Avvertimenti al card. Ludovisio

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Trascrizione a cura di Maria Antonietta Visceglia

Biblioteca Apostolica Vaticana ms. chigiani D-VII 108, ff. l -19

Avvertimenti dati a voce dolla Santità di Nostro Signore Papa Gregorio XV al signore Car­dinale Ludovisio, suo nipote dol quole poi in questa forma sono stati scritti e notati il primo di aprile 1622.

Gli onori, le dignità, le ricchezze, la stessa potenza appaiono grandissimi bene­fici agli occhi del mondo che i beni della fortuna sopra tutte le cose riguarda; ma i buoni amici e i saggi consigli non trovano prezzo i ragguagli. Perciò quanto si devono reputare di tutti i doni umani più degni gli insegnamenti sag­gissimi di un signore e padre e benefattore e guida e sostegno che vince ogni fortezza con la sapienza ed è maggiore nel lume che Dio gli concede nella propria grandezza. Io mi vedo per certo infinitamente obbligato alla Santità di Nostro Signore; anzi pur mio unico signore e zio di cui mi devo chiamare do­po Dio vera creatura e fattura delle sue mani gli smisurati benefici che mi ha fatto col mettermi in tanto Stato, in quanto mi ritrovo ma non credo però di dovere a Sua Santità essere mantenuto per gli insegnamenti che oggi si sia de­gnata di darmi che per avermi così altamente beneficiato perché avendo io sempre conosciuto la Santità Sua prudentissima, nondimeno sono stato avver­tito che da un certo splendore illustrata venisse quando con paterno amore ha cominciato a istruirmi di quello che conviene fare per reggermi con saggezza e nello Stato presente e nel futuro. L'occasione ne è nata non meno dalla dimora e dall'agio del letto trattenutaci dalla podagra che leggermente l'ha molestata in un piede che dall'andare voci della sua salute che vanno attorno per Roma; poiché, sebbene Sua Santità, se il presente mal si considera si vede posta lungi da ogni pericolo, nondimeno non ignorando che la vita anche dei giovani non­ché degli uomini anziani alle volte, quanto più stabile si reputa, tanto più è vi­cina alla caduta, ha cominciato a decidere con me delle cose della Corte e a darmi alcuni beni e semplici avvertimenti sopra ciò e intorno a quel tipo di persone con le quali dovrò trattare. E perché egli prova ugualmente molto af­fetto e da una luce chiarissima di mente, ho giudicato, finché ne tengo fresca la memoria, di volerlo raccogliere in questi, per conservarlo contro la dimenti­canza che il tempo apporta e con la maggior cura e pensiero che se fossero sommi tesori. E benché io mi sia avveduto che Sua Santità, nel cominciare a dare avvertenze, ha tenuto con me lo stile che sono soliti avere gli uomini im­portanti e di età matura con i giovani, desiderosi di onesta lode per poter di­sporgli meglio, affidare loro qualche incarico e prestare attenzione ai loro con­sigli ed accenderli alle virtù, nondimeno ho però dato luogo nel mio petto alla lode, perciò ha voluto onorarmi; che riguardando me stesso io non conosca che essa, solo essa deve valere per correggermi e che devo piuttosto cercare di essere tale anziché crederlo. Accetto però nella fede e nell'obbedienza attribui­tami e nel desiderio della gloria della Santità Sua perché non so né posso e­sprimere tanto che basti a giungere al vero.

Non taccio dunque, nemmeno quello che non dovrei dire prendendo le lodi na­scoste come acuti stimoli alla stessa virtù non come pregi veri di essa per in­camminarmi verso quella modestia alla quale Sua Santità mi ha fatto capire benignamente di esservi già pervenuto. Essendosi dunque dopo un vario ra­gionamento, ha cominciato ad insegnanni con tali parole.

Il legame di sangue e gli altri umani rispetti sono le cause meno forti per cui noi vi amiamo poi che il candore della vostra fede sperimentata da noi in tante maniere, la gelosia, la premura che avete avuto della nostra dignità e della no­stra reputazione, la modestia che avete sempre avuto, dell'autorità che noi vi abbiamo sempre concesso, la grande abilità che per ogni tipo di affare mostra­te, le fatiche che voi per servizio pubblico e beneficio di questa Santa Sede con diligenza non ordinaria mostrate e finalmente l'obbedientissima prontezza che abbiamo sempre riconosciuto in voi di formarvi in tutto e per tutto alla no­stra volontà, stimando i nostri cenni come espressi doveri, ci obblighiamo di reputare un atto di giustizia il farvi grazie e crediamo che vi sia dovuto l'affetto che vi portiamo. Ma perché non possiamo darvi segni più manifesti della nostra inclinazione verso di voi che lasciarvi alcuni paterni avvertimenti i quali, benché ci troviamo alla mercé di Dio in un tale stato di santità che dob­biamo sperare di avere del tempo da poterveli dare e replicare più volte, tutta­via perché i buoni ammaestramenti non vengono mai presto e si suol dire che non conviene indugiare all'ultimo per fare il testamento, prendiamo l'occasione delle voci che corrono per parlarvene perché nel futuro vi siano si­curezza, protezione e opportuno rimedio in ogni vostra sorte.

Prima di ogni altra cosa vi raccomandiamo anzi se l'esortazione non basta i­stantaneamente, ve ne preghiamo che la vostra esperienza politica, i precetti di ragion di Stato, gli intimi consiglieri siano il timore e l'amore di Dio perché il timore che esclude la Carità, come basso e servile non è degno di uomo cri­stiano, sulla base di questo dovete sempre regolare i vostri pensieri ponderan­do le vostre parole e misurando le vostre operazioni perché nessuna felicità né grandezza né nessuna avversa fortuna possono saggiamente moderarvi e reg­gervi senza questi fermi sostegni. Perciò a ragione del tempestoso oceano di questa misera vita si deve ancora chiamare due poli a cui deve continuamente mirare l'anima nostra per fuggire i naufragi e condursi al punto della salvezza. Secondo, ricordatevi che, essendo ora noi in una posizione più sublime e più ragguardevole di ogni altro, dovete cercare di essere guida esemplare ed edifi­cante per tutti perché tutti vi osservano per censurare rigorosamente ogni vo­stra operazione per bilanciare ogni vostra, benché minima parola e per dire cu­riosamente i vostri pensieri, affetti e inclinazioni e anche per imitare il vostro esempio. Se è vero, com'è verissimo, che lo Stato del vescovo è migliore di quello del religioso che a Dio con tre voti solenni si è dedicato, poiché per svolgere la sua attività religiosa ha bisogno di maggiore perfezione e carità e da Dio viene posto in alto come lucerna e lume della sua Chiesa, voi che non siete vescovo ma arcivescovo e cardinale e che sostenete tanti incarichi, quan­to sarete più obbligato con la luce della Carità e purezza della vita, con la chia­rezza dei costumi, con lo splendore della virtù ad illuminare tutti gli altri. Persuadetevi pure che quanto sta per uscire in ogni tempo dalla vostra bocca dovrebbe essere come delle vive voci che alto livello insegnassero ai popolagli insegnamenti loro perché le virtù del prelato eminente, quale voi siete, devono essere indirizzate non a beneplacito suo solo e dei suoi più cari o dei compa­trioti o dei diocesani solamente, ma di tutto il mondo.

Noi intanto abbiamo gran piacere nel vedere che voi non siete oppresso da quel letargo che suole occupare le menti di tutti i nipoti dei Papi i quali scioc­camente si persuadono che la felicità dello stato presente sia eterna e non mu­tevole, poiché volgere il pensiero al futuro cambiamento sarà sempre uno sti­molo efficace al ben operare e a governarvi di maniera che né il variare della fortuna né le congiure dei malevoli invidiosi possano opprimerci. Nondimeno ci sembra molto necessario proporvi qualche avvertimento così intorno all'elezione dei Papi come il modo di trattare con essi dopo che saranno eletti. Quando dunque sarà tempo che necessariamente dovrete applicare l'animo all'elezione e ai negozi del Conclave, rassegnate in tutto e per tutto la vostra volontà a Dio benedetto. Spogliatevi di tutti gli interessi, smorzate tutti i ran­cori, non ascoltate tutti i consigli non santi, quietate tutti i vostri desideri, ri­nunciate a tutte le amicizie né abbiate altro oggetto o fine che la gloria di Dio, il servizio della Chiesa Santa come il fondamento di ottima intenzione, ogni altra cosa vi succederà con prosperità e reputazione e tutti questi Cardinali sa­ranno eletti Papi, Dio permetterà che siano sempre vostri protettori e benefat­tori e quando anche per segreto suo giudizio non permettesse, non lascerà il vostro merito senza gran premio per la quale ragione tanto più è da stimarsi grande la pazzia di coloro che pretendono con artifici e con le forze umane quasi con la Torre di Hembrot opporsi a Dio e con un certo modo contrastare con la divina potenza, volendo accomodare lo Spirito Santo a loro particolari interessi ma confidiamo nella Divina bontà poiché ella ci ispirò per levare gli abusi introdotti in negozio che con tanta santità doveva maneggiarsi a [ .. ] la bolla dell'elezione, le cose andranno in altra maniera nel futuro e che po­trebbero farsi coloro che si vogliono fare arbitri del Conclave, gloriarsi di ave­re le Congregazioni e i Consigli e le pratiche loro piene di voti ma allo scruti­nio ne rimarranno delusi. Perciò non preoccupatevi degli andamenti di alcuni perché non ancora conosciuto per prova la forma della Costituzione ma sic­come noi abbiamo anteposto il servizio di Dio a quello del sangue nostro e il pubblico al privato né possiamo comandarvi a sufficienza che non solo abbiate tentato di dissuaderne ma sacrificando ogni vostro interesse alla gloria di S.D.M. e al bene di questa Santa Sede, ci abbiate fatto continua e ardente i­stanza per la spedizione d'essa. Così vi incarichiamo e confermiamo e pre­ghiamo di procurare l'osservanza con ogni vostro sforzo, opponendovi, quanto più potete, a quelli che osassero pensare a pertugiare queste siepi per incomin­ciare a gustare così principale custodia della Vigna del Signore ma trattandosi all'engrosso non meno della gloria divina che della gran dignità e libertà del Collegio dei Cardinali ci promettiamo che sarà osservata inviolabilmente e as­sai vi abbiamo detto intorno all'elezione.

4° Circa la maniera di trattare con i Papi quando saranno eletti, sappiamo che non c'è passo né più difficile né più pericoloso di quello dei Nipoti dei Papi dopo la morte dei loro zii; avendone vista l'esperienza in molti i quali anche in altri tempi, fossero stimati prudenti e accorti, nondimeno nel perdere queste cariche sono caduti pericolosamente. Perciò se accadrà che sia eletto successo­re un vostro amorevole e confidente, portato da voi e da noi beneficiato, siate avvertito di non dividere con lui il Pontificato, di non ingerirsi nel governo se non chiamato né più di quello che si conviene né voler perpetuare nelle cari­che che è costume dare ai parenti né di emularsi nel dominio, nella grandezza e in altre cose simili che sogliono essere molto odiose ma governarvi in ma­niera che la modestia vi conservi l'autorità che la modestia nel pretendere gra­zie, vi liberi dal pericolo che vi abbiano ad essere con disgusto vostro negate e piuttosto inviti gli altri a concederne spontaneamente. E finalmente che si co­nosca che 1'amorevolezza e confidenza passata non ha diminuito in voi quella riverenza e rispetto che si deve alla superiorità presente. Ma se al contrario ac­cadesse l'elezione di un Papa che fosse poco vostro amorevole, non vogliate esser tanto ardito che si creda che abbiate un animo di contrastare con lui o con i suoi pari, nemmeno tanto timido che vi mettiate in fuga o che ogni piccolo problema vi avvilisca ma, con un temperamento moderato destreggiato con prudenza, dissimulate le offese. Non siate ricovero dei disgustati, non censura­te il governo presente, evitate i trattati, le gelosie, i meccanismi, le ombre medesime e governatevi con tanta circospezione che i vostri poco amorevoli non possano prendere giusto pretesto per danneggiarvi, benché in tutte le occasioni vi farete conoscere d'animo grande e non curante, sarete più stimato e meno offeso. E giacché la divina prudenza vi ha destinato al governo della Chiesa di Bologna, vostra patria, non potrete prendere decisione migliore che andarvene alla residenza, il che non solo vi dovrà valere per scarico della coscienza vostra, soddisfacendo all'obbligo che ne portate ma ancora per dare un poco di sfogo all'invidia e alla fortuna contraria.

5° Dopo i Papi vi parleremo ancora dei Cardinali. Con le vostre creature, cer­cate sempre di mantenere l'amore e il rispetto, la gratitudine più con benefici, con la piacevolezza e con la confidenza che con superiorità e rigore. Non vi dichiarate di voler amare e promuovere più l'uno che l'altro né fate alcuna di­stinzione di figliolo o figliastro né seguite mai l'esempio di alcuni che hanno progettato con rapporti e con cattivi uffici di mantenerli fra loro divisi per do­minarli più facilmente, perché, oltre che vi allontanereste dalla pietà, scoperto­si l'imbroglio, correreste il rischio che si unissero contro di voi. Scusate piut­tosto o compatite qualche loro errore o qualche imperfezione e se qualcuno in un Conclave o in altra simile occasione, non vi corrispondesse con quella gra­titudine che voi credevate vi fosse dovuta, non per questo siate subito a metter­lo al bando e a dichiararlo ingrato, come ne avete avuto l'esempio in altri ma cercate in cambio di perderlo, affatto di riguadagnarlo amorevolmente; con i Cardinali del Collegio, usate ogni tennine di rispetto e unite al rispetto la cor­tesia; dovrete sempre stringere e mantenere confidenza particolare con quei soggetti con cui può avere successo e più facili ad elevarsi a questo nostro su­premo grado. Non dichiarate nessuno vostro nemico anzi quanto più scoprite in qualcuno invidia, persecuzioni o malignità contro di voi, tanto più genero­samente dovrete simulare, vendicandovi sempre con rendere bene per male. Né vi dia fastidio che, essendo ciascuno Cardinale beneficiato da noi così largamente che confessano di avere ricevuto più grazie da noi in 16 giorni che da altri in 16 anni, vi si dimostrino poi alcuni così ingrati, poiché tale è la proprietà di questo Cielo tanto amico dell'interesse presente e tanto contrario alla gratitudine del passato che sarebbe piuttosto da meravigliarsi chi facesse il contrario.

6° Cercate ancora di mantenervi i Principi amorevoli non tanto perché vi favo­riscano quanto perché non vi favoriscano, quanto perché non vi nuocciano e acciò la buona corrispondenza con essi vi accresca la reputazione, quale con­seguirete in due modi. La prima maniera richiede che incominciate nel presen­te a servirli mentre ne avete il modo e a mostrarvi pieno di pensieri e di affetto nelle cose che a loro importano, perciò di quelle che si potranno ai medesimi concedere, neppure siate difficili nella velocità ma rappresentarvi egualmente l'intercessore e sollecitatore […] anche alle volte la diligenza dei loro amba­sciatori e residenti senza però dar ombra a quelli che registrano le vicende di Roma di tempo in tempo, senza far mai cosa che non sia mai seria e degna di voi e che sia conveniente al servizio della Sede Apostolica. Avvertirete ancora che allearvi troppo con alcuni o dimostrarvi davanti a loro troppo parziale, non vi renda sospetto ad altri. Perciò tratterete sempre con tutti con affettuosa con­fidenza ma non intendiamo già di vietarvi che con i Principi coi quali avrete più forte e più antica ragione di amicizia o di servizio o d'obbligo o d'interesse, non legate con questo più che con altri, perché mentre vi appaiono le ragioni oneste, nessuno dovrà attribuire alla vostra parzialità. Quanto poi al­la seconda maniera che di farvi stimare da loro, otterrete ciò se vi conosceran­no d'animo costante, prudente e sincero e splendido e anche fuori del nostro tempo inclinato ai maneggi. Dunque il proceder con saggezza, il trattare con libertà e candore d'animo, il ben vivere magnificamente onde l'esser solamen­te atto ma intento ai negozi e specialmente ai gradi e a quelli di Stato e cercare di stare sempre ben avvisato degli accidenti del mondo; soprattutto la fama della vostra virtù vi darà reputazione in tutte le Corti, non solo in questa la quale sarà di tanto maggior importanza, quanto che s'accorgerà ognuno che la stima e il rispetto dipenderanno più da voi e dal vostro animo grande che dall'eterna fortuna di un seguito ingannevole.

7° Con i vostri parenti cercate sempre di nutrire amore e unione e, in particola­re, con gli Aldobrandini i quali per il legame di sangue, per l'obbligo che vi tengono e per la corrispondenza degli interessi comuni, speriamo che debbano essere sempre amorevoli e grati; e perché col passare del tempo è quasi impos­sibile che ne nascano varie occasioni di disgusti, sarà più saggio consiglio so­pirli destramente, anziché pretendere ragione e ottima regola, stimiamo che sia il tenere divisi quanto più si può gli interessi propri da quelli dei suoi parenti per conservare la concordia del legame, quantunque strettissima proceda di continuo con una dimestichezza rispettosa. Con vostro fratello giacché la dif­ferenza d'età e tutti gli altri rispetti ve lo rendono piuttosto figlio, tratterete con paterno affetto non solo col proteggerIo e beneficiarlo quanto potrete ma anco­ra per questo, che più importa nel cercare impieghi la chiarezza del suo inge­gno e la vivacità dei suoi spiriti in una santa e virtuosa educazione.

8° Aggiungeremo ancora alcuni ricordi ai servitori perché il saper ben reggere la sua famiglia è l'ultima lode dell'uomo prudente, cercando di sfuggire a mol­te molestie e oltre a ciò la buona fama e cattiva del padrone esser principal­mente dai testimoni di Casa ai quali dagli altri sempre si presta maggiore fede e massimamente nel male. Perciò vi conviene avere dappriina riguardo nell'eleggere i servitori i quali siano onorati e nobili e il secondo d'impiegarli e trattarli bene. Stimate dunque la vostra famiglia paternamente e tenetela con discreta maniera, occupata non solo nelle parole e nelle cose a loro dovute ma in quelle che dipendono dall'affetto e liberalità vostra perché si fa più conto di un piccolo segnale di cortesia che esca dalla spontanea volontà del padrone, che per quanto dia per tennine di buon trattenimento.

E perché l'amicizia del servitore di Corte è passata principalmente sopra l'interesse, studiate per quanto lo Stato lo comporta di soddisfarli nelle oneste loro richieste. E perché finalmente in mano ai servitori sta la vita, la robba e più dell'utile la fama del padrone, la giustizia distributiva richiede che quelli di maggiore grado e più meritevoli siano riconosciuti maggiormente da·voi, avuti più cari però guardatevi, come da pernicioso consiglio, di tenere mai al­cuno chierico stimato sia dal mondo il vostro idolo o favorito, ricordandovi dell'esempio dei saggi e degli antichi !iberti, senza i moderni chierici vi stanno avanti davanti agli occhi perché, se altro male non ve ne venisse, sarete stima­to dalla Corte per uomo che si lasci dominare dai suoi né sia atto a reggere se stesso e ognuno si rivolgerebbe più al favorito che a voi medesimo oltre che per tenere la famiglia quieta e soddisfatta e voi ben servito e viene che ognuno sappia che non c'è altro favore presso di voi che quello del proprio merito.

9° Quanto poi riguarda il trattare di tutti gli altri tipi di persone, valetevi di una stabilità piacevole, di una modestia seria e di una cortesia procurando sempre di mantenervi con l'amore, il rispetto e l'onore. Siate avaro nel promettere, li­berale nell'osservare e soprattutto non permettere che mai avvenga che altri restino derisi dalle vostre parole e ingannati dalla vostra fede. Nelle conversazioni non ammettere mai se non persone che per lettere o per costumi o per eminenza di virtù siano ragguardevoli, poiché oltre l'utile che dalle loro pratiche sarete per riportare, ve ne risulterà anche presso di tutti lode e reputazione. Non siate facili nell'annoverare qualcuno nel numero dei vostri amici poiché non c'è cosa che di più possa ingannarvi ma, quando ne avrete fatta buona esperienza, corrispondendo loro con una eterna fede, mai in nessun luogo o in nessun tempo o in qualsivoglia occasione, abbandonateli poiché, in questa maniera, seguirete le leggi della buona amicizia e vi concilierete l'animo di molti i quali, con questo esempio e più volentieri, cercheranno di allearsi con voi e seguire la vostra fortuna.

10° Ma non basta che con il trattare convenevolmente con ogni tipo di persone cerchiate di soddisfare tutti se con prudenza non vi riparate dalle voci e dagli andamenti di molti che vi potrebbero turbare la quiete dell'animo però che, es­sendo questo un Principato elettivo affidato quasi sempre a persone di età a­vanzata, si appoggia di continuo la Corte alle speranze di cambiamenti e supe­ra i pronostici e i discorsi della nascita e le pratiche del Pontificato e seppur si vede che anticamente, benché gli imperatori fossero giovani, Roma era cir­condata da simili pensieri. Perciò, sia per la natura delle cose o per quella del Cielo a cui non si può sfuggire chè la Corte non s'aggiri intorno a ciò quasi ad oggetto e fine dei suoi pensieri al quale tutti gli altri interessi vengono indiriz­zati e oltre a questo vi si usa l'artificio dei molti perché, mentre si diffonde l'opinione della breve vita di colui, la morte del quale cambia lo stato di tutte le cose, manca verso di esso e dei suoi cari il rispetto e la stima, viene a man­care l'autorità, s'intorbida il Governo, gli affari pubblici se ne precipitano e si vanno allontanando gli amici e accrescendogli emuli, il vigore e perciò tutti i Pontificati e massimamente all'inizio di essi, si diffondono volentieri simili voci da chi volentieri non vede la crescente fortuna di una nuova famiglia, perché l'invidia si esercita maggiormente contro le famiglie emergenti che contro quelle già affermate, essendo ancora troppo fresca la memoria della precedente condizione loro. Perciò quello che nei passati secoli si è successi­vamente visto, non deve recare noia che oggi si faccia il medesimo, poiché tali voci alla fine svaniscono e gli anni tuttavia correnti rendono sempre più vana l'opinione degli altri e solamente con l'essere bugiardi ci apportano credito le predizioni ma, quanto alla nostra vita, avendola noi raccomandata alla divina provvidenza né per altro, desiderandola che impiegarla per la gloria sua in ser­vizio della Chiesa, a beneficio universale di tutti, dobbiamo credere che la conserverà anche perfino dai pericoli dei mali nonché alle stolte imprecazioni degli altri finché saprà che per la salvezza nostra e degli altri cosi convenga.

11° Né solo per quello che riguarda la persona nostra non dovete far caso a simili voci ma non vi turberete meno per quelle che si faranno correre contro di voi medesimi in tutti i tempi, perché oltre le persone poste ai vertici sono sottoposte agli occhi umani e al giudizio di tutti. Questa città fu sempre desi­derosa di cose nuove e quando non vi sono, le ricerca e ottiene i mormorii e i sinistri rapporti contro i quali un solo riparo è necessario, dico il disprezzo e massimamente quando non sono fondati sul vero perché nessuna cosa è più adatta a moltiplicarli che il dare segno di risentirsene e lamentarsi e il volere con gli amici e con gli altri giustificarsi e difendersi. L'ottimo scudo e l'innocenza incurante o la grandezza d'animo che siffatte cose considera vili e non mostra di sentirle se non come farebbe un elefante per le punture dei mo­scerini.

L'animo fermo contro di quelle, costante li fa svanire più di qualsivoglia forza, che perciò vi adopriate, non neglùamo però che non procurate di continuo, benché senza troppo studio o affetto la buona fama, ma crediamo che l'integrità, l'innocenza e i buoni costumi degni di gran persona ecclesiastica siano le lingue che senza di voi o nessuno dei vostri parli, parleranno per voi da sé voi medesima.

12° Dopo avervi spiegato tutti i già detti ricordi che riguardano il trattare vo­stro con gli altri e degli altri con voi, ci resta per maggior prova dell'amor che vi portiamo, di aggiungere qualche cosa intorno alle entrate ecclesiastiche che importando grandemente a questo capo e alla salute e alla reputazione vostra, abbiamo nel provvedervene considerato ugualmente la condizione della perso­na che presso di noi tenete presente e tutto quello vi possa sovrastare nel futu­ro e la religiosa e benefica inclinazione vostra; pertanto tali entrate devono es­sere per voi tutti inviti e tutti obblighi di servire il pubblico, di soddisfare il privato e di corrispondere a voi medesimo, non tollerando che in voi rimanga­no oziosi i doni di Dio e della natura che vi sono stati dati.

Se vi abbiamo dunque, per aiuto nostro e servizio pubblico, innalzato al grado sublime e datovi il modo di mantenerlo, sostenetelo con decoro ecclesiastico e con nobiltà che non si allontani da una magnifica modestia o da una moderata magnificenza. Rimediate con esse in altri tempi alla necessità di ogni avversa fortuna che fosse per molestarvi alle offese che alla dignità vostra si preparas­sero e se non potete impedire le lingue, legate almeno le lingue degli altri poi­ché per legarle alla stessa invidia che non vi ferisca, non vi rimane altra e più sicura via che scioglierle e aprirle a voi medesimi con prudente larghezza e cristiana liberalità. Portate ancora i pesi che non meno per private che per pubbliche ragioni della fede vostra e dignità dipendente vi sovrastano perché a voi toccherà il provvedere ad alcune creature nostre che rimarranno povere, potendosi rare volte alleviare o accomodare con entrare quali ultime parti e al­tre ancora dove loro bisogni avranno per rifugio l'amorevolezza vostra. A voi apparterrà di essere l'appoggio dei servitori vostri e nostri e similmente degli amici della Casa nostra né stimeranno molto di loro i vostri buoni uffici se non nei loro bisogni vi troveranno la carità nelle parole e non ugualmente nelle mani, oltre a ciò abbiamo alcune protezioni d'opere pie che già vi apportano grossa spesa e altre vi sopraggiungeranno che non potrete o dovrete rifiutare e basterebbe l'averle accettate per essere loro perpetuamente tenuti e, benché questi e altri simili casi non dipendano da espressi obblighi però più confiden­za ragionevole degli altri o la vostra volontaria generosità che le pattuite con­venzioni. Ma per non andar a cercar a minuto tutto quello che vi [ ... ], ne re­stringiamo la sintesi in queste parole. I beni ecclesiastici risultano intollerabile peso a chi male se ne serve, perché oltremodo gli aggravano la coscienza, do­vendosene rendere a Dio strettissimo conto ma di grande alleggerimento sono nelle umane difficoltà e conforto nelle tribolazioni a chi religiosamente li ado­pra. Sono vero patrimonio dei poveri ed eccovi la più giusta e aperta via di di­spensarsene, gli avanzi sono prezzo del Cielo che Dio ci presenta per comprar­lo e quindi appare la grandezza della Divina Bontà che non solo ci addita l'eterna felicità ma ci porge il modo di farne acquisto col suo proprio denaro, contentandosi ancora che la Spagna nostra dispensa sia ad ogni ora prezzo e restituzione. Dunque confidiamo che non ci farete venir meno la fede avuta in voi e che non in vani fasti e in lussi e piaceri ma in tutto ciò che allo Stato vo­stro d'Arcivescovo e Cardinale sarà convenevole, li spenderete né penserete accumular tesori levando all'erario di Nipote per ingratitudine e per farne de­gli acquisti per voi stesso con illusori titoli di doverne deporre poi alla fine in beneficio della Chiesa o dei poveri, perché sono inganni che ne mette avanti alla nostra occulta cupidità il nemico ma, essendo oro che mal volentieri si fenna nelle mani di alcuni purchè si goda di passar solamente per le mani dei miseri che se ne servano in aiuto loro o dei misericordiosi che largamente lo spargono a favore dei bisognosi o dei luoghi pii. E voi dovrete far iI medesimo e rammentarvi che vi abbiamo dato l'abbazia, a voi affidata non perché deb­bano i beni loro aver per raccomandati i vostri beni giusti ma perché siano a voi veramente raccomandate le Chiese di quelle, almeno secondo l'obbligo impostovi nelle Bolle e però non abbiamo potuto lodare qualcuno che, mentre apprestavano gran tempi in Roma (forse per celebrità del proprio nome) la­sciavano cadere in rovina i conventi e le chiese delle loro abbazie. Non diamo biasimo a fondare chiese, collegi e luoghi pii, anzi ne lodiamo lo zelo della re­ligione e del culto divino e l'animo magnifico del fondatore ma diamo mag­gior lode a quelle opere che lontane d'ogni ombra di vanità hanno con sé più intrigo ed esprimono maggiormente la Carità. Perciò non deve il prelato per occuparsi troppo di costruzioni di pietre morte, mettersi in pericolo di trascura­re le costruzioni viventi dei poveri, così religiosi, come secolari perché sono la maggio parte di loro che sosterranno pazientemente le miserie di questa vita, che hanno scelto la volontaria povertà, veri templi dello Spirito Santo che me­ritano però di esser con i sostegni delle elemosine sostenuti, affinché per de­bolezza umana non se ne cadano.