Custodire la memoria. Notai e archivi nella Roma barocca

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Raffaele Pittella

Raffaele Pittella
 
Custodire la memoria.
Notai e archivi nella Roma barocca
 
Premessa
 
La letteratura archivistica incentrata su Roma in età moderna si caratterizza per la presenza di una serie di topos destinati nel corso del Novecento ad essere ciclicamente riproposti. Tra questi vi è quello dell’incuria manifestata dalla monarchia papale nei confronti della conservazione della propria memoria documentaria. Un disinteresse di lungo periodo di cui le carte dell’Archivio di Stato di Roma porterebbero ancora impressi i segni. Oggetto, tali scritture, di «smembramenti e arbitrari riordinamenti per materia» compiuti quando la documentazione risultava ancora custodita dalle magistrature pontificie; «manomissioni» cui si aggiunsero quelle di epoca postunitaria, determinate dalla scarsa preparazione scientifica della prima generazione di archivisti che operò a Roma dopo il 1870.[1]
Fra i maggiori sostenitori di questa linea interpretativa vi fu Eugenio Casanova, che, pubblicando nel 1928 il suo manuale di archivistica, sottolineò l’impossibilità di restituire visibilità, anche solo virtualmente, alle originarie aggregazioni documentarie, data la profondità e l’ampiezza dei rimaneggiamenti subiti.[2] Le scritture dell’Archivio di Stato di Roma rappresentavano ai suoi occhi un esempio emblematico di archivi snaturati rispetto alle loro originarie morfologie, e dunque materia di analisi e riflessione al pari della documentazione milanese, anch’essa pesantemente stravolta dagli interventi operati da Luca Peroni sul finire del Settecento:
 
«La serie dell’Archivio di Stato di Roma chiamata Archivio camerale fu artificiosamente composta molto tempo dopo togliendo registri ed atti da infinite serie minori, sciogliendo e frantumando archivi di magistrature passate. È cosa deplorevole, non v’ha dubbio, ma ciò nondimeno, essa è ormai conosciuta, usata, studiata e citata in numerosi lavori sotto quel titolo. Scioglierla per ridar vita o integrità alle serie, che ad essa hanno somministrato gli elementi, sarebbe sconvolgere innumerevoli citazioni e fonti, senza sapere precisamente ricostruire le serie antiche, né ove collocarne esattamente le parti smembrate e con il pericolo maggiore di lasciare la ricomposizione ammezzata e perciò inutile così per gli studi condotti prima della nuova decomposizione, come per chi volesse rendersi conto di quel che ci sia pervenuto dalle antiche serie rimaste in sospeso».[3]
 
La singolarità della situazione archivistica romana si trasformò così in un caso di studio, utile per la formazione culturale dei futuri archivisti, grazie alle considerazioni che a partire da esso potevano essere formulate sui metodi di riordinamento e inventariazione, ma anche per le valutazioni che ne sarebbero scaturite rispetto al funzionamento degli apparati amministrativi pontifici e al loro operare a favore del bene pubblico. Più volte gli archivisti del primo Novecento, eredi della tradizione storiografica risorgimentale, tornarono infatti ad insistere sull’idea che la cattiva gestione delle scritture costituisse un segnale inequivocabile di istituzioni farraginose e lente, soffocate da meccanismi burocratici tipici dell’Antico regime. Istituzioni dove la salvaguardia delle carte era costantemente disattesa, come lasciavano intendere i massicci scarti effettuati a danno di antichi complessi documentari persino pochi decenni prima del 1870.[4] Ingenti quantità di scritture, testimonianza della plurisecolare storia della Camera apostolica, massimo organo finanziario dello Stato, vennero infatti asportate nel 1854 dai depositi di palazzo Salviati alla Lungara, sede del ministero del ministero Finanze, per essere cedute «ai pizzicagnoli per involgere la loro merce, ai fabbricanti della 'girandola' per farne cartocci per i fuochi d'artificio e ai fabbricati di carta per trasformarla in 'pisto'».[5] Fu in tal modo che si procedette alla distruzione del grande archivio «de’ marcanti Falliti», composto da centinaia e centinaia di unità documentarie testimonianza del ruolo svolto dai notai nella produzione di scritture riguardanti i grandi fallimenti che segnarono la vita economica di Roma nel Seicento, «registri, posizioni, protocolli e volumi che si riconobbero di niun interesse il conservarli».[6]
Un’interpretazione destinata alla longevità e al successo, quella che ebbe in Casanova il suo precursore, e di cui forte si continuò a percepire l’eco anche a lunga distanza di tempo, come dimostrato dalle pagine dedicate a Roma nella Guida generale degli archivi di Stato. Divenne infatti una comune convinzione quella secondo cui gli archivi pontifici fossero stati disaggregati a tal punto da trasformare complessi documentari nati come speculari alle istituzioni in raggruppamenti di carte organizzati esclusivamente sulla base delle materie e dei luoghi cui esse si riferivano. Carte la cui struttura archivistica, segmentata e sfilacciata, rendeva quasi impossibile ricostruire la storia delle magistrature produttrici: la distanza venutasi a creare fra la struttura degli archivi e quella delle istituzioni non poteva infatti non riflettersi anche in campo storiografico, tanto che fu più volte sottolineato come scrivere la storia della Camera Apostolica fosse da considerarsi un progetto quasi velleitario proprio a causa della «natura» degli archivi. Una distanza, quella tra le magistrature e le carte, che si rifletteva chiaramente nelle grandi miscellanee che costituiscono ancora oggi la spina dorsale dell’Archivio di Stato di Roma, il Camerale I, il Camerale II e il Camerale III.[7] Serie create artificialmente slegando gli originari volumi, sciogliendo le filze, scompaginando i registri, e attribuendo alle scritture nuovi vincoli e nuove classificazioni:
 
i criteri generali di distribuzione (non si potrebbe parlare di ordinamento) delle carte nell'Archivio di Stato di Roma possono essere quindi così indicati: 1) smembramento delle scritture, anche dello stesso dicastero, fra le varie sezioni dell'Archivio di Stato: sezione politico-amministrativa, sezione giudiziaria, sezione notarile […] ; 2) creazioni di miscellanee di ogni tipo, il cui numero nell'archivio di Stato di Roma è particolarmente elevato e che, soprattutto, non hanno carattere di accidentalità o necessità […]; non hanno, dicevamo, questo carattere, ma sono state create volutamente, togliendo le carte volutamente, togliendo le carte da fondi ordinati od ordinabili e comunque ben identificabili […] per formare una 'miscellanea'; 3) ordinamento delle carte secondo tutti i diversi metodi che si sogliono indicare come contrapposto al 'metodo storico': per materia, alfabetico-onomastico, geografico, cronologico, con relative combinazioni; sì che, didatticamente, l'Archivio di stato di Roma può essere utilizzato per offrire agli studenti di archivistica tutti gli esempi, con riferimento ad ordinamenti effettivamente attuati, di come non si deve ordinare un archivio.[8]
 
Obiettivo comune di più generazioni di archivisti divenne così quello di ristabilire i nessi e le relazioni originariamente esistenti fra le scritture di uno stesso archivio e fra queste e le istituzioni che le avevano prodotte. Si trattò di un imperativo ampiamente condiviso, perseguito con costanza e determinazione lungo tutta la seconda metà del Novecento. Ad ogni magistratura – si disse – non poteva non corrispondere un archivio che ne era stato immagine e specchio: sembra essere stata proprio questa l’idea che ispirò l’operato degli archivisti romani, che scavando nei sedimenti documentari delle miscellanee camerali tentarono di riportare alla luce gli antichi archivi del camerlengo, del tesoriere generale, del commissario generale e degli altri magistrati espressione della Camera Apostolica:
 
«[La] situazione però può essere notevolmente migliorata con la compilazione di nuovi mezzi di corredo più precisi e dettagliati degli attuali, che diano almeno sulla carta, la possibilità di riconoscere le magistrature di provenienza. È quanto si è cominciato a realizzare negli ultimi anni, articolando maggiormente e descrivendo più dettagliatamente grossi blocchi dell'archivio rimasti per lungo tempo totalmente muti ed amorfi. […] È il caso del fondo Tesorerie provinciali e delle serie Giustificazioni di tesoreria. Altre serie camerali quali Fabbriche, Viaggi di pontefici e Viaggi di sovrani sono state nuovamente inventariate […] e gli inventari pubblicati […]. Inoltre dal 1978 sono state nuovamente inventariate, oltre alle serie dei mandati, alcune serie della Miscellanea camerale per materia, Camerale II, individuando, dov'è stato possibile, la provenienza delle carte».[9]
 

  1. Archivi delle magistrature o archivi dei notai?

 
Un ambizioso progetto dunque, i cui risultati però non furono pari aspettative.[10] I lavori di riordinamento e inventariazione condotti sulle miscellanee camerali si interruppero definitivamente sul finire del Novecento, e quelli portati a termine non riuscirono a restituire visibilità agli originari complessi, di cui si continuò ad ignorare l’esatta conformazione. Gli inventari che vennero realizzati si limitarono infatti ad rimarcare il legame esistente fra le singole scritture e le magistrature che le avevano ordinato la redazione, senza specificare il contesto archivistico all’interno del quale i documenti avevano trovato posto in filze, volumi e registri. Ad essere messo in evidenza fu un legame più di tipo diplomatistico che archivistico, attraverso cui diventava difficile risalire ai modelli di conservazione e tradizione documentaria effettivamente utilizzati.[11]
Un progetto fra l’altro lontano dai principi teorizzati in quello stesso torno di anni da Claudio Pavone, che sottolineò come gli archivi nascano e si sviluppino in relazione alle istituzioni, ma sulla base di logiche conservative dettate più dal ceto burocratico che dalla politica e dal potere.[12] Nella formazione di un archivio influisce infatti non solo il ruolo svolto nella società dal soggetto produttore, i suoi compiti, le sue funzioni, i suoi rapporti, ma anche i criteri in base ai quali le carte furono raggruppate per mano degli archivisti in fascicoli e dossier, e risposte in rastrelli e scansie perché non se ne perdesse la memoria.
L’archivio inteso dunque come oggetto storico nella sua specificità. Non più «specchio» delle istituzioni ma immagine di se stesso e della sua storia. È nell’incessante evoluzione delle pratiche d’ufficio, delle tecniche di formalizzazione degli atti, di registrazione e conservazione documentaria che trova infatti il suo ubi consistam la scienza archivistica. Una disciplina la cui attenzione è rivolta verso la storia delle istituzioni, ma anche (e forse principalmente) al modo in cui ceti dominanti cercarono di controllare la circolazione delle informazioni attraverso il possesso delle scritture.
L'archivio dunque come storia di sedimentazione e scarti, di conservazione e distruzione, di vuoti e di pieni.[13] Ma anche come luogo della burocrazia. Furono infatti proprio gli antenati del moderno archivista coloro i quali lasciarono i segni più evidenti sulla struttura dei complessi documentari, definendone la forma, tracciandone i perimetri. Burocrati ai quali lo Stato delegava il compito di custodire i «monumenti» su cui si fondava la legittimazione del potere, difendendo le scritture dalle malizie degli uomini e dalle aggressioni del tempo. Era a questi archivisti ante litteram che spettava creare filze e volumi secondo criteri che non erano dettati dalla politica e né discendevano dall’alto; criteri che non sono da considerare come oggettivi, universalmente validi e sempre e comunque applicabili, ma frutto dell’esperienza personale degli archivisti maturata direttamente sul campo a contatto con le scritture, lavorando negli archivi.[14] Era affidato infatti alla discrezionalità di costoro l’organizzazione delle carte in fondi e serie, come lascia chiaramente intendere il De Archivis di Baldassarre Bonificio, opera con la quale a metà del Seicento si intese sensibilizzare l’attenzione delle classi dirigenti sull’importanza strategica degli archivi ai fini del consolidamento e del mantenimento del potere.[15] Recuperare con velocità dati ed notizie, consentire alle magistrature di rispolverare in qualsiasi momento la memoria di sé: sembrano essere questi gli imperativi che hanno guidato gli archivisti di Antico regime nell'organizzazione e nel trattamento delle scritture, sulla scorta di esigenze pratiche, amministrative, che scaturivano dal presente, dalla contemporaneità, dal ruolo svolto dalle istituzioni nel contesto politico e nella società.[16]
Ciò che forse mancò agli archivisti che operarono a Roma nel secondo Novecento fu proprio questa visione dell’archivio: più plastica, più fluida, meno rigida rispetto a quella tradizionale di derivazione cencettiana, che si basava sulla teoria del rispecchiamento archivio/istituto.[17] Quando questi archivisti ipotizzarono l’esistenza di complessi documentari speculari alle magistrature, è probabile che non avessero piena contezza del ruolo svolto dal notariato pontificio nelle fasi di produzione e conservazione delle scritture. Sì, perché il notaio romano fu non soltanto redattore di documenti pubblici e privati ma anche archivista. Un archivista particolare, caratterizzato dal carisma della fides publica e dunque un soggetto giuridicamente affidabile, a cui lo Stato delegava la custodia e la trasmissione di tutte le sue scritture, comprese quelle giudiziarie.
Quale migliore «guardiano» se non il notaio per vigilare sugli archivi assicurandone l’inviolabilità? Chi più del notaio avrebbe potuto garantire la veridicità dei documenti, proteggendoli da manomissioni e falsificazioni? Sono appunto questi alcuni degli interrogativi retorici che circolarono durante il pontificato di Innocenzo XII in pagine dai toni quasi agiografici, dove gli archivi vennero assimilati a «civili arsenali», paragonati a «case della giustizia», considerati un «sicuro ricovero» per «scritture e monumenti de' pubblici affari […] donde in ogni tempo si traggono l'armi per la difesa de gl'innocenti e oppressi contro i fraudolenti o iniqui usurpatori delli altrui avanti li tribunali».
Di questo modo di interpretare gli archivi è testimonianza l’Eusevologio romano, ristampato da Carlo Bartolomeo Piazza, consultore dell’Indice, nel 1698, opera dove la celebrazione delle riforme di papa Pignatelli corre di pari passo con un’immagine idealizzata del notaio, espressione più alta della burocrazia pontificia, immune alle corruttele, difensore della moralità. Ecco quindi il notaio trasformarsi in una sorta di alter ego laico del sacerdote cristiano, ed ecco il suo lavoro travalicare l'ambito delle professioni liberali per ammantarsi di significati mistici. Il tutto su di un piano interpretativo dove le forme della politica interagiscono con quelle della religione e i rispettivi linguaggi si riempiono di valenze simboliche reciprocamente mutuate.[18] L'immagine del rogatario che penna in mano invoca il nome del Signore non sembra affatto differenziarsi da quella dell'officiante nell'atto del servizio divino. Locus mysticus, l'ufficio notarile, centro di elaborazione di una liturgia ibrida di motivi civili e di sfumature religiose, luogo sacro e profano, in cui l'elemento politico – quello indubbiamente più palese – e l'elemento religioso – quello in controluce – convivono senza attrito nell'esercizio del cerimoniale e nella coreografia delle esibizioni del potere che quotidianamente accompagnavano, a tutela perpetua della volontà dei singoli, la stesura degli atti e la loro conservazione. Anzi, è proprio in questo originale connubio di temporale e di spirituale, di pratico e di simbolico che risiedevano le ragioni del rispetto e della deferenza attribuiti al notaio dalla storia. Sono appunto queste le parole dell’abate Piazza:
 
Ad essi appartengono le stipolazioni di tutti i contratti di vendite, di compre, di donazioni, rinunzie e patti, ratificazioni, appellazioni, denunzie, testamenti, legati, codicilli, fidecommissi, doti, sposalizij, processi, citazioni, intimazioni, securtà et ogn'altro istrumento de' pubblici e privati interessi e negozij, dove v'intervenga l'autorità del principe e il vigore delle leggi. Si dicono perciò celebrarsi questi atti col nome medesimo con cui per molte sue cerimonie il sacrifizio divino si chiama celebrarsi; perché nello stipularsi le pubbliche scritture e istrumenti si ricercano (…) molte cerimonie e legalità per cagione della giustizia amministrata, che è il più sagrosanto attributo di Dio, cioè: l'invocazione del nome del Signore, l'anno, il mese, il giorno e l'indizione, il nome del sommo pontefice (…), il luogo speciale dove si roga l'istromento, i testimonij necessarij e presenti, il nome e il segno del notaro (…): espressioni tutte di una tal'importanza che ben fanno spiccare la dignità e l'eccellenza dell'ozio e ministero. La prima menzione che si faccia de' notari sotto il nome di scribi è nel Vecchio testamento nei Libri dei Re (…), ma molto segnalatamente viene illustrata questa professione nel Nuovo testamento dai quattro Evangelisti (…). Gioconda altresì alla istoria che si narra di Sant'Antonio di Padova quando tutte le volte che s'incontrava un certo notaro con gran reverenza e inchino sino a terra lo venerava (…). Martino Salimbeni venerato nella chiesa di Pavia e dal popolo di quella città fu di professione notaro (…), Paolo Diacono lombardo prima di essere monaco di Montecassino fu notaro.[19]
 
L’idea, affermatasi nel corso del Novecento, che fossero esisti a Roma depositi documentari ritagliati sulla sagoma delle magistrature prese piede probabilmente sulla base di un’immagine tutta contemporanea che gli archivisti avevano dell’archivio, che affondava le radici al massimo nell’epoca napoleonica e non certamente nell’Antico regime.[20] Fu solo dopo l’esperienza francese e con la Restaurazione che iniziarono infatti a sorgere archivi simili a quelli che caratterizzano i nostri tempi: archivi legati alla presenza nelle amministrazioni di un ufficio del protocollo, cabina di regia dei flussi documentari; archivi dove trovano posto in maniera separata le carte di ciascun dicastero; ubicati negli stessi palazzi del potere; e in cui le scritture pubbliche non giacciono nelle stesse scansie di quelle private.
Diverso da questo era stato invece il quadro che aveva caratterizzato Roma nell’Antico regime, dominato dalla presenza di un pulviscolo di archivi di piccole e medie dimensioni, variamente distribuiti nello spazio cittadino, ognuno dei quali corrispondente ai diversi uffici notarili che operavano nella capitale per conto delle magistrature centrali o municipali, producendo documentazione amministrativa e giudiziaria. Archivi i quali nell’organizzazione dei fondi e delle serie riflettevano la doppia natura che distinse il notaio romano sino quasi al 1870: rogatario a pagamento a servizio della clientela privata e segretario e cancelliere alle dipendenze delle istituzioni pubbliche.[21]
Osservato da questa angolatura, l'edificio archivistico pontificio ci appare più articolato e complesso di quanto solitamente si è voluto credere, meno granitico, meno statico. L'idea che sia esistito un archivio del camerlengo inteso come segmento a sé rispetto a quello del tesoriere generale o di qualsiasi altro ministro camerale non ha trovato infatti conferma negli studi e nelle ricerche più recenti, e quella che sembrava essere una certezza tutta novecentesca si è trasformata in un dato sfumato e fragile.[22] Sulla base di come le carte sono state trasmesse, difficile diventa infatti ipotizzare che siano esistiti a Roma archivi speculari alle magistrature, testimonianza ed emblema dell’organigramma istituzionale e della distribuzione dei poteri. Ciò che invece emerge è la presenza di complessi documentari strettamente legati al ruolo svolto dai notai nelle istituzioni e nella società. Figura «bipolare», il notaio, in bilico tra pubblico e privato, in parte libero professionista in parte funzionario statale. Sulle scrivanie degli uffici notarili trovavano posto scritture assai diverse fra loro per tipologia e natura giuridica: gli atti di vendita, le donazioni, i testamenti, ma anche chirografi e motupropri, verbali di interrogatori e sentenze giudiziarie, che non avrebbero avuto nessuna validità se privi di quella fides publica che solo il signum notarile poteva attribuire loro.[23]
Che propria questa fosse la situazione archivistica che caratterizzò Roma per tutto il Seicento lo apprendiamo da una voce coeva, quella del cardinale Gian Galeazzo Marescotti, che a capo di un’apposita commissione ispezionò gli uffici notarili della città tra il 1702 e il 1703.[24] I verbali redatti nel corso di quelle operazioni ci consento infatti di muoverci virtualmente tra le carte dei notai romani, di sbirciare negli armadi e sulle scansie destinate alla conservazione delle scritture, per capire cosa vi fosse e quali erano i criteri adottati nella creazione delle serie. Un viaggio virtuale tra i documenti, ma anche tra le vie di Roma. Si trattava infatti di uffici che non condividevano con le istituzioni le stesse stanze e gli stessi palazzi, essendo collocati in locali spesso in affitto, ubicati a stretto contatto con le abitazioni del popolo minuto, i palazzi della nobiltà, le botteghe e i mercati.
Nello specifico, era il rione Columpne et Sancte Marie in Aquiro, luogo destinato a trasformarsi con Innocenzo XII nel quartier generale della Camera Apostolica, a rappresentare il settore della città dove più alta era la concentrazione degli uffici notarili. Nel 1703 cinque erano i notai che avevano fissato i propri studi nella piazza di Monte Citorio,[25] quattro nella limitrofa piazza Colonna,[26] quattro quelli presenti «nella salita per andare da Campo Martio a Monte Citorio»[27] e ancora quattro quelli che si erano stabiliti in un fabbricato «contiguo con la casa habitata da monsignor Caprara».[28] Non distanti da queste postazioni risultavano collocati altri due uffici, entrambi situati nel piano basso del «palazzo di monsignor Governatore»: i notai Giuliani e Cardelli, che afferivano all’omonimo tribunale.[29] Una concentrazione di uffici e di archivi non certo casuale, ma dotata di un forte valore rappresentativo, poiché metafora e simbolo di uno Stato centralizzato e verticisticamente organizzato, pronto ad accogliere suppliche e ricorsi provenienti dalla periferia per i soprusi e le malversazioni perpetrati dai poteri locali.[30]
Ma se era in un ristretto perimetro che rogavano e custodivano le proprie scritture i notai alle dipendenze delle magistrature centrali, risultavano invece dislocati a macchia d'olio gli uffici che si relazionavano alle istituzioni municipali, in primis quelli che monsignor Marescotti raggruppa sotto la comune denominazione di “notari capitolini”: con le loro trenta sedi essi risultavano distribuiti pressoché equamente in ogni angolo della città, senza eccezione alcuna.[31] I loro uffici erano infatti capillarmente presenti in tutti i rioni di Roma, quasi come se le gli organi di governo comunali si servissero di loro per penetrare nel cuore della città e far sentire da vicino la presenza delle istituzioni. Del resto, che il notaio di età moderna rappresentasse «uno dei mezzi della padronanza dei processi sociali» e «della conservazione delle gerarchie costituite» costituisce un assunto che ha trovato più di una conferma nella recente storiografia;[32] esattamente come ci appare essere un dato scontato la centralità attribuita in seno alle società oligoalfabete a quella «ristretta fascia di specialisti della scrittura formalizzata», i notai, tanto riconoscibile per le funzioni e i comportamenti istituzionali quanto «demograficamente insignificante»[33].
Degne di nota da questo punto di vista sono le parole con cui Gaetano Moroni, a metà dell’Ottocento, volle evidenziare la centralità attribuita al Collegio dei Trenta Notai Capitolini nella vita sociale e istituzionale di Roma. Una presenza di lungo periodo, che risaliva al pontificato di Sisto V, quando con la costituzione Ut litium diuturnitati vennero attributi ai membri di questo Collegio più di un privilegio: la facoltà di redigere in forma privativa le scritture per i tribunali di Campidoglio; il diritto di tramandare la documentazione di notaio in notaio; la possibilità di fungere da segretari nelle riunioni delle corporazioni delle arti e dei mestieri.[34] Una presenza quasi ingombrante, considerata fra l’altro la pervasività dei notai capitolini nello spazio urbano, ma funzionale anch’essa ad un preciso progetto politico: a Sisto V, ci dice Moroni, non era sfuggito di considerare come avere uffici notarili «sparsi per Roma» potesse «servire alla comodità degli abitanti, acciò in caso di bisogno in ogni parte […] vi sia qualche notaro». Così scrive:
 
Fino al 1847, [il Senatore] oltre ad avere il primo posto nelle rappresentanze municipali, aveva due tribunali, uno civile l'altro criminale; nel civile era assistito da due togati collaterali, che decidevano le cause singolarmente e collegialmente in prima istanza, e quindi in appello; nel criminale, oltre i collaterali, aveva un luogotenente e altri giudici che formavano la congregazione criminale. Nel Campidoglio aveva, oltre la sua residenza, gli uffici e cancellerie de' tribunali. […] ciascuno dei collaterali ha 15 notari, i quali stanno sparsi per Roma, avendo così voluto Sisto V per servire alla comodità degli abitanti, acciò in caso di bisogno in ogni parte di Roma vi sia qualche notaro. […] questi notari, l'uffizio de' quali è vacabile, hanno tutti i propri sostituti, che mandano a leggere le citazioni avanti i suddetti due giudici le citazioni avanti i suddetti due giudici. Hanno pure il Broliardo e il Manuale ne' quali si registrano gli atti a guisa del tribunale dell'A. C., ed hanno un sol libro per notare ogni sorta di spedizione, che chiamasi Recepturum.[35]
 

  1. Con Marescotti negli uffici dei Notai capitolini

 
Gli uffici dei Trenta Notai in quanto vacabili e venali continuarono paradossalmente ad essere considerati di proprietà privata anche in epoca postunitaria poiché, sino al 1870, nessun provvedimento normativo era intervenuto a modificare nella sostanza dei fatti quanto stabilito da Sisto V riguardo alla loro natura: essi furono sempre considerati uffici vendibili dallo Stato, per il tramite della Camera Apostolica, a persone «bone conditionis et fame», di comprovata esperienza nell’arte notarile.[36] Con l’istituzione del Collegio «Notariorum Curiae Capitolii», venne non soltanto fissato il numero dei notai che ne avrebbero fatto parte – che non poteva essere superiore a trenta – ma furono anche definite le caratteristiche giuridiche degli uffici stessi, che, rientrando nella categoria degli «officiorum vacabilium, vendibilium et resignabilium», vennero dichiarati acquistabili al prezzo di «scuta Quingenta monetae», da pagarsi entro il termine di dieci giorni «in manibus Datarius nostri Depositarii». Di conseguenza, rientrò sempre nei «privilegi» e nella «facoltà» riconosciute ai notai capitolini la libertà di «arrendare, vendere, resignare, et alienare» gli uffici di cui diventavano titolari, ad una cifra da stabilirsi, previo accordo con il compratore o con l’affittuario; e fu sempre assicurato loro il diritto ad affidare la gestione dell’ufficio ad un «substitutus idoneus», esaminato e approvato dal Collegio, «ad lites, et causas pertractandas, istrumentaque roganda, et alia hijusmodi Notariatus Officium concernentia erudito».[37]
Dal 1586, il luogo fisico in cui la documentazione era stata materialmente prodotta – l’ufficio notarile, per intenderci – aveva rappresentato per i Trenta Notai anche lo spazio giudicato come il più idoneo per assicurarne la conservazione, in quanto luogo sicuro, dotato di pubblica autorità, che conferiva garanzia di affidabilità e autenticità alle carte ivi presenti. Ragion per cui, i notai che di volta in volta subentravano nella direzione di uno dei trenta uffici ricevevano in consegna non solo le scritture redatte dai loro diretti predecessori, ma anche quelle che si riferivano ad epoche molto più remote, che venivano custodite congiuntamente alla documentazione contemporanea sulla scorta di quanto dettato dalla normativa vigente ed in riferimento a metodi e stili archivistici sperimentati nei singoli uffici e qui tramandati nel tempo.[38] Non era quindi per ragioni accidentali che nel 1702 il notaio «Gioachini», il cui studio era situato «in strada Frattina», conservasse nelle scansie collocate nel «corridore dell’entrata di casa» protocolli risalenti persino al 1479 o che «nell’offitio» del notaio «Saraceni», posto nella piazza di Fontana di Trevi, «in un luogo ben aggiustato e competentemente capace e ben tenuto», ci fossero protocolli del 1553 e filze datate 1588. Quelli ora citati non costituivano certamente dei casi isolati, ma fotografavano una situazione che si ripeteva pressoché identica negli altri uffici che componevano il Collegio, come testimoniato dagli appunti di lavoro che ci sono stati trasmessi dal cardinale Marescotti. Nell’organizzare i fondi e le serie non sempre però tutti si attenevano ad uguali criteri. Se presso lo studio del notaio «Giacobelli», ubicato in quello stesso 1702 «sotto il palazzo del cardinal Imperiale, a piazza Colonna», per tradizione non si registravano le sentenze in un apposito libro, ma «nel manuale sotto la citazione, siccome si è sempre riscontrato», diversa era la situazione che aveva sempre caratterizzato l’ufficio diretto dal notaio «Oddi», situato presso «S. Lorenzo de’ Monti», dove le sentenze venivano conservate tra le «filze delle cedole privative» create annualmente. Se poi era pratica comune che «testamenti, ultime volontà, Donazionie rinuncie» venissero «tutti ligati a parte», non era affatto escluso – ci informa il cardinale Marescotti – che essi confluissero anche nei protocolli «ligati con gli altri istumenti», secondo una pratica in uso presso il notaio «Cimarroni» e i suoi predecessori, il cui studio si trovava vicino alla Colonna Traiana, in «un luogo un poco angusto e incapace a conservare tutte le scritture, che perciò si conservano in altra stanza di sopra».
Ma si lasci ora la parola al cardinale Marescotti. Sono queste le informazioni che si desumono dai verbali della sua ispezione.
 
Notaro Franco Cantarelli a S.Eustachio
 
Tribunale di riferimento: Primo Collaterale
Data dell’ispezione: 3 gennaio 1703
Documento più antico: anno 1585
 
Libri:
Protocolli: si ligano in tre parti l’anno tutti gli instrumenta; sono ligati a tutto l’anno 1701 e archiviati tutti; gli altri non ligati sono stesi tutti ma non sono archiviati. Manca tanto nelli ligati quanto negli altri la sottoscrizione.
Testamenti e donazioni: si ligano a parte in protocolli. Sono ligati a tutto l’anno 1695. Molti non archiviati et in qualcuno manca la sottoscrizione. Nelli non legati manca ancora in molti la sottoscrizione e l’archiviazione.
Broliardo e Manuale: si ligano assieme; ligati per tutto l’anno 1702 con le sue rubricelle. Il manuale si fa dal novitio ed è di buon carattere. Manca alle volte il nome del procuratore.
Liber testium: è ligato a tutto il 1699, si fa con li quinternetti ed ha la rubricella. Li non ligati in protocollo stanno tutti assieme attaccati con li suoi laccetti al cartone.
Liber receptorum: tenuto con le sue giornate distinte.
Liber expeditionum: dove si registrano tutti li mandati de transferendo, resignando, delendo et de consegnando.
Citazioni: si conservano in filze originalmente.
Sentenze: Manca il registro delle sentenze, che si registrano nel Manuale a piè delle citazioni. E gl’originali si mettono nelle filze a parte.
Filze:
Iura diversa: una ogni anno.
Apocae privatae: una per più anni, e la corrente sta sotto chiave.
Libelli et commissiones: una per più anni.
Moritoria, Inhibitiones, Sequestra: per più anni.
Articoli et Interrogationes: una per più anni.
Sententiae et Appellattiones: una per più anni.
Instrumenta: una per più anni.
Testamenti chiusi: sono 168 e il più antico è del 1597
 
 
Notaro Floridi a Campo Martio
 
Tribunale di riferimento: Primo Collaterale
Data dell’ispezione: 3 gennaio 1703
Documento più antico: anno 1550
 
Libri:
Protocolli: Instromenti ligati in tre parti, fino al 1701. Se ne sta facendo la Rubricella; non archiviati dal 1700, non sono molti quelli sottoscritti, gli sciolti per la maggior parte sono da stendersi, non sono archiviati; alcuni non sono sottoscritti.
Testamenti e altre ultime volontà: si ligano a parte dal 1597; sono ligati a tutto l’anno 1698 con rubricella; gli sciolti sono in poco numero, né archiviati, né sottoscritti.
Broliando e Manuale: sono ligati assieme con loro rubricelle distinte. Il Manuale è redatto dal novitio (ben scritto e per extensum).
Citazioni: registrate, ma non sempre con il nome del procuratore.
Liber Testium: ligato a tutto l’anno 1698, se ne va facendo la rubricella.
Liber Receptorum: con le sue giornate distinte.
Liber Expeditionum: qui si registrano tutti i mandati de trasferendo, resignando, delendo e de consegnando.
Citazioni: in filza.
Sentenze: Manca il registro delle sentenze, poiché venivano registrate nel Manuale sotto la citazione ad sententiam. Gli originali in filza.
Filze:
Iura diversa: una per anno.
Apocae privatae: una per più anni.
Sententiae et appellationes: una per più anni.
Libelli moritoria et sequestra: una per più anni.
Testamenti chiusi: 227, di cui il più antico è del 1600.
 
 
Notaro Angelo Perelli al Pellegrino
 
Tribunale di riferimento: Primo Collaterale
Data dell’ispezione: 4 gennaio 1703
Documento più antico: anno 1551
 
Libri:
Protocolli: instromenti legati in 4 parti fino al 1700; le rubricelle risultano mancanti dal 1697. Sono archiviati quasi tutti gli anni fino al 1696, non tutti sono sottoscritti. Quelli sciolti per la maggior parte non sono stesi. I testamenti e Donazionisi pongono tra gli altri protocolli.
Broliardo e Manuale: ligati insieme con le rispettive rubricelle. Il Manuale è redatto dal novitio e legato a partire dal 1702.
Liber Testium: legato a tutto il 1693.
Liber Receptorum: legato con le sue giornate distinte.
Liber Expeditionum: si registrano tutti i mandati.
Citazioni: originali in filza.
Sentenze: Manca il registro delle sentenze in quanto venivano registrate nel Manuale a piè delle citazioni ad sententiam.
Filze:
Iura diversa: una per ogni anno.
Cedulae privatae: una per più anni.
Cedulae del Monte: erano custodite nel Pulpito.
Testamenti chiusi: 210, il più antico del 1609.
 
 
Notaro Agapito Ficedale a Ponte Sisto
 
Tribunale di riferimento: Primo Collaterale
Data dell’ispezione: 5 gennaio 1703
Documento più antico: anno 1587
 
Libri:
Protocolli: instrumenti ligati in 2 parti (sino al 1701); è la prima parte del 1702; archiviati sino al 1701, prima parte; alcuni non sottoscritti; sono quasi tutti stesi eccettuati alcuni pochi dell’ultimi giorni di dicembre prossimo passato. Manca in alcuni la sottoscrizione, la quale si farà fare e tutti si porteranno in archivio.
Testamenti e donazioni: si legano con gli altri protocolli. Prima si sono tenuti a parte sino all’anno 1671.
Broliardo e Manuale: si ligano assieme, sino al 1701; e l’altro corrente è finito e in stato da ligarsi, si pongono giornalmente citazioni e proteste e produzioni. Manca qualche nome de’ procuratori.
Liber Testium: ligato sino all’anno 1701 con sue rubricelle.
Liber Receptorum: con sue giornate distinte.
Liber Expeditionum: dove si registrano li mandati de trasferendo, dolendo, resignando et consegnando;
Sentenze: manca il Registro delle sentenze le quali si registrano nel Manuale a piè della citazione ad sententiam.
Liber Accomodatorum: non l’usa perché non accomoda scritture, vi è però un libretto, dove si notano gli estratti trasportati.
Citazioni: si conservano nelle filze.
 
Filze:
Iura diversa: una per anno.
Cedulae privatae: una per più anni.
Articoli, interrogatoria, sententiae, libelli et Commissiones: una per più anni
Cedole del Monte: nel Pulpito, presentemente ve ne sono sette la più antica è del 1693.
Testamenti chiusi: 152, il più antico è del 1600.
 
 
Notaro Lorenzo Rosselli all’Isola di S. Bartolomeo
 
Tribunale di riferimento: Primo Collaterale
Data dell’ispezione: 5 gennaio 1703
Documento più antico: anno 1577
 
Libri:
Protocolli: l’instrumenti si ligano in tre parti, sino al 1700; non tutti archiviati, né sottoscritti; li sciolti non sono tutti archiviati, né parimenti sottoscritti.
Testamenti: si ligano a parte dal 1617, ligati sino all’anno 1694. Non tutti archiviati, ma sottoscritti.
Broliardo e Manuale: assieme con le loro rubricelle distinte. Il Manuale è redatto dal novitio; manca il nome del procuratore in molti.
Liber Testium: ligato sino al 1694 con sua rubricella.
Liber Receptorum: con le sue giornate distinte; ci scrive il Capo notaro solo; si è detto che chi roga scriva.
Liber Accomodatorum: manca.
Registro delle sentenze: manca, le quali si registrano nel Manuale dopo le citazioni ad sententiam.
Citazioni: si conservano originalmente nelle filze.
 
Filze:
Iura diversa: una per anno.
Sententiae et Appellationes: una per più anni.
Cedulae privatae: sotto chiave ma per più anni.
Articoli et Interrogatoria: una per più anni.
Libelli et Commissiones: una per più anni.
Cedole del Monte: in Pulpito (presentemente non ve ne sono).
Testamenti chiusi: 36 in circa; il più antico 1594.
 
 
Notaro Lodovico Faventini a Piazza Montanara
 
Tribunale di riferimento: Primo Collaterale
Data dell’ispezione: 5 gennaio 1703
Documento più antico: anno 1544
 
Libri:
Protocolli: ligati a parte, fino al 1701; archiviati ma non sottoscritti; gli sciolti sono tutti stesi, sono per la maggior parte archiviati ma non sottoscritti.
Testamenti e donazioni: ligati con i Protocolli; ligati a parte dal 1605 al 1641.
Liber Testium: ligato sino al 1702 con sua rubricella.
Liber Receptorum: con le giornate distinte.
Liber Expeditiorum: dove si registrano i mandati de trasferendo, consegnando, resignando.
Sentenze: manca il registro delle sentenze, le quali si conservano nel Pulpito.
Citazioni: in filza.
 
Filze:
Iura diversa: una per anno.
Cedulae privatae: una per più anni.
Cedole del Monte: conservate nel Pulpito.
Testamenti chiusi: 97, il più antico è del 1610.
 
 
Notaro Domenico Gioacchini a Strada Fratina
 
Data dell’ispezione: 29 dicembre 1702
Documento più antico: anno 1479
Data dell’ispezione: non specificata
 
Libri:
Protocolli: Instrumenti ligati in due parti (tutto il 1701 e la prima parte del 1702); archiviati a tutto il 1701; tanto nell’Instrumenti ligati quanto negl’altri in alcuni manca la sottoscrizione; tutti stesi.
Testamenti e donazioni: tenuti a parte dal 1577 al 1638; dal 1638 sino al 1700 sono stati ligati con gl’altri instrumenti. Dal 1700 si tengono separati.
Broliardo e Manuale: si ligano assieme con le sue rubricelle distinte. Manuale: lo fa il novotio, ed è ben scritto. Manca il nome de’ procuratori in molte citazioni.
Libro dei testimonij: non è ancora ligato, manca la rubricella e nell’antecedenti non era la rubricella ligata nel libro.
Registro delle sentenze: non vi è perché si registrano nel Manuale in calce alle citazioni e l’originale delle sentenze si mette in filza.
Liber Receptorum: con le sue giornate.
Liber Accomodatorum: nell’istesso libro si registrano li mandati de consegnando, delendo e trasferendo.
Citazioni: gli originali si tengono in filza lunga.
 
Filze:
Iura diversa: una filza l’anno e in questa si mettono gli in strumenti.
Cedole private: una filza per più anni.
Cedole del Monte: si tengono nel Pulpito (cominciano dall’anno 1697).
Testamenti chiusi: 123.
 
 
Notaro Carlo Mancini all’Angelo Custode
 
Tribunale di riferimento: Primo Collaterale
Data dell’ispezione: 29 dicembre 1702
Documento più antico: anno 1550
 
Libri:
Protocolli: instrumenti ligati in due parti sino al 1701, archiviati a tutto il 1699; tutti stesi, si è trovato il difetto soltanto della sottoscrizione.
Testamenti e donazioni: si ligano a partire dal 1620 in qua; ligati sino a tutto il 1700; molti però non sono archiviati né sottoscritti.
Broliardo e Manuale: si ligano tutti assieme con le loro rubricelle distinte, sino al 1701; manca il nome del Procuratore in molte citazioni.
Libro dei testimonij: ligato a tutto il 1696 senza rubricella.
Registro delle sentenze: manca.
Liber Receptorum: con le sue giornate; li mandati de trasferendo, delendo et de consegnando si registrano nel Receptorum. Registri e scritture accomodate si notano in un libro Receptorum che abbia carta bianca.
Liber Expeditionum: manca.
Citazioni: si inseriscono in una filza lunga.
 
Filze:
Iura diversa: una l’anno.
Monitoria, Sequestra et Libelli: una per più anni.
Articuli et Interrogatoria: una per più anni (non si tengono serrate).
Testamenti chiusi: se ne darà nota a Sua Eccellenza.
 
 
Notaro Simone Conti a Trevi
 
Tribunale di riferimento: Primo Collaterale
Data dell’ispezione: 30 dicembre 1702
Documento più antico: anno 1582
 
Libri:
Protocolli: instrumenti ligati in due parti, sino al 1681, archiviati a tutto il 1699; manca in alcuni la sottoscrizione.
Testamenti: a partire dal 1611 sino al 1700; manca per la maggior parte l’archiviatione.
Broliardo e Manuale: si ligano tutti assieme con le loro rubricelle distinte, sino al 1701; Manuale, scritto dal novitio, manca qualche nome del procuratore. Vi è un altro Broliardo del S.r Cardinal Decano con la sua rubricella dal mese di luglio 1701 sino al presente.
Libro Testium: si tiene in quinternetti, che poi si ligano in libro; è legato per tutto l’anno 1697 e si trova dietro, perché non vi sono quinternetti a bastanza.
Liber Receptorum: tenuto senza distinzione delle giornate. Altro liber receptorum del sig.r Cardinal Decano con le sue giornate.
Liber Accomodatorum: per più anni, dove si notano gl’estratti e le scritture che si accomodano.
Registro delle sentenze: manca, si registrano nel Manuale dopo la citazione ad sententiam.
Citazioni originali: in filza lunga.
 
Filze:
Iura diversa: una l’anno.
Iura diversa del S.r Cardinal Decano: una per più anni.
Mandata de consegnando, delendo, trasferendo: una per più anni.
Libelli: per più anni.
Interrogatoria: per più anni.
Iura non produca: una per più anni.
Testamenti chiusi: 27, il più antico del 1595.
 
 
Notaro Marino Vitelli al Corso avanti al Palazzo del sig.r Cardinale Panfili
 
Tribunale di riferimento: Primo Collaterale
Data dell’ispezione: 30 dicembre 1702
Documento più antico: anno 1538
 
Libri:
Protocolli: Instromenti ligati in quattro parti, sino a tutto il 1701, è diligentissimo nell’archiviare gl’Instromenti, per lo più sottoscritti.
Broliardo e Manuale: si ligano tutti assieme con le loro rubricelle distinte.
Testamenti: si ligano a parte sino al 1694; quelli non ligati si tengono sotto chiave; sono stati esibiti in archivio.
Libro Testium: ligato al 169… senza rubricella.
Liber Receptorum: con le sue giornate, ben tenuto.
Liber Debitorum: nel quale verso la fine si notano gl’estratti e le scritture che si accomodano il che succede di rado.
Registro delle sentenze: manca, si registrano nel Manuale.
Citazioni: si conservano in una filza lunga.
 
Filze:
Iura diversa: una l’anno.
Cedole private: sotto chiave; ve n’è una sola del 1700.
Testamenti chiusi: 179, il più antico è del 1613…
 
 
Notaro Giovanni Antonio Cimarroni alla Colonna Traiana
 
Tribunale di riferimento: Primo Collaterale
Data dell’ispezione: 30 dicembre 1702
Documento più antico: anno 1580
 
Libri:
Protocolli: gli Instromenti sono ligati in due parti l’anno, sino al 1700; archiviati per tutto il 1697; non tutti sono sottoscritti; restano da stendersi alcuni instromenti del 15 novembre secondo le matrici riscontrate.
Testamenti e donazioni: si ligano con gli altri Instrumenti.
Liber testium: ligato al 1700 con sua rubricella.
Broliardo e Manuale: ligati assieme (1701) con loro rubricelle.
Liber Receptorum: con le sue giornate distinte.
Sentenze: non si registrano.
Mandati trasferendo: se ne mette copia in filza tra le giustificazioni.
Citazioni: si conservano originalmente in una filza lunga.
 
Filze:
Iura diversa: una l’anno.
Libelli et Commissiones et Sequestra: una per più anni.
Articoli, Positiones et Interrogatoria: una per più anni.
Sententie, Appellationes: una per più anni.
Cedulae privatae: una per più anni.
Testamenti chiusi: 103, il più antico del 1618.
 
 
Notaro Giovanni Battista Bonanni all’Olmo.
 
Tribunale di riferimento: Primo Collaterale
Data dell’ispezione: 2 gennaio 1703
Documento più antico: anno 1562
 
Libri:
Protocolli: Instrumenti archiviati quasi tutti a tutto il 1701; sottoscrizioni mancanti nelle parti antecedenti al 1701.
Testamenti e donazioni: stanno tra gl’altri protocolli.
Broliardo e Manuale: si ligano assieme con le rubricelle distinte (1701). Manuale: lo fa il novitio e nel fine vi è una rubricella degli instrumenti che si rogano alla giornata.
Liber Receptorum: con le sue giornate distinte.
Registro delle sentenze: manca; si registrano nel Manuale a piè della citazione ad sententiam.
Liber Accomodatorum: per più anni.
Mandati de delendo, trasferendo et de consegnando: si registrano nel Broliardo.
Citazioni originali: si conservano nelle filze lunghe.
 
Filze:
Iura diversa: una l’anno.
Cedulae privatae: una per più anni.
Articoli et interrogatoria: per più anni passati, ora non si conservano.
Cedole del Monte della Pietà: presentemente non vi sono e quando vi sono, si tengono dentro il Pulpito.
Testamenti chiusi: 101, il più antico è del 1636.
 
 
Notaro Carlo Lamparini alla Valle
 
Tribunale di riferimento: Primo Collaterale
Data dell’ispezione: 2 gennaio 1702
Documento più antico: anno 1553
 
Libri:
Instromenti: presentemente in tre parti (1702); archiviati (agosto 1702); manca la sottoscrizione in alcuni.
Testamenti e donazioni: a parte siccome si praticava anticamente in questo offitio dal 1593 e poi interrotto e ripigliato poi dal sig. Lamparino l’anno seguente del suo offitio 1660; ligati a tutto il 1698. Sono archiviati; gl’altri non sono ligati perché non arrivano a fare un protocollo.
Broliardo e Manuale: si ligano assieme (1701); hanno le rubricelle. Manuale: si fa dal novitio (buon scritto); manca il nome del procuratore.
Liber testium: ligato a tutto il 1699; ha la rubricella; gli altri non sono ligati perché non fanno un protocollo.
Liber Receptorum: con le sue giornate distinte.
Liber expeditionum: dove si registrano li mandati de delendo, trasferendo et resignando.
Sentenze: si registrano al Manuale doppo la citazione ad sententiam; gli originali nella filza delle cedole private.
Cedole del Monte della Pietà: si conservano nel Pulpito, la più antica è prodotta il 1 dicembre 1693.
 
Filze:
Iura diversa: una l’anno.
Cedulae privatae: una per più anni.
Articoli, Interrogatoria et Positiones: una per più anni.
Monitoria, Inhibitiones: una per più anni.
Iura non producta: una filza per più anni.
Testamenti chiusi: 98, il più antico è del 18 aprile 1642.
 
 
Notaro Bernardini a Santa Chiara
 
Tribunale di riferimento: Primo Collaterale
Data dell’ispezione: 2 gennaio 1703
Documento più antico: anno 1620
 
Libri:
Protocolli: Instrumenti ligati al presente in tre o quattro parti (1701). Manca la sottoscrizione; non tutti archiviati; i non ligati non sono né archiviati né sottoscritti; restano da stendersi alcuni instrumenti conforme alle matrici riconosciute.
Testamenti e donazioni: ligati a parte sin dall’anno 1639 (1701); non tutti archiviati.
Broliardo e Manuale: assieme. Manuale: lo fa il novitio (ben scritto); con le sue rubricelle.
Liber Testium: tenuto conforme dispone la riforma esaminandosi li testimonij in un libro ligato con la rubricella.
Liber Receptorum: dove si registrano gli estratti.
Expeditionum: dove si notano li mandati che vanno in massa.
Sentenze: si registrano nel Manuale a piè delle citazioni, gli originali si conservano nella filza delle cedole private.
Mandati de delendo, trasferendo et resignando et de consegnando: si registrano nel Broliardo doppo le comparse.
Cedole del Monte: nel Pulpito (presentemente non ve ne sono).
Citazioni: originalmente si conservano nelle filze.
 
Filze:
Iura diversa: una l’anno.
Cedulae privatae: una per più anni.
Testamenti chiusi: 89, il più antico è del 1634.
 
 
Notaro Stefano Orsini a Piazza Madama
 
Tribunale di riferimento: Secondo Collaterale
Data dell’ispezione: 3 gennaio 1703
Documento più antico: anno 1584
 
Libri:
Protocolli: l’Instrumenti si ligano in due parti; ligati a tutto l’anno 1701. Archiviati per la maggior parte, restano alcuni pochi da archiviarsi. Li non legati sono stesi per la maggior parte; manca la sottoscrizione in molti e molti non sono archiviati.
Testamenti e donazioni: si ligano assieme con gl’altri istrumenti e così si è sempre pratticato in quest’offitio.
Broliardo e Manuale: si ligano assieme con le sue rubricelle. Il Manuale si fa dal novitio, bene scritto; manca il nome del procuratore in più decreti.
Liber testium: non si faceva in quest’offitio, ma si ligavano le deposizioni de testimonij nel Broliardo. Dal 1694 si tengono in quinternetti per legarli a parte.
Liber receptorum: con le sue giornate distinte.
Libretto accomodatorum: overo delli trasporti degli estratti.
Registro delle sentenze: manca, si registrano nel Manuale a piè della citazione ad sententiam e l’originali si conservano nelle filze Iura diversa. Le citazioni si conservano in filze.
 
Filze:
Iura diversa: una l’anno.
Cedulae privatae: una per più anni. Si tiene sotto chiave.
Cedole del Monte: si conservano nel Pulpito e ve ne sono due presentemente dell’anno 1699 e 1701.
Testamenti chiusi: 126, il più antico è dell’anno 1586.
 
 
Notaro Amico Abinante all’Anima
 
Tribunale di riferimento: Secondo Collaterale
Data dell’ispezione: 3 gennaio 1703
Documento più antico: anno 1578
 
Libri:
Protocolli: Instrumenti ligati in quattro parti sino al 1701; archiviati per la maggior parte; ma manca la sottoscrizione; i non ligati non sono tutti stesi, né sono tutti archiviati e manca la sottoscrizione.
Testamenti e donazioni: si ligano a parte; sono ligati sino al 1701; non tutti archiviati e sottoscritti, pochi quelli sciolti.
Broliardo e Manuale: ligati a tutto l’anno 1702 con loro rubricelle. Il Manuale è steso dal novitio ed è ben scritto, manca però il nome del procuratore in più decreti.
Liber Testium: manca; si continuano a tenerle sino al 1640. Ora si mettono le deposizioni tra l’Instrumenti, Receptorum con le sue giornate distinte.
Liber Accomodatorum: manca.
Registro delle sentenze: manca; si registrano nel Manuale sotto la citazione ad sententiam; l’originale si conserva nella filza Iura diversa.
Mandati: li mandati de trasferendo, resignando, delendo et consegnando sino all’anno 1696 si registravano nel libro Expeditionum, ora se ne conservano copie nella filza Iura diversa.
Citazioni: originali in filza.
 
Filze:
Iura diversa: una per anno.
Apocae privatae: una per più anni.
Cedole del Monte: sogliono tenersi dentro il Pulpito, ma ve ne è una prodotta l’anno 1699.
Testamenti chiusi: 159, il primo è del 1637.
 
 
Notaro Coletti alla Scrofa
 
Tribunale di riferimento: Secondo Collaterale
Data dell’ispezione: 3 gennaio 1703
Documento più antico: anno 1573
 
Libri:
Protocolli: gli Instromenti si ligano presentemente in una parte; ligati sino al 1701, tutti archiviati; per lo più sottoscritti; quelli sciolti sono tutti stesi, ma non tutti sottoscritti e non sono stati archiviati.
Testamenti e donazioni: si mettono con gli altri protocolli.
Broliardo e Manuale: si ligano assieme con le loro rubricelle distinte. Il Manuale è scritto dal novitio; manca il nome del procuratore.
Liber Testium: mancano sino al tempo del Coletti, che ha prodotto molti quinternetti che non bastano per fare un libro.
Liber Receptorum: si sono confrontati li libri Receptorum del signor Pasquarulli, cioè il libro dell’anno 1691 al 1694 e dal 1694 al 1698 e si è avvertito che non solo mancano le giornate, ma molti instrumenti non si trovano tra Protocolli ed un’istrumento di Cambio, che nel protocollo ha le giornate delli 19 febraro 1694, si trova al libro receptorum sotto li 18 detto. Receptorum corrente del signo Coletti: con le sue giornate distinte.
Liber Accomodatorum: manca, mandati trasferendo etc. non si registrano ma si mettono in filza, alla filza delle sentenze.
Citazioni: originali alla filza.
 
Filze:
Iura diversa: una per anno.
Cedulae privatae: una per più anni (sotto chiave).
Monitoria sequestra libelli, sententiae: una per più anni.
Cedole del Monte: nel Pulpito.
Testamenti chiusi: 37, il più antico è del 1629.
 
 
Notaro Giovanni Pietro Caroli vicino Santa Maria in Publicolis
 
Tribunale di riferimento: Secondo Collaterale
Data dell’ispezione: 4 gennaio 1703
Documento più antico: anno 1580
 
Libri:
Protocolli: Instromenti ligati in 4 parti; ligati sino al 1701; archiviati quasi tutti; manca in molti la sottoscrizione; gli sciolti sono tutti stesi e archiviati ma manca in molti la sottoscrizione.
Testamenti e donazioni: presentemente fra i protocolli degli altri istromenti; si tenevano a parte dal 1582 al 1589; in un protocollo dal 1652 al 1659.
Broliardo e Manuale: nell’istesso Broliardo si registrano dietro le Citazioni, conforme in questo offitio si è sempre costumato.
Liber Testium: le deposizioni di testimonij esaminati formiter et ad perpetuam sino all’anno 1693, ligati con i Protocolli; al presente si tengono ligati a parte le deposizioni formiter del 1694 sin al presente per ligarle in protocollo e vi farà la rubricella.
Liber Receptorum: con le sue giornate distinte.
Liber Expeditionum: dove si registrano li mandati de trasferendo.
Sentenze: Manca il registro delle sentenze che si registrano nel Manuale a piè della citazione; l’originale in filza a parte.
Citazioni: si conservano originalmente in filza.
 
Filze:
Instrumenta producta: una per più anni.
Iura diversa: una per anno.
Libelli et Commissiones: una per più anni.
Monitoria, Inhibitiones et Sequestra: una per più anni.
Articoli et Interrogatoria: una per più anni.
Sententiae, Appellationes: una per più anni.
Apoche: per un anno si conservano sotto chiave poi si mettono alla filza Iura diversa.
Cedole del Monte: si tengono dentro al Pulpito.
Testamenti chiusi: 104, il più antico è del 1600.
 
 
Notaro Francesco Taddei alli Giupponari
 
Tribunale di riferimento: Secondo Collaterale
Data dell’ispezione: 4 gennaio 1703
Documento più antico: anno 1579
 
Libri:
Protocolli: Instromenti ligati in 2 parti, presentemente sino al 1701; archiviati fino al 1700, non tutti sottoscritti. Gli sciolti sono tutti stesi, ma non archiviati e quasi tutti sottoscritti.
Testamenti e ultime volontà: ligati a parte sino al 1696 e archiviati, gli sciolti non sono tutti esibiti all’Archivio, né sottoscritti.
Broliardo e Manuale: si ligano assieme con rubricelle distinte. Manuale steso dal novitio (di buon carattere).
Liber testium: ligato a tutto l’anno 1697 (manca la rubricella); li sciolti non sono per anche in stato di ligarsi.
Receptorum: con le sue giornate distinte e con rubricella.
Registro di mandati de trasferendo, delendo, resignando e de consegnando: manca.
Registro delle sentenze: manca, ma si registrano nel Manuale a piè della citazione ad sententiam.
Liber obbligationum et fideiussonum cedularum deperditarum sacri montis: …
Liber bollettinarum eiusdem S. Montis: …
Citazioni: originali si conservano in filza.
 
Filze:
Iura diversa: una per anno.
Cedulae privatae: una per più anni.
Testamenti chiusi: 160, il più antico è del 1635.
 
 
Notaro Girolamo Sercamilli in faccia a palazzo Massimo
 
Tribunale di riferimento: Secondo Collaterale
Data dell’ispezione: 4 gennaio 1703
Documento più antico: anno 1550
 
Libri:
Protocolli: Instromenti ligati in due parti (sino a giugno 1702); poiché il Clarici aveva tralasciato di archiviare molti istromenti, il signor Sercamilli ne aveva fatte fare le copie esibiteci, e quanto prima gl’archivierà; non tutti sottoscritti; i non ligati non sono archiviati e sono per lo più sottoscritti, restano da stendersi pochi istromenti che sono in matrici bene stese.
Testamenti e donazioni: ligati, con gli altri protocolli; dal 1633 al 1649 si ligavano a parte.
Broliardo e Manuale: si ligano assieme con le loro rubricelle distinte.
Manuale: è steso dal novitio, è ben scritto, manca il nome del Procuratore.
Liber testium: sino al 1702, manca la rubricella.
Liber Receptorum: con le sue giornate.
Liber Expeditionum: dove si registrano li mandati di delendo, resignando et altri simili.
Registro sentenze: manca, si registrano nel Manuale doppo la citazione ad sententiam e gl’originali in filza Iura diversa.
Le citazioni: in filza.
 
Filze:
Iura diversa: una l’anno.
Cedulae privatae: una per più anni.
Cedole del Monte: nel Pulpito.
Testamenti chiusi: …
 
 
Notaro Sinolfo Abbatonio a Tor de Specchi
 
Tribunale di riferimento: Secondo Collaterale
Data dell’ispezione: 5 gennaio 1703
Documento più antico: anno 1554
 
Libri:
Protocolli: gl’istromenti si ligano in tre parti (sino ad agosto 1703); archiviati tutti; manca qualche sottoscrizione di quelli Istromenti rogati da giovani che sono partiti dall’offitio. Gli sciolti sono quasi tutti stesi ma non sono archiviati.
Testamenti e Donazioni: si tengono a parte dall’anno 1612 e sono ligati a tutto il 1695, ma per la maggior parte non sono archiviati.
Broliardo: si legano assieme con rubricelle distinte.
Manuale: si fa dal novitio, è di buon carattere e le citazioni per extensum, ligato sino al 1702.
Liber Testium: legato sino al 1701 (con sua rubricella).
Liber Receptorum: con le sue giornate distinte.
Expeditioum: vi si registrano li mandati de trasferendo, delendo, resignando et consegnando.
Registro delle sentenze: manca, si registrano a piè della citazione ad sententiam nel Manuale.
Citazioni originali: si conservano in filza.
 
Filze:
Iura diversa: una l’anno.
Cedulae privatae: una l’anno.
Instrumenti: una l’anno.
Articuli, Sententiae, Monitoria, Interrogatoria, Sequestra, Libelli, Comissiones: una per più anni.
Cedole del Monte e Pagherò: si conservano nel Pulpito.
Testamenti chiusi: 169, il più antico è del 1606.
 
Notaro Camilio Gotti nel Cantone del Pavone
 
Tribunale di riferimento: Secondo Collaterale
Data dell’ispezione: 5 gennaio 1703
Documento più antico: anno 1548
 
Libri:
Protocolli: Instromenti in tre parti (sino a tutto agosto 1701); non tutti archiviati, né sottoscritti; gli sciolti non sono tutti stesi, non sono stati archiviati, né sottoscritti.
Testamenti: legati a parte sin dal 1694, non sono né archiviati, né esibiti per la maggior parte.
Broliardo e Manuale: si ligano tutti assieme con rubricelle distinte.
Manuale: lo fa l’antinovitio ed è ben scritto, legato a tutto l’anno 1701.
Liber Testium: legato a tutto il 1694 (senza rubricella e non cartolato).
Liber Receptorum: con giornate distinte.
Liber Expeditionum: mandati de delendo, trasferendo et consegnando
Sentenze: registrate nel Manuale sotto la Citazione ad sententiam.
Le Citazioni: originalmente si conservano in filza.
 
Filze:
Iura diversa: …
Cedulae privatae: sotto chiave, una per più anni.
Instrumenta producta:
Cedole: si conservano nel Pulpito (presentemente non ve ne sono).
Testamenti chiusi: 188, il più antico è del 1601.
 
 
Notaro Giacomo Filippo Senepa avanti ai Gaetani
 
Tribunale di riferimento: Secondo Collaterale
Data dell’ispezione: 29 dicembre 1702
Documento più antico: anno 1548
 
Libri:
Protocolli: Instromenti ligati in quattro parti (sino al 1701); molti non sono archiviati e né sottoscritti; gli istromenti del 1702 non sono tutti stesi; per la maggior parte non sono archiviati; manca in molti la sottoscrizione.
Testamenti: si ligano a parte e sono ligati sino al 1699; manca in molti l’archiviatione.
Broliardo e Manuale: si ligano assieme con le loro rubricelle distinte.
Manuale: si fa dal novitio (le citazioni sono copiate bene e per estensi, a molti decreti manca il nome dei procuratori).
Libro de testimonij: si fa con li quinternetti conforme comunemente si pratica. Ha la rubricella.
Libro Receptorum: con le sue giornate distinte.
Libro Accomodatorum: dove si notano gl’estratti e le Scritture che si accomodano.
Libro o registro delle sentenze: gli originali si mettono in filza.
Libro Expeditionum: dove si registrano li mandati de consegnando, de trasferendo e delendo.
Citazioni: le originali stanno in una filza lunga.
 
Filze:
Instrumenta: una per più anni.
Iura diversa: una l’anno.
Cedole private: una per più anni e nell’istessa filza si mettono le sentenze originali.
Cedole del Monte: si tengono nel Pulpito. Non si registrano, la più antica è del 1696.
Pagarò: si tengono nella filza delle Cedole private e si registrano nel Broliardo.
Testamenti chiusi e sigillati: 296.
 
 
Notaro Oddi Giacomelli sotto il signor cardinale Imperiali
 
Tribunale di riferimento: Secondo Collaterale
Data dell’ispezione: 30 dicembre 1702
Documento più antico: anno 1580
 
Libri:
Protocolli: Instromenti ligati in due parti (sino al 1701); molti instromenti delli protocolli ligati non sono stati archiviati e nell’anno corrente pochissimi sono archiviati. Non sono sottoscritti. Tutti stesi.
Testamenti e Donazioni: ligati a parte dal 1690 (prima con li Instromenti). E’ vero però che si è trovato un protocollo antico che comincia dall’anno 1581 de testamenti; non ligati dal 1690; molti non archiviati.
Broliardo: si liga assieme con l’esame de testimonij, con le rubricelle distinte. Manca nel corrente anno solamente. Li mandati de Consegnando, delendo et trasferendo si notano nel Broliardo a piè dell’istanza.
Manuale citationum: a parte con sua rubricella. Manca a volte il nome de’ Procuratori. Si fa dal novitio, ben scritto.
Liber Receptorum: con le sue giornate distinte.
Liber Accomodatorum: manca.
Registro delle sentenze: manca, queste si registrano nel Manuale sotto la citazione ad sententiam.
Citazioni: gli originali in filza.
 
Filze:
Iura diversa: una parte l’anno.
Cedolae privatae: una per più anni.
Cedolae; si tengono nel Pulpito, ve n’è una sola.
Testamenti chiusi: antico è del 36, il più 1651.
 
 
Notaro Romolo Saraceni in Fontana di Trevi
 
Tribunale di riferimento: Secondo Collaterale
Data dell’ispezione: 30 dicembre 1702
Documento più antico: anno 1553
 
Libri:
Protocolli: gli Instromenti si tengono in due parti (sino al 1702 e I parte del 1702); non tutti sottoscritti; non tutti archiviati, tutti stesi.
Testamenti: si tengono a parte e cominciano dal 1588; ligati sino al 1701, non tutti archiviati.
Broliardo e Manuale: si ligano assieme con loro rubricelle distinte (sino a tutto il 1701); manca a volte il nome de’ procuratori. Vi è il Manuale de SS. Sanctorum con sue rubricelle. Un altro Broliardo e Manuale del Collegio de Spetiali con le sue rubricelle.
Libro Receptorum: con sue giornate distinte.
Liber Accomodatorum: manca.
Li mandati de trasferendo, delendo e consegnando si pongono per extensum tra le giustificazioni in filza, conforme asserisce essersi praticato sempre in quest’offitio.
Sentenze: le sentenze si registrano nel Manuale sotto la citazione.
Citazioni: gli originali in filza.
Liber testium: a tutto l’anno 1699 con sue rubricelle.
 
Filze:
      Iura diversa: una per anno.
Cedolae privatae, Pagherò: nella stessa filza (stanno serrate).
Una filza de’SS. Sanctorum intitolata Iura diversa
Una filza intitolata Patentis de’ SS. Sanctorum.
Un’altra filza intitolata Computa Aromatariorum.
Cedole del Monte della Pietà: nel Pulpito (presentemente ve n’è una prodotta ultimamente).
Testamenti chiusi: sono nel numero che si darà a Sua Eccellenza
 
Notaro Francesco Maria Ottaviani ai SS. Apostoli
 
Tribunale di riferimento: Secondo Collaterale
Data dell’ispezione: 30 dicembre 1702
Documento più antico: anno 1548
 
Libri:
Protocolli: si ligano [gli Instromenti] in due parti (al presente e tutto giugno 1702); archiviati gli instromenti sino al 1701; non tutti sottoscritti. Restano da stendersi alcuni pochi instromenti dall’24 ottobre .in qua li quali sono rogati in matrici ben fatte.
Testamenti, ultime volontà, Donazioni e renunce: tutte a parte dall’anno 1610, legati a tutto il 1699, tutti archiviati.
Broliardo e Manuale: ligati assieme (1701) con rubricelle distinte. Manuale: si fa dal novitio (buon carattere), manca il nome dei Procuratori.
Libro Receptorum: con le sue giornate distinte.
Liber Testium: legato sino al 1699, con sue rubricelle.
Sentenze: si registrano nel Manuale a piè della citazione ad sententiam.
Mandati de trasferendo: se ne mette copia nella filza del Iura diversa.
Libro Accomodatorum: per più anni.
Citazioni originali: si conservano in filza.
 
Filze:
Iura diversa: una per anno.
Cedolae privatae: una per più anni.
Sententiae et appellationes: una per più anni.
Testamenti chiusi e sigillati: 133, il più antico è del 1697.
 
 
Notaro Antonio Oddi a San Lorenzo de Monti
 
Tribunale di riferimento: Secondo Collaterale
Data dell’ispezione: 30 dicembre 1702
Documento più antico: anno 1536
 
Libri:
Protocolli: gl’Instromenti si ligano in due parti (presentemente, sino a tutto giugno 1702); dall’anno 1698 e 1699 per la maggior parte non archiviati; in alcuni c’è il difetto della sottoscrizione.
Testamenti: a parte dal 1578, legati a tutto il 1697; molti non archiviati.
Broliardo e Manuale: si legano assieme con le loro rubricelle. Manuale è scritto dal novitio, manca il nome de’ procuratori (di buon carattere).
Liber Testium: legato a tutto il 1697; senza rubricella.
Liber Receptorum: con le sue giornate distinte.
Sentenze: si registrano nel Manuale; gli originali si conservano nelle filze delle cedolae privatae.
Mandati: si registrano nel libro Receptorum, cioè delendo.
Liber Accomodatorum: per più anni.
Citazioni: le originali in filza.
 
Filze:
Iura diversa: una l’anno.
Cedolae privatae: sotto chiave per molti anni.
Testamenti chiusi: ne manderà nota a Sua Eccellenza.
 
 
Notaro Giovanni Giuseppe Novij all’Arco de’ Pantani
 
Tribunale di riferimento: Secondo Collaterale
Data dell’ispezione: 31 dicembre 1702
Documento più antico: anno 1523
 
Libri:
Protocolli: Instrumenti ligati in tre parti (1701); alcuni non archiviati e per la maggior parte non sottoscritti; i non ligati non sono tutti stesi, né archiviati, né sottoscritti.
Testamenti e Donazioni: si ligano a parte dal 1625 (1701); non sono tutti archiviati.
Broliardo e Manuale: si ligano assieme con le rubricelle distinte. Il Manuale è steso dal novitio, di buon carattere; le citazioni sono stese per extensum; manca il nome del Procuratore.
Liber Receptorum: con le sue giornate distinte e da qualche anno distingue le ….dalle spedizioni.
Liber Accomodatorum: a per dir un quinternetto.
Sentenze: si registrano nel Manuale doppo la citazione ad sententiam e poi gli originali in filza Iura diversa.
Citazioni: si conservano in filza lunga.
 
Filze:
Iura diversa: una per anno.
Cedolae privatae: una per più anni.
Cedole del Monte: si tengono nel Pulpito, quando vi sono, presentemente non vi è cedola alcuna.
Testamenti chiusi e sigillati: 157, il più antico è del 1606.
 
 
Notaro Domenico Orsini al Gesù
 
Tribunale di riferimento: Secondo Collaterale
Data dell’ispezione: 31 dicembre 1702
Documento più antico: anno 1579
 
Libri:
Protocolli: ligati gli Instromenti in due parti (giugno 1702); non tutti archiviati, per lo più sottoscritti; gli altri non sono tutti stesi, né archiviati.
Testamenti: a partire dall’anno 1579 sino al 1691; i non ligati sono quasi tutti archiviati e ben custoditi sotto chiave.
Broliardo e Manuale: ligati assieme con le rubricelle distinte.
Manuale: è steso dal novitio (di buon carattere), per extensum; manca il nome de’ procuratori; legato per tutto l’anno corrente.
Liber Testium: legato a tutto il 1702 con sua rubricella.
Liber Receptorum: con le sue giornate distinte.
Sentenze: si registrano nel Manuale a piè della citazione e l’originale nella filza iura diversa.
Libretto dove si notano gl’Estratti che si trasportano (Liber accomodatorum).
Broliardi di diversi luoghi pij, cioè Convertite, neofiti, Ospedale de Passi, S. Chiara, S. Giacomo alla Lungara fatti da tempo prima della soppressione de Giudici de luoghi pij privilegiati.
Citazioni: si conservano in filza.
 
Filze:
Iura diversa: una l’anno.
Cedolae privatae: una per più anni; si tiene sotto chiave, si mettono ancora in detta filza li Pagherò.
Cedolae del Monte: stanno in Pulpito sotto chiave, non si poté sapere che presentemente vi fossero, perché il sostituto era fuori dall’Offitio.
Testamenti chiusi e sigillati: 80, il più antico è del 1649.
 

NOTE
[1] Significative sono le parole con cui Elio Lodolini descrive l'operato di Biagio Miraglia ed Enrico De Paoli, avvicendatisi nella direzione dell’Archivio di Stato di Roma negli ultimi decenni dell’Ottocento: «La nomina di due funzionari amministrativi, e soprattutto […] la [loro] scarsa conoscenza di cose archivistiche […] spinsero Miraglia prima e De Paoli poi all'effettuazione di grandi scarti di materiale documentario antico e prezioso, alla distruzione sistematica di grandi fondi, allo smembramento di altri, alla creazione di artificiose miscellanee e ad effettuare 'ordinamenti' secondo metodi cronologici, geografici per materia ecc., cioè nei modi più contrari ad ogni elementare norma archivistica», vd. E. Lodolini, Gli istituti archivistici romani, in L'Archivio di Stato di Roma, a cura di L. Lume con la collaborazione di E. Lo Sardo e P. Melella, Firenze, Nardini editore, 1992, p. 21.
[2] Sull’attività scientifica di Eugenio Casanova, direttore dell’Archivio di Stato di Roma e primo docente universitario di archivistica, vd. A. Petrucci, Casanova Eugenio, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 21, Roma, Istituto della Enciclopedia italiana, pp. 150-151. Su Casanova fondatore della Scuola archivistica romana, vd. E. Lodolini, La scuola archivistica romana del 1870 al 1985, in «Archivi per la storia», a. II, n. 2 (1989), in particolare le pp. 122-138; Eugenio Casanova e la Scuola archivistica romana, in Lineamenti di Storia dell’archivistica italiana. Dalle origini alla metà del secolo XX, Roma, La Nuova Italia Scientifica, 1991, pp. 177-195.
[3] E. Casanova, Archivistica, Lazzari, Siena, 1928, p. 192.
[4] E. Casanova, Norme per gli scarti negli archivi della Reverenda Camera apostolica, in «Gli Archivi italiani», a. VI, n. 3 (1919), pp. 170-175.
[5] Guida Generale degli Archivi di Stato italiani, vol. III, ad vocem Roma, Roma, Ministero per i beni culturali e ambientali, Ufficio centrale per i beni archivistici, 1986, p. 1052 (d’ora in poi Guida generale).
[6] Archivio di Stato di Roma (d’ora in poi ASR), Archivio della Camera, b. 17-18, doc. 18/7: Processo verbale relativo alla segregazione di diverse carte, filze e protocolli esistenti negli archivij de’ segretarij e cancellierij di Camera della Reverenda Camera Apostolica a palazzo Salviati, 13 luglio 1854. Sul ruolo dei notai nella redazione delle scritture mercantili, comprese quelle legate ai fallimenti, vd. R. Ago, Economia barocca. Mercato e istituzioni nella Roma del Seicento, Roma Donzelli, 1998, in particolare le p. 141 ss.
[7] Sugli archivi camerali, vd. M. G. Pastura, La reverenda Camera apostolica e i suoi archivi (secoli XV-XVIII), Roma, Archivio di Stato di Roma, 1984; R. Pittella, A guisa di un civile arsenale cit.
[8] E. Lodolini, La formazione dell’Archivio di Stato di Roma (nascita travagliata di un grande istituto), in «Archivio della Società Romana di Storia Patria», a. XCIX, I-IV (1976), pp. 309-310.
[9] Guida generale, p. 1036. Si veda inoltre E. Lodolini, L’Archivio di Stato di Roma dallo smembramento alla ricostruzione dei fondi, in «Rassegna degli Archivi di Stato», a. XLIV, 44 (1984), pp. 23-67.
[10] Che si trattasse di un lavoro «lunghissimo» dai «risultati incerti» era chiaro agli stessi ideatori di quel progetto. Così si legge nella Guida generale, p. 1045: «è iniziato il lavoro sistematico di studio delle magistrature e dell’individuazione – sulla carta – dei loro archivi frammentati in serie e fondi diversi (in particolare la Computisteria e le Presidenze), grazie anche all’inventariazione delle miscellanee, in particolare camerali, nella prospettiva di un recupero degli archivi che le compongono. Si deve però ribadire che il lavoro in questo senso sarà lunghissimo e i risultati forse molto incerti, anche se una maggiore articolazione di certi complessi di documentazione camerale e di alcune miscellanee non potrà che rendere effettivo e prezioso servizio agli studi e alla cultura».
[11] Si veda a tal proposito R. Pittella, «A guisa di un civile arsenale». Carte giudiziarie e archivi notarili a Roma nel Settecento, in A. Giorgi, S. Moscadelli, C. Zarrilli (a cura di), La documentazione degli organi giudiziari nell’Italia tardo-medievale e moderna, Atti del convegno di studi (Siena 15-17 settembre 2008), vol. II, Roma, Ministero per i beni e le attività culturali, Direzione generale per Archivi, 2012, pp 669-768.
[12] C Pavone, Ma è poi tanto pacifico che l’archivio rispecchi l’istituto?, in «Rassegna degli Archivi di Stato», n. XXX (1970), pp. 145-149. Scrive Pavone: «l'archivio rispecchia innanzi tutto il modo in cui l'istituto organizza la propria memoria, cioè la propria capacità di autodocumentarsi in rapporto alle proprie finalità pratiche». E aggiunge: «è a questo scopo che l'archivio riceve un 'ordine'»: ivi, p. 149.
[13] Bloch ….
[14] R. Pittella, Labirinti archivistici e contesti istituzionali, in A. Groppi (a cura di), Gli abitanti del ghetto di Roma. La Descriptio Hebreorum del 1733, Roma, Viella, 2014, pp. 161-188.
[15] In riferimento al «de ardine in archivis servando», Baldassarre Bonifacio sottolinea la libertà accordata agli archivisti nell’organizzazione delle carte, precisando che «perfecte ordinare Dei solius est, et ordo ipse est quiddam divinum», Bathassaris Bonifacii, De Archiviis, Venetiis, Petrum Pinellum typographum ducalem, MDCXXXII, cap. IX.
[16] R. Pittella, A guisa di un civile arsenale cit.
[17] G. Cencetti, Sull’archivio come “universitas rerum”, in «Archivi», VI, 1937, pp. 7-13; Id., Il fondamento teorico della dottrina archivistica, in «Archivi», VI, 1939, pp. 7-13.
[18]Il riflettersi delle dinamiche per la conquista del potere nelle liturgie sacre e profane e nei processi di descrizione e autorappresentazione è ampiamente documentato dal volume a cura di F. Cantù, che centra l'attenzione non solo sul potere regio ma anche su quello delle élites: I linguaggi del potere nell'età barocca, vol. I, Politica e religione, Roma, Viella, 2009.
[19] C. B. Piazza, Eusevologio romano, overo delle opere pie di Roma, accresciuto e ampliato secondo lo stato presente, Roma, Cesaretti e Paribeni, 16982, cit., pp. 173-177.
[20] Sugli archivi di Antico regime, vd. A. Giorgi, S. Moscadelli, Conservazione e tradizione di atti giudiziari d’Antico regime: ipotesi per un confronto, in A. Giorgi, S. Moscadelli, C. Zarrilli (a cura di), La documentazione degli organi giudiziari cit., vol. I, pp. 37-138. E degli stessi autori: «Ut ipsa acta illesa serventur». Produzione documentaria e archivi di comunità nell’alta e media Italia tra medioevo ed età moderna, in Archivi e comunità tra Medioevo ed età moderna, a cura di A. Bartoli Langeli, A. Giorgi, S. Moscadelli, Siena, Ministero per i Beni e le Attività culturali, 2009, pp. 1-110.
[21] Sugli archivi notarili romani, vd. R. Pittella, A guisa d’un civile arsenale cit.,; Id. «Brogliardi scomposti, carte lacere e guaste. Reliquie dolorose di una lunga e penosa Odissea». Gli Archivi dei Trenta Notai Capitolini nel passaggio dal governo pontificio al Regno d’Italia, in A. Gottsmann, P. Piatti, A. E. Rehberg (a cura di), Incorrupta Monumenta Ecclesiam defendunt. Studi offerti a mons. Sergio Pagano, prefetto dell’Archivio Segreto Vaticano, vol. II, Archivi, Archivistica, Diplomatica, Paleografia, Città del Vaticano, Archivio Segreto Vaticano, 2018, pp. 711-725; Id., L’attualità della Sollicitudo pastoralis officii per Camillo Cybo prefetto degli Archivi dello Stato Ecclesiastico (1710), in O. Verdi, R. Pittella (a cura di), Notai a Roma. Notai e Roma. Società e notai a Roma tra medioevo ed età moderna, Atti della giornata di studi (Roma, 30 maggio 2017), Roma, Roma nel Rinascimento, 2018, pp. 187-204.
[22] L'idea che sia esistito un archivio del tesoriere generale ritorna più volte anche nella Guida generale, dove, in riferimento al Camerale III, così si legge: «la miscellanea […] nasconde l'archivio del tesoriere generale soprattutto dal periodo in cui questo importante magistrato, in seguito alla legislazione di Sisto V che specificò e ampliò le sue prerogative e competenze, assunse, nell'ambito camerale, grande preminenza»: Guida generale, pp. 1077-1078.
[23] In La documentazione degli organi giudiziari si vedano le considerazioni conclusive di G. Bonfiglio Dosio, Ancora notai: qualche riflessione conclusiva, pp. 1135-1143 e G. G. Fissore, Notariato e istituzioni: il punto di vista di un diplomatista, pp. 1145-1152.
[24] Il dossier che documenta l'attività svolta dalla Congregazione presieduta dal cardinale Marescotti è conservato nell'Archivio di Stato di Roma in parte nel fondo Camerale II, Notariato, b. 3, in parte nella Miscellanea Congregazioni diverse (o Congregationes particulares deputatae) sotto la voce Congregatio super visitatione ac reformatione officiorum et archiviorum notarium urbis (b. 1). Per gli ordini impartiti dalla Congregazione, vd. Decreta et provisiones Congregationis super Visitatione ac riformatione Officiorum & Archiviorum Notariorum Urbis, Romae, ex Typographia Reverendae Camerae Apostolicae, MDCCIV (una copia è conservata in ASR, Camerale II, Notariato, b. 3; altre due nel vol. n. 43, cc. 91-143, del fondo Congregazioni particolari deputate).
 
[25] I notai Lorenzo Belli, Francesco Franceschini, Stefano Babucci, Marco Giuseppe Pelosi, tutti afferenti all'Uditore di Camera; il notaio Giovanni Leone in veste di scrittore dell'Archivio Romanae Curiae: ASR, Camerale II, Notariato, b. 3.
[26] I notai Astolfo Galloppi, Antonio Petrucci, Domenico Liberati, Giovanni Antonio Tartaglia, tutti segretari e cancellieri della Reverenda Camera: ibid.
[27] Fabio Ferdinando Cialli, Giovanni Domenico de Rossi, Nicola de Rossi, Pietro Antonio Quintilij, «notari del cardinal Vicario»: ibid.
[28] I notai Cesarini, Francesconio, Cicelli, Biondi, tutti afferenti al Tribunale della Sacra Rota: ibid.
[29] «Notari civili di Monsignor Governatore di Roma», come li definisce monsignor Marescotti: ibid. Con istrumento datato 10 maggio 1624, palazzo Nardini, “situato nella via dritta del Parione”, fu ceduto in affitto dai guardiani della Compagnia o Confraternita del SS. Salvatore ad Sancta Sanctorum per 1150 scudi l'anno alla Camera Apostolica, che lo attribuiva al Governatore «per commodità de suoi uffiziali e di tutti i curiali», «et minor incommodità di trasportare le scritture così spesso, come si faceva prima», vd. N. Del Re, Monsignor Governatore di Roma, Roma, Istituto di Studi romani Editore, p. 40.
[30] Sul rapporto stabilito tra centro e periferia dagli organi giudiziari pontifici, vd. I. Fosi, Il governo della giustizia nello Stato ecclesiastico tra centro e periferia (secoli XVIe-XVIIe), in Offices et papauté (XIV-XVII siècle). Charges, hommes, destins, a cura di A. Jamme, O. Poncet, Rome 2005, pp. 215-235; Ead., «Beatissimo Padre»: suppliche e memoriali nella Roma barocca, in Suppliche e gravamina. Politica, amministrazione e giustizia negli stati italiani e nel Sacro Romano Impero, a cura di C. Nuvola, A. Würgler, Bologna 2002, pp. 343-365.
[31] Francesco Floridi, nella piazza di Campo Martio; Giuseppe Coletti, successore del Pasquarucci alla Scrofa incontro S. Ivo; Stefano Giuseppe Orsini, in piazza Madama; Amico Abimonte, vicino alla chiesa dell'Anima; Girolamo Sercamilli, passato S. Pantaleo per andare a S. Andrea della Valle; Angelo Perelli, al Pellegrino per andare alla Cancelleria; Francesco Taddei, al Monte di Pietà; Giovanni Pietro Caroli, a S. Carlo de Catinari per andare a piazza Mattei; Sinolfo Abbatonio, nel cantone passato Tor di Specchi; Lodovico Faventi, in piazza Montanara; Lorenzo Rosselli, a Ponte Quattro Capi; Agabito Ficedola, a Ponte Sisto; Emilio Gotti, al Banco di S. Spirito; Francesco Cantarelli, a S. Eustachio; Ilario Bernardini, incontro S. Chiara; Giovanni Carlo Lamparini, alla strada che dalla Ciambella va a S. Andrea della Valle; Giovanni Battista Bonanni, nella piazzetta dell'Olmo; Domenico Orsini, nella piazzetta del Gesù; Giacomo Filippo Senapi, nel Corso incontro Gaetani; Domenico Gioacchini, dentro strada Fratina; Giovanni Carlo Mancini, vicino all'Angelo Custode; Romolo Saraceni, nella strada delle Moratte; Simone Conti, nella stessa strada delle Moratte incontro al Saraceni; Giovanni Battista Oddi Iacobelli, nel Corso incontro al marchese Lanci; Marino Vitelli, nel Corso incontro il cardinal Pamphilj; Francesco Maria Ottaviani, nella strada de SS. Apostoli; Giovanni Antonio Cimarroni, alla colonna Traiana; Antonio Oddi, nella piazzetta di S. Lorenzolo; Giovanni Giuseppe Novio, alli Pantani; Marino Francesco Vanni, incontro S. Quirico. ASR, Camerale II, Notariato, b. 3.
[32] Questo tema è stato approfondito da A. Bartoli Langeli, Notai. Scrivere documenti nell’Italia medievale, Roma 2006, p 11.
[33] Ibid., p. 10.
[34] Il Collegio dei Trenta Notai Capitolini fu istituito il 29 dicembre 1586 con la costituzione Ut litium diuturnitati, di cui, nell’Archivio di Stato di Roma (d’ora in poi ASR), si conserva una copia manoscritta e una a stampa. Per la copia manoscritta: Cam. I, Signaturarum SS.mi, reg. 3, ff. 266r-272r. Per la copia a stampa: Collezione dei bandi, b. 6, alla data.
[35] G. Moroni, Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica, vol. LXIV, Venezia, Tipografia emiliana, 1840-1861, vol. LXIV, p. 47.
[36] Sui trenta Notai capitolini, vd. M. L. Lombardo, Il notaio romano tra sovranità pontificia e autonomia comunale (Secoli XIV-XVI), Roma, Giuffré, 2012; Laurie Nussdorfer, The Broken of Public Trust. Notaries in Early Modern Rome, Baltimore, Jonhs Hopkins University Press, 2009; O. Verdi, «Hic est liber sive prothocollum». I protocolli del Collegio dei Trenta Notai Capitolini, in «Roma moderna e contemporanea», XIII (2005), 2-3, pp. 427-468; Angela Groppi, Fili notarili e tracce corporative: la ricomposizione di un mosaico (Roma, secc. XVI-XVIII), in «Mélanges de l’Ecole française de Rome. Italie et Méditerranée», 112/1, pp. 61-78; R. Ago, A. Camerano, M. D’Amelia, E. Parisi, I Trenta Notai Capitolini. Schedatura dei protocolli del 1645, in Popolazione e società a Roma dal Medioevo all’età contemporanea, a cura di E. Sonnino, Roma, Il Calamo, 1998, pp. 373-397.
[37] La citazione è tratta dalla versione a stampa della costituzione Ut litium diuturnitati, cfr. supra n. 1.
[38] Riguardo ai criteri archivistici adottati dai notai romani in età moderna, rimando a Raffaele Pittella, A guisa di un civile arsenale cit.
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