare alcuni personaggi tra i più notevoli.

Domenico Annibali, chiamato il Domenichino, fu il cantante per cui Händel compose le parti principali nelle sue opere Arminio e Giustino, nonché il ruolo maschile principale in Berenice, tutte rappresentate a Londra nel 1737. [14] Annibali si recò in Inghilterra nell'autunno del 1736 subito dopo un lungo soggiorno a Varsavia, ebbe quindi l'occasione de presentare a Londra opere dal repertorio sia della corte polacca che quella sassone. Sicuramente fu con Annibali in mente che Händel introdusse nel suo pasticcio Didone abbandonata la musica di Giovanni Alberto Ristori (prima di andare a Londra, Annibali interpretò numerose serenate varsaviane di quel compositore). In ogni caso nei sette mesi del suo soggiorno a Londra, Annibali si esibì almeno 42 volte sui palchi del Royal Theatre di Covent Garden di Händel, di cui 31 volte in sei opere del compositore, competendo con successo con lo stesso Farinelli, all'epoca protagonista dell'altro grande teatro lirico di Londra. Al suo ritorno a Dresda, Annibali presentò alla corte quelle arie che gli diedero successo in Inghilterra, tra cui le composizioni di Händel. Non è escluso che le interpretò anche successivamente a Varsavia. In ogni caso fu grazie a questo cantante che il flusso del repertorio tra Dresda, Varsavia e Londra fu bidirezionale.

Ventura Rochetti, compagno di scuola di Annibale, fu indubbiamente un cantante di talento e ottimamente preparato, ma le sue esibizioni a Roma nel 1753 furono accolte male dal pubblico. Fu giudicato un artista di vecchio stile, abusando gli ornamenti ormai fuori di moda: trilli, mordenti, appoggiature. Ciononostante, Augusto III apprezzava quello stile e continuò ad impiegare Rocchetti fino alla morte dell'artista nel 1760.

Un'altra cantante che utilizzava mezzi espressivi caratteristici per uno stile già superato fu Teresa Albuzzi-Todeschini, considerata a Dresda degna erede della grande Faustina. Nelle arie composte per l'Albuzzi-Todeschini, Hasse fece uso di grandi salti intervallici (settime, ottave, none e decime), ripetizioni di note, colorature elaborate con ritmi lombardi e punteggiati, passaggi a semicrome, cambi di registri e trilli. La cantante soggiornò a Varsavia solo una volta ma ebbe il particolare merito di interpretare nell'autunno del 1754 L'eroe cinese, affiancata da tre castrati italiani: Belli, Bruscolini e Putini, nonché dal tenore tedesco Ludwig Cornelius.

Giuseppe Belli, chiamato il Cortoncino, si distinse non solo per le sue capacità vocali ma anche la bellezza personale, grazie alla quale nei teatri dello Stato Pontificio interpretava regolarmente ruoli femminili. A Varsavia, tuttavia, incarnò il ruolo maschile di Minteo (L'eroe cinese).

Il pubblico polacco nutrì un affetto particolare per Pasquale Bruscolini, cantante che trascorse in Polonia anche la Guerra dei sette anni, inscritto formalmente all'albo dei membri della cappella polacca. Egli sicuramente interpretò tutte le opere liriche rappresentate a Varsavia, fu inoltre attivo come pedagogo, insegnando per alcuni anni Maria Pichler, la giovane cantante di Jan Klemens Branicki.

Nella rappresentazione varsaviana de L'eroe cinese, il ruolo di seconda donna (Ulania) fu interpretato con successo da Bartolomeo Putini. Quell'esperienza gli si rivelò utile durante il Carnevale del 1759 a Roma, quando interpretò ruoli femminili principali. Quando nell'estate del 1759 ritornò a Varsavia, il nuovo metodo di canto che vi aveva appreso non piacque ad Augusto III. Il re fu invece molto impressionato dal nuovo soprano Giuseppe Galieni, giunto a Varsavia nel 1761; di conseguenza, offeso, Putini diede le sue dimissioni che furono prontamente accettate. Successivamente, trovò lavoro alla corte russa dove rimase con successo fino al 1767.

Giuseppe Galieni giunse a Varsavia con la cantante reale Caterina Pilaja, che all'inizio della Guerra dei sette anni, ritornò in Italia. In quel periodo, Pilaja e Galieni si esibivano spesso assieme. Nel 1761 la Pilaja tornò al servizio del re di Polonia, dove fu molto attesa come l'unica donna nella compagnia lirica. Per strada, essa si fermò a Vienna dove incontrò Hasse. Fu allora che Hasse scrisse per essa il ruolo principale in Zenobia, unica opera sua composta integralmente per il teatro di Varsavia. Hasse informò anche la corte polacca del cambio decisivo dello stile vocale della Pilaja, costatando che poteva ormai essere considerata tra le migliori cantanti d'Italia. Probabilmente riprendendo l'opinione di Hasse, Heinrich von Brühl rilevava anch'esso che la Pilaja cantasse molto meglio che non prima, avendo rinforzato la voce e la tecnica, nonostante a volte sostenesse la voce tanto da renderla difficilmente audibile. Come vediamo, il pianissimo apparteneva ai nuovi mezzi espressivi da poco conquistati dalla cantante.

Nel 1762 la Pilaja ebbe una nuova compagna a Varsavia: la giovanissima cantante viennese Elizabeth Teuber, studentessa di Hasse che la raccomandò al re. Sia Augusto III che von Brühl giudicarono la Teuber poco attraente ma dotata di una voce straordinaria, paragonabile a quella della grande Faustina. La Teuber operò a Varsavia probabilmente nei ruoli di seconda donna.

Va sottolineata la presenza a Varsavia relativamente prolungata, di cinque anni (1758-63), di Michele Caselli, all'epoca unico tenore alla corte polacca, prima dell'arrivo nel settembre del 1762 di Angelo Maria Amorevoli, uno dei più grandi tenori dell'epoca. Fu quindi Caselli a dover interpretare quasi tutti i ruoli di tenore nelle opere liriche rappresentate nell'Opernhaus di Varsavia. Amorevoli potette solo esibirsi ne Il re pastore, ultimo dramma per musica rappresentato alla corte polacca di Augusto III (1762-63).

***

I cantanti italiani alla corte polacca di Augusto III appartenevano a due generazioni, rappresentando anche due stili diversi d'interpretazione. La generazione anteriore fu quella di artisti già attivi a Varsavia negli anni 1735-1750, cioè nel periodo anteriore alla prima rappresentazione di un dramma per musica durante il regno di Augusto III. Nati nel primo decennio del Settecento, quegli artisti avevano esordito negli anni 1725-1730, ed il loro stile d'esecuzione rappresentava i più alti livelli del belcanto barocco. Furono i castrati istruiti a spesa di Augusto II: Annibali, Bindi e Rochetti. A Varsavia, essi si esibivano soprattutto nelle serenate d'occasione, con musiche inizialmente di Giovanni Alberto Ristori e poi anche di Johann Michael Breunich, compositori legati all'epoca alla cappella di Dresda. Ciononostante, alla metà del secolo il loro stile poteva già considerarsi superato (come nel caso di Rochetti). L'artista più frequentemente delegato dalla Sassonia in Polonia fu allora l'Annibali con quattro soggiorni (1735-36, 1744, 1746, 1748), seguito con due soggiorni da Bindi (1735-36, 1744), Pozzi (1735-36, 1750), Rochetti (1746, 1750) e Mira (1746 i 1748).

La seconda generazione di artisti fu attiva a Varsavia negli anni 1754-1763, cioè nel periodo d'intensa presenza dell'opera seria nel capoluogo polacco. Quei cantanti fecero i loro esordi nel quinto decennio del secolo e rappresentavano uno stile nuovo, più espressivo (per esempio il Putini e la Pilaja).

In ogni modo, furono i cantanti italiani ad incidere in modo più marcato sull'assimilazione a Varsavia del repertorio musicale d'avanguardia, introducendo nuove tecniche e stili d'esecuzioni, e mediando i contatti con i personaggi più famosi del teatro e della musica europea (Georg Friedrich Händel, Giuseppe Tartini, Pietro Metastasio, Giacomo Durazzo, Giovanni Battista Martini, Christoph Willibald Gluck, Farinelli, per limitarsi ai nomi più illustri). Furono i cantanti italiani a godere dell'attenzione particolare e della massima simpatia di Augusto III. La loro arte costituì un modello per i cantanti tedeschi, di numero e importanza crescente, e per la cerchia in quell'epoca ancor modesta dei cantanti polacchi.

 


Note

1. Alina Żórawska-Witkowska, The Saxon Court of the Kingdom of Poland, in: Music at German Courts, 1715-1760. Changing Artistic Priorities, ed. by Samantha Owens, Barbara M. Reul, Janice B. Stockigt, The Boydell Press, Woodbridge 2011.

2. A. Żórawska-Witkowska, Kawalerska tura Augusta II w świetle doświadczeń muzyczno-teatralnych 1687-1689 [Il Grand Tour di Augusto II nel contesto delle esperienze musicali e teatrali 1687-89], in: Arx Felicitatis. Księga ku czci profesora Andrzeja Rottermunda [Arx Felicitatis. Libro in onore del Professor Andrzej Rottermund], a cura di Maria Dłutek, Towarzystwo Opieki nad Zabytkami, Warszawa 2001.

3. A. Żórawska-Witkowska, Muzyczna podróż Fryderyka Augusta: Niemcy - Francja - Włochy - Austria (1711-1719) [Viaggio musicale di Federico Augusto: Germania - Francia - Italia - Austria (1711-19)]; id. Fryderyk August i zespół opery włoskiej Antonia Lottiego (1717-1720) [Federico Augusto e la compagnia di opera lirica italiana di Antonio Lotti (1717-20)], in: A. Żórawska-Witkowska, Muzyczne podróże królewiczów polskich [I viaggi musicali dei principi reali polacchi], Wydawnictwa Uniwersytetu Warszawskiego, Warszawa 1992; id., Esperienze musicali del principe polacco Federico Augusto in viaggio attraverso l'Europa (1711-1719), "Studi Musicali" 1991 nr 1, nonché Das Ensemble der italienischen Oper von Antonio Lotti am Hof des Königs von Polen und Kurfürsten von Sachsen August II. des Starken (1717-1720), in: Musica Antiqua IX, vol. 1 Acta musicologica, Filharmonia Pomorska, Bydgoszcz 1991.

4. Moritz Fürstenau, Zur Geschichte der Musik und des Theater sam Hofe zu Dresden, zweiter Theil, Verlagsbuchhandlung Rudolf Kuntze, Dresden 1862, rist. Leipzig 1971.

5. A. Żórawska-Witkowska, Beitrag zur Bildungsgeschichte der italienischen Opernsänger: 'I virtuosi di S. M. il Re di Polonia, Elettore di Sassonia', 1724-1730, in:  Musica Antiqua Europae Orientalis, X, vol. 1 Acta musiclogica, a cura di Irena Poniatowska, Cezary Nelkowski, Filharmonia Pomorska, Bydgoszcz 1997.

6. Tutte le informazioni sopraccitate su questo monarca provengono dalla seguente monografia: A. Żórawska-Witkowska, Muzyka na dworze Augusta II w Warszawie [La musica alla corte di Augusto II a Varsavia], Zamek Królewski w Warszawie, Warszawa 1997; cfr. ivi i riferimenti dettagliati alle fonti, provenienti per la maggior parte dal Sächsisches Hauptstaatsarchiv Dresden.

7. Il loro soggiorno in Russia fu descritto in: R.-Aloys Mooser, Annales de la musique et des musiciens en Russie au XVIIIme siècle, t. 1, Mont Blanc, Genève 1948;  Jaroslav Bužga, Moskauer Gastspiel Dresdner Musiker und Schauspieler im Jahre 1731, "Beiträge zur Musikwissenschaft" 1984 H. 2.

8. Tutte le informazioni sopraccitate su questo monarca provengono dalla seguente monografia: A. Żórawska-Witkowska, Muzyka na polskim dworze Augusta III [La musica alla corte polacca di Augusto III], 1a parte, Wydawnictwo Muzyczne Polihymnia, Lublin 2012; cfr. ivi i riferimenti dettagliati alle fonti, provenienti per la maggior parte dal Sächsisches Hauptstaatsarchiv Dresden.

9. Cfr. nota 1.

10. Cfr. le annate successive del "Königl. Polnischer und Churfürstl. Sächsischer Hof- und Staats Kalender", Leipzig 1735-1757.

11. Cfr. M. Fürstenau, op. cit.

12. A. Żórawska-Witkowska, Federico Cristiano in Italia. Esperienze musicali di un principe reale polacco, "Musica e Storia" 1996.

13. Antonio Gori, Salvatore Apolloni, Le metamorfosi odiamorose in birba trionfale nelle gare delle terre amanti (Mestre e Malghera), a cura di Maria Giovanna Miggiani e Piermario Vescovo, "Problemi di critica Goldoniana" X/XI, Ravenna 2005; A. Żórawska-Witkowska, Parodies of 'Dramma per Musica' at the Warsaw Theatre of August III, in: Italian Opera in Central Europe  1614-1780, vol. 3: Opera Subjects and European Relationships, ed. by Norbert Dubowy, Corinna Herr, Alina Żórawska-Witkowska, BWV Berliner Wissenschafts-Verlag, Berlin 2007.

14. Cfr. A. Żórawska-Witkowska, Die Karriere von Domenico Annibali und seine Händelschen Opernrollen, "Händel Jahrbuch" 2012.