Discorso circa la soppressione del Collegio dei Segretariati Apostolici fatta dalla Santità di Nostro Signore Papa Innocenzo XI

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Trascrizione a cura di Roberto Fiorentini

Discorso circa la soppressione del Collegio dei Segretariati Apostolici fatta dalla SS. di N. Signore Papa Innocenzo XI, 1678.

 

Frontespizio

DISCORSO

CIRCA LA SUPPRESSIONE

DEL COLLEGIO

DE SECRETARIATI

APOSTOLICI

Fatta dalla Santità di N. Sig.

Innocenzo XI.

Col presupposto di parlare principalmente con persone

Disappassionate, savie, & erudite, secondo

Il detto dell'Apostolo

Scientibus enim legem loquor.

IN ROMA, Nella Stamperia di Bartolomeo Lupardi Stamp-

Pator Camerale, e Vaticano, 1678.

CON LICENZA DE' SUPERIORI.

 

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Imprimatur,

Si videbitur Reverendiss. Patri Sacri Palatij

Apostolici Mag.

I.De Ang. Arch. Urb. Vicesg.

 

Imprimatur,

Fr. Raymundus Capisuccus Sacri Palatij

Apostolici Magister Ordinis Praedica-

torum

 

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Il Principe sovrano è esente dall'obligo di render conto delle sue operationi ai propri sudditi, come sciolto da ogni vincolo di legge humana, per esser solamente soggetto alla legge Divina, la quale contiene in se quell'altra legge non scritta, che si dice di natura, e per conseguenza è tenuto a render conto delle sue azioni a Dio solo; Imperciòche quell'obligo, al quale, così i Giuristi, come i Teologi, e più i Politici lo stimano soggetto nell'osservare quella legge parimente non scritta, & ideale, la quale si dice delle genti, camina a rispetto degli altri Prencipi come uguali, ovvero degli altri, i quali non siano suoi sudditi; E ciò per quella ragione, che con essi non fa figura di Signore, e di sorano, ma più tosto di privato contraente, non già a rispetto de sudditi.

E se bene gli accennati Teologi, e Giuristi distinguendo due specie di podestà, ordinaria, & assoluta, niegano alla prima ogni vigore, quando non vi concorra la causa publica anche con i sudditi, e particolarmente ne' contratti corrispettivi, ne' quali è stimato come un privato contraente, concedendosi il dipiù alla podestà assoluta; Nondimeno ciò, che sia nel foro interiore, a rispetto del quale si lascia il suo luogo alla verità, per quel che appartiene all''steriore, del quale solamente si parla, quando vi concorra la certa, e la determinata volontà del sovrano, tal distinzione merita più tosto dirsi favolosa, & ideale, come fondata nella sola formalità delle clausole, e delle parole in modo che ciò merita annoverarsi tra le semplicità de' sudetti Professori.

Tuttavia a guisa di quello, che le leggi dispongono del medesimo Prencipe, che quantunque sia sciolto dalle leggi, deve nondimeno per quella forza, che li fa la ragione, e la conve=

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nienza, secondo quelle vivere, e regolare le sue azioni, per lo che i medesimi Professori distinguono le due specie di forza una chiamata coattiva ne sudditi, e l'altra direttiva nel Prencipe, o in altro Superiore; Si stima onesto, ragionevole, e degno di molta lode, quando l'atto sia compatibile col mantenimento del decoro, e con la conservazione della maestà, che anche il Sovrano faccia tal rendimento di conto, e giustifichi le sue operationi con i sudditi, così per maggior soddisfazione, e consolazione de medesimi, acciò non apprendano, che si voglia adoperare quella podestà assoluta, l'esercizio della quale, quando non vi concorra la giusta causa, produce la tirannia; Come ancora per giustificarsi appresso gl'altri Prencipi, e Popoli non sudditi, da' quali siano sinistramente intese quell'azioni, le quali veramente sono giuste, e ben regolate, onde possono cagionar scandalo, o sinistro concetto pregiudiziale al buon governo del Prencipato, e della Republica, regolandosi col detto dell'Apostolo, che siamo debitori non solamente ai Savi, ma anche agli ignoranti, de quali maggiormente abonda, & è ripieno il Mondo.

Maggiormente, quando l'azione ferisce l'interesse d'alcuni privati; Imperciòche vene.do l'intelletto umano troppo affascinato, & alterato dalla passione dell'interesse proprio, quindi segue,  che ogni azione per buona, e per ragionevole, che sia, venga stimata per mala, e per irragionevole, per lo che se ne fanno le doglianze, e se ne spargono i clamori, ai quali con molta facilità dal volgo si presta credito, e senz'altro discorso si forma il giudizio, così per l'uso più comune del volgo ignora.te di fermarsi nella prima operazione dell'intelletto senz'altro discorso; come ancora per la gran simpatia, & amicizia stretta, che ha il Genere humano con la satira, e con la maldice.za anche quan=

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do sia de privati uguali, molto più, e senza paragone, qua.do sia de Principi, e de Superiori; Imperciòche aborrendo naturalm.te l'Uomo di ubbedire, e riverire un'altr'Uomo, il quale dalla natura è creato adesso uguale, e costringendolo a ciò la forza, non sa in altro modo sfogar la sua passione, che col censurare, e malignare le sue operationi; Che però conviene disincerarle al possibile, e di publicare quei motivi, che le rendono giuste, e ragionevoli.

E se ciò procede generalmente in ogni Prencipe, & in ogni commandante, molto più deve praticarsi dal Papa, anche in quello, che riguarda il governo politico, e civile del suo Prencipato temporale; Imperciòche se bene in questo non si considera come Capo, e Vescovo della Chiesa Universale, e come Vicario di Christo, ma come ogni altro Prencipe temporale, essendo quelle due persone formali affatto distinte, benché siano congionte in un'istessa persona materiale. Tuttavia questa unione in esso cagiona qualche magior obligo, così perché il volgo ignorante non capisce sì fatta distinzione, né a quella riflette; come anche perché essendo Padre, Pastore, e Maestro degli altri Prencipi, e Popoli Christiani, deve a questi servir di norma, e d'essemplare anche in quello, che riguarda il governo della sua Casa privata, per la sentenza troppo volgare dell'Apostolo parlando del Vescovo, che non facilmente saprà ben governar la Chiesa quello, il quale non sappia ben governare la propria Casa.

Venendo dunque all'essame del Tema proposto. Costumandosi per la Sede Apostolica, e per i Sommi Pontefici da tempo antico, senza che fin'hora si habbia certa notitia del principio, e della primiera introduzione di havere un certo numero de Segretarij Apostolici versati, & eccellenti in ogni genere di lettere, e de negozij, così per la spedizione de Brevi, e delle lettere Apostoliche, come per il maneggio de più gra=

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vi affari, e negotij appresso i Prencipi, e le Republiche, e de quali Segretarij le più antiche memorie fin'hora si hanno negli atti de primi Pontefici, dopo la cessatione dell'ultimo più di tutti lungo, e più pernicioso Scisma sedato nel Concilio di Costanza, cioè Martino V., & Eugenio IV., e non essendo di essi stabilito il numero, il che cagionava molti inconvenienti; Il Pontefice Callisto III. lo stabilì, e li prefisse in sei, a guisa di quel, che Eugenio IV., Sisto IV., & il medesimo Calisto, & altri Pontefici fecero ne Tribunali della Signatura, e della Ruota, e della Camera, & in altri Collegij della Curia, e lo confermò il Pontefice Pio II. negli atti del quale si leggono, che fussero officij venali, uno de quali col pagamento del suo prezzo ne concedè al celebre Historico Platina Scrittore della vita de Sommi Pontefici, il quale dal Pontefice Paolo Secondo Successore ne fù privato, del che dolendosi egli acerbamente, e con qualche eccedente resentimento, ne riportò una lunga carcerazione di trè anni, & altri travagli, conforme da esso medesimo nella vita del detto Pontefice Paolo II. si narra. E negl'atti di Sisto IV. Successore si fa parimente menzione di questi Segretarij per occasione d'una lite di precedenza trà essi, e gli Avvocati Concistoriali a loro favore decisa.

Essendo dunque le cose in questo stato, il Pontefice Innocenzo VIII. nell'anno 1487. ritrovandosi la Santa Sede, e la Camera Apostolica in un gran bisogno di denaro a segno, che per alcune spese, che bisognò farsi per liberare la Città di Roma dall'insolenze, e delitti di alcuni uomini armati, li convenne d'impegnare ai Mercanti per cento mila scudi il Triregno, ovvero la mitra gioiellata, & altri arnesi pretiosi Pontifici, accrebbe il numero de sudetti Segretarij in altri dieciotto, si che il loro Collegio fusse in tutto di ventiquattro, concedendoli molte

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prerogative, e particolarmente creandoli veri Prelati del Palazzo Apostolico, e famigliari, con assegnarli alcuni emolumenti, in riguardo de quali questo nuovo Collegio li pagò scudi 62400. d'oro di Camera, che in quel tempo importavano scudi 85. mila in circa di moneta per estinguere il debito suddetto, narrando che ciò fusse per cagionare molto decoro, e maestà alla Sede Apostolica, & alla Corte Romana, e disponendo, che in caso di revocazione, o alterazione di questi offici se li dovesse restituire l'intiera somma de sudetti 62400. ducati senza che possa pretendersi imputatione alcuna degli emolumenti, che tratanto si ottenessero; E riservandosi la facoltà di elegere, e deputare di vantaggio un Segretario domestico, dell'opera del quale potesse il Papa pro tempore valersi per l'espeditioni segrete.

E perché alcuni poco idonei, e immeritevoli desideravano, e procuravano con varij modi d'ottenere sì fatti officij contro il suo desiderio, e mente, che era stata, & era, che a questo Collegio si ammettessero solamente persone qualificate per la buona amministratione dell'officio, però con altro suo Breve nell'anno 1488. dichiarò, che niuno si ammettesse, il quale precedente l'essame non fusse approvato, e ricevuto dall'istesso Collegio.

Di questi officij Alessandro VI. immediato Successore nell'anno 1502. ne donò uno in perpetuo all'Ospedale del Salvatore ad Sancta Sanctorum, e nell'anno 1539. Paolo III. facendo una permuta con l'Ospedale di San Spirito delli Casali posseduti dalla Camera Apostolica di Palidoro, Statua, e Tolometo con li Castelli di Borghetto, San Leonardo, Crocchiano, e Valerano, e la Tenuta di Falarese, posseduti per detto Ospedale per una sovrabbondante ricompensa concedè al detto Ospedale parimente in perpetuo un altro de medesimi officij,

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e nell'anno 1561. possedendosi a vita uno di questi officij per il Cardinal Farnese, questo col beneplacito di Pio IV. lo diede al Capitolo di S. Eustachio per scudi undici mila in pagamento di parte del prezzo d'un Casale, che comprò dal Capitolo per scudi quindici mila col patto, che nel caso (fin d'all'hora previsto, e forse temuto) della soppressione, & annichilazione di questi officij, fusse tenuto pagare i detti scudi undeci mila, overo restituire il Casale col ripigliarsi i restanti scudi quattro mila da esso pagati.

Ma perché essendo vacato uno di questi officij, i quali secondo la prima convenzione spettavano al Collegio, il Beato Pio Quinto nell'anno 1568. lo vendè per scudi cinque mila cinque cento per valersene nelle spese della famosa Armata Navale contro il Turco, e di ciò risentendosi il Collegio si venne a certa convenzione, e con tal'occasione questo Pontefice confermando gli antichi Privilegij, e concedendone anche degli altri, stabilì con un moto proprio, tra l'altre cose, che in ogni caso di soppressione, o alterazione di questi officij dovesse il Papa restituire a ciascun'officiale quel denaro, per il quale costasse che havesse comprato, ovvero havuto l'officio.

E finalmente col presupposto, che tra il suddetto Segretario domestico de Brevi, & il Collegio nascessero continue discordie, Sisto Quinto nell'anno 1586. con la narrativa, che il medesimo Collegio fusse ripieno d'uomini insigni, & atti alla spedizione de negozij, supprimè il detto Segretariato domestico, e l'unì al Collegio, dal quale in ricompensa li furono pagati scudi venticinque mila d'oro, per i quali non havendoli alla mano, ottennero facoltà d'erigere un Monte non vacabile a sei per cento, con l'obligo d'estinguerlo nel termine di anni sei, e che non estinguendolo il Tesoriero valersi

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degli emolumenti per far l'estintione; Come anche nell'anno seguente il medesimo Sisto supprimè l'altro Segretariato domestico dei Brevi ai Principi, e parimente l'unì al Collegio, il quale perciò li pagò altri scudi dodici mila d'oro, per i quali ottenne di fare un'altra aggiunta al detto Monte con la proroga dell'estinzione per anni dodici, benché mai quella fù seguita,si che il Monte anche di presente dura, ridotto nell'anno 1669. da Clemente Nono al quattro per cento, con l'obligo d'estinguerlo nel termine d'anno dodici. Essendoli anche per Gregorio XV. nell'anno 1623. in occasione d'alcune discordie nate tra il Collegio, e la Camera concedute alcune altre gratie, che non fanno al proposito, del quale si tratta.

Essendo le cose in questo stato, assonto al Ponteficato la Santità di Nostro Signore Innocenzo Undecimo, volendo, come era di dovere, per ben sodisfare all'officio suo haver contezza, & esatta informazione delle cose più notabili, le quali appartengono all'uno, & all'altro Prencipato spirituale, e temporale, fra l'altre cose ha riconosciuto lo stato di questi Officij de Segretarij Apostolici havendo a ciò dato un grand'impulso l'istanze fatteli nel principio del Ponteficato per parte del Collegio contro la Camera per la bonificazione, ovvero supplezione di quell'interesse, che importasse il Privilegio di franchizia nelle spedizioni conceduto per la santa memoria di Clemente Decimo a gl'Uditori della Ruota.

In questa recognizione dunque si sono ritrovati trè inconvenienti, ciascuno de quali meritarebbe dirsi giusto motivo di sopprimere sì fatti Officij, e Collegi. Il primo, perché cessano totalmente, così la ragione, come il fine di sopra accennati, per i quali questo Collegio fù introdotto, e rispettivamente aumentato; Imperciòche i possessori degli officij de fatto non hanno amministrazione, perizia, & essercizio alcuno nella

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spedizione de negozij, mentre così il Segretario de Brevi, come quello delle lettere, o Brevi ai Prencipi come versati nel mestiere si sogliono deputare ad arbitrio del Papa fuora del Collegio né l'offitio porta seco la Prelatura, e quell'altre qualità, e prerogative, che di sopra si sono accennate, conferendosi a persone secolari per lo più inesperte, & in età tenere, a guisa di quegli altri officij Popolari, i quali sono in commercio per il solo comodo, & interesse borzale senza alcuna amministrazione, e senza che si richieda l'industria della persona, posciache se bene il caso porta, che alcuni Signori Cardinali, e Prelati qualificati siano possessori d'alcuni officij, tuttavia ciò segue per accidente, non già che il Cardinalato, o la Prelatura, ovvero la perizia, & industria personale si habbia in considerazione; Che però vi entra la regola comunemente ricevuta così da Filosofi, come da Teologi, e da Giuristi, & anche da politici, che quando cessa la causa, deve cessare l'effetto, né si devono permettere le cose inutili, come aborrire dalla natura, e dalla ragione.

L'altro inconveniente è quello delle liti, e controversie, che la pratica insegna d'essere nate tra questo Collegio, e la Camera in tutti i tempi antichi, e moderni, e particolarmente sotto i Pontificati del B. Pio V., di Sisto V., Clemente VIII., Gregorio XV., e del presente Pontefice regnante portando ciò l'altro inconveniente della restrizione della potestà del Papa nel fare le grazie, e nel concedere le franchizie delle spedizioni.

E il terzo inconveniente di tutti maggiore, e palpabile è quello del grand'interesse, e pregiudizio, che da questi offici riceve la Camera, il che se in ogni tempo quando anche la Camera fusse molto affluente, è degno di essere considerato, molto più merita una gran considerazione in questi tempi, che la

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Camera si ritrova tanto esausta, & in stato quasi di depressione.

Imperciòche essendosi calcolato quanto sia pervenuto in Camera per il prezzo de gl'offici da gl'hodierni possessori, ovvero da' loro Autori, si è ritrovato che il tutto ascende a scudi ducento mila di moneta in circa, per i quali ha pagato di frutto sopra scudi quarantamila l'anno, ragguagliando un'anno coll'altro, in modo che l'interesse è più del venti per cento.

Nasce quest'inconveniente da trè cause, l'una perché quando son seguite le vacanze, i Pontefici son stati soliti in gran parte farne donavito a Parenti, o altri amorevoli; L'altra perché essendo il prezzo in somma considerabile; L'altra perché essendo il prezzo in somma considerabile, e concedendosi nell'accennata Bolla d'Innocenzo Ottavo tra gl'altri privilegi quello, che ne sia lecita la rassegna in qualunque stato anche di pericolosa infermità; Quindi segue, che per lo più quest'officij, i quali di loro natura si concedono per la vita d'un'huomo, contro la loro natura si rendono quasi che perpetui, mentre con le rassegne trapassano per molte mani, a segno che uno di essi dura per anni cento tredici, l'altro per anni cento nove, l'altro per anni novantasei, e così negl'altri benché di minor tempo; E la terza perché trè de medesimi officij sono perpetuamente, in mani morte, cioè in potere de sudetti trè luoghi Pij.

Per queste ragioni dunque, & anche per sollievo della Camera, la quale in tal modo acquistarà una rendita di scudi trenta mila in circa l'anno netti, detratto quell'interesse, che lì converrà pagare per il prezzo, che dovrà restituire, col parere d'una Congregatione a tal'effetto deputata, fù stabilito fin dal principio del mese di Decembre passato di venire alla soppressione di questi officij.

Ma perché nacquero molti dubij, de quali a basso si discorrerà,

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sopra la restitutione del prezzo da farsi a ciascuno; Però, stante l'istanze d'alcuni interessati, per togliere a questi ogni pretesto di doglianza, che la Congregazione fusse costituita per lo più dai Ministri della Camera, e della Dataria da essi stimati parziali, furono aggiunti altri quattro Prelati più tosto confidenti, e parziali de medesimi interessati, & essendosi tenute sopra ciò trè Congregationi, è seguito, che nello spazio di quattro mesi non è nata determinazione alcuna, con molta probabilità, che per la molteplicità, e perplessità degli articoli, & anche per la difficoltà di radunare questa Congregatione per lo più costituita da persone occupatissime, conforme particolarmente sono il Sig. Cardinal Cibo, e li Monsignori Datario, e Sotto-Datario, Tesoriero, e Commissario della Camera, e l'Auditore di Nostro Signore, fusse per andar la cosa molto alla lunga, non senza qualche probabile argomento, che le lunghezze studiosamente si affettassero per gl'interessati, all'effetto che valendosi del beneficio del tempo, godessero trà tanto de pingui emolumenti dell'officio con la speranza, che sopragiungendo altri negozii di maggior premura, ai quali convenisse più applicare, questo si abbandonasse, e si desse all'oblivione conforme in tant'altre cose la pratica ha insegnato, che però questo suol essere uno de più frequenti arteficij della Corte.

Quindi Nostro Signore con la sua somma prudenza, e zelo ha risoluto di venire alla suddetta soppressione in essecutione dello già stabilito sin dal principio dell'accennato mese di Decembre, il che sempre nelle Congregationi si è presupposto come negozio finito, ordinando a Monsignor Tesoriere, che paghi prontamente a Possessori de gl'officij quel denaro, che consti d'essersi realmente per essi immediatamente, ovvero mediatamente per i loro Autori, dai quali se li è rassegnato

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l'officio, pagato all'Officiali della Dataria, così in causa di prezzo, come di componenda, o altra spesa per la spedizione, commettendo al medesimo, che col voto della Ruota, proposta ogni appellatione, decida, e giudichi se la Camera sia tenuta ad altra restitutione, provedendo quanto ai luoghi Pii nel modo che di sotto si dirà di essi trattanto.

Premessa questa serie di fatto, la di cui distinta notitia si stima totalmente necessaria per formar bene il giuditio sopra quel che passa, e venendo all'esame del negotio. Quattro sono i punti più generali, i quali cadono sotto questa ispezione. Il primo sopra l'atto della soppressione del Collegio in generale se con la podestà ordinaria, e senza valersi della pienezza dell'assoluta, si sia pottuta giustamente fare. L'altro sopra la narrata provisione di restituire per hora solamente quel denaro, che è pervenuto in potere della Camera, rimettendo all'essame della giustitia la restitutione del di più. Il terzo nel commetter questa cognitione al Tesoriero col voto della Ruota; Et il quarto, il quale ne contiene sotto di se molti sopra quel di più, che dagl'interessati si pretende doversegli pagare dalla Camera, benché non l'habbia ricevuto.

Quanto al primo punto della soppressione in generale ad evidenza la giustificano i trè inconvenienti accennati nella narrazione del fatto. Il primo cioè della cessatione della causa, ovvero del fine, per il quale questo Collegio fù eretto, si che di presente rimane inutile, e superfluo. Il secondo, perché produce frequentemente liti, e controversie con la Camera, e toglie al Papa la libertà di far grazie. Et il terzo del grande interesse, e della gran lesione, che ne risulta alla Camera. E a questi si aggiunge il quarto della resolubilità, la quale di sua natura è annessa a questi officij, per non dare altrimenti l'inconveniente contrario ad ogni legge scritta, e naturale,

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che il Prencipe successore per il fatto de Predecessori debba esser costretto con grave danno, e pregiuditio della Republica a patire una perpetua servitù, e non potersi già mai liberare da un grave peso, né di poter mutare la forma del governo, il che se si stima inconveniente, & irragionevole anche ne' Principati hereditarij, molto più negli elettivi, ne quali il fatto de Predecessori obliga molto meno i Successori di quel, che sia ne gl'hereditarij.

Il che più chiaramente si comprova dalla Bolla d'Innocenzo Ottavo sopra l'erezzione, mentre in quella si prevede, e si presuppone il caso della soppressione, come anche si presuppone, e si prevede nell'altra Bolla generale di Pio V., e nell'accennato Breve particolarmente di Pio IV. a favore del Capitolo di Sant'Eustachio, si che non può dirsi caso esorbitante, & impensato; laonde da tutte le sudette cose rimane comprovato ad evidenza questo primo punto come incapace di dubbio, in modo che deve attribuirsi ad aperta ignoranza il maravigliarsene, & il stimarlo caso inopitato, anzi forse merita l'attributo di temerità l'essersi negata, & impugnata tale podestà.

Quanto al secondo punto della provisione presa nel moto proprio di far prontamente restituire dalla Camera quel che veramente da essa si è ricevuto, rimettendo alla determinazione per giustitia, se si debba restituire il di più, che si pretende da possessori de gli officij ancorche non si sia ricevuto; parimente merita dirsi una determinatione molto ben fondata nella ragione, si che il tacciarla per ingiusta, ovvero per irragionevole, ne gl'interessati sarà effetto scusabile del proprio interesse, e della propria passione, la quale offusca l'intelletto, e fa sempre parer ingiusto, e mal fatto quel, che pregiudica al proprio interesse, benché sia giustissimo, ma ne gl'altri

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non interessati sarà effetto inescusabile, o d'una grand'ignoranza, ovvero di una gran malignità; imperciòche da quel che a basso si discorre sopra il quarto punto della restitutione di quel prezzo, che non si è ricevuto, non si può negare, che almeno la cosa sia molto dubia, e disputabile, e per conseguenza ogni legge scritta, e naturale anche ne spogliatori, e negli attentatori, e simili, i quali come dalla legge stimati delinquenti, sono strettamente obligati a restituire, & e a rifare ogni danno, & interesse, benché da essi non se ne sia ricevuto utile alcuno, come per una specie di pena del delitto, dispone, che basta di pagare prontamente quel che è certo, e liquido offerendosi pronto, & obligandosi a pagare il di più che sia incerto, & illiquido, quando sarà liquidato. Dunque molto più con gran ragione si è potuto così provedere in un caso, nel quale non si scorge nella Camera delitto alcuno. E farebbe una specie di manifesta iniquità il pretendere, che pendente la liquidazione d'un debito incerto, & illiquido fosse tenuta la Camera patire fra tanto un danno, & un interesse così eccessivo, come sarebbe, quando anche sussistesse tutta la pretensione, mentre questa batterebbe in scudi seicento mila, gl'interessi de quali secondo lo stato presente non eccederebbero scudi ventimila, che all'incontro gli utili, e gli emolumenti de gli officij eccedono scudi quaranta mila. Ne la disputa sopra l'incidente del maggiore, o minore prezzo potea, o dovea ritardare la sostanza della soppressione già stabilita sin dal principio di Decembre in modo che è stato più tosto un'eccesso di benignità, e di convenienza il far godere ai Possessori degli offici gli eccessivi emolumenti in questi quattro mesi.

Circa il terzo punto dell'essersi ordinato al Tesoriere, che proceda nella Causa col voto della Ruota, farebbe una manifesta

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malignità il dolersene, per essersi così risoluto in grazia dell'Interessati, e per maggior lo soddisfazione, elegendo un Tribunale così qualificato, e deputato a decidere le cause più gravi profane di questo Principato, e le più gravi Ecclesiastiche, e spirituali di tutto il Mondo Cattolico; Imperciòche se la decisione si fosse commessa al Tesoriere solo, gl'Interessati con ragione potevano dolersi, e gli altri potevano scandalizzarsi, che un solo Ministro Camerale affezionato, & interessato negli utili della Camera, si fusse costituito Giudice di tanti gravi, e dubbiosi articoli.

Il commetterlo al Tribunale della Camera, per altro Giudice competente delle Cause Camerali, non era giusto, né ragionevole, mentre in questo Tribunale siedono quattro principali Interessati, e possessori di questi officij; Et il far continuare l'accennata Congregazione deputata, col di cui voto si dovesse procedere, darebbe più tosto motivo di doglianze, ovvero di sospetto ai medesimi Interessati nel caso che le resoluzioni sortissero a favore della Camera; mentre, conforme di sopra nella narrazione del fatto si è accennato, già i medesimi Interessati apertamente si dolevano, che questa Congregazione per la maggior parte fusse costituita da persone appassionate negl'Interessi della Camera, e nelle soddisfazioni del Palazzo. Dunque con molta ragione, e pietà per maggior soddisfazione de' medesimi Interessati si è deputato un Tribunale affatto disinteressato.

Et anche si è havuto il riguardo allo stile di questo Tribunale di dar conto al Mondo delle sue resoluzioni, col dar fuora le decisioni, acciò in tal modo a tutti siano palesi le ragione, e la giustitia di quella Parte, al di cui favore si decida; Oltre che questa materia degli officij venali appartiene più tosto alla Dataria, che alla Camera; e lo stile della Dataria è di va=

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lersi ne' casi dubij nel Voto della Ruota; Che però appresso il Platina si legge, che quando Paolo II. tolse l'officio ad alcuni Possessori di questi Segretariati, quelli fecero istanza, che si conoscesse dalla Ruota, e gli fù negato, conforme anche a basso si narra.

E se bene si dolgono gl'Interessati, e gli altri meravigliano, e biasimano, che mentre s'era deputata una Congregazione più volte tenuta, non si doveva, senza che questa ne sapesse cosa alcuna, venire alla publicazione del Moto proprio sopra la soppressione; Tuttavia ciò contiene un'equivoco manifesto cagionato ne gl'Interessati dalla passione, e negli altri dal non esser'informati del fatto; Imperciòche la Congregazione non è stata deputata sopra il punto principale della soppressione, e se a questa si dovesse venire o no, ma essendosi ciò stabilito, e risoluto, con questo presupposto, fù deputata la Congregazione sopra il solo incidente del maggiore, o minor prezzo, che si dovesse restituire; ma perché ciò si è scoverto molto torbido, e che ricerca longhezza di tempo, però si è venuto all'esecuzione dello stabilito già da quattro mesi avanti, e nel che la Congregazione non haveva parte alcuna.

Tutta la difficoltà dunque si restringe al quarto, & ultimo punto, se la Camera sia tenuta ad altra restituzione di prezzo oltre quello, che li è pervenuto nelle mani. E sopra di questo punto cadono quattro opinioni, due delle quali sono estreme, e due medie. La prima estrema a favore degli Offiziali è, che si debba restituire a ciascuno il prezzo corrente, che è di scudi venti trè mila né vent'uno Segretariati vacabili, e di quaranta mila in circa né trè perpetui de' luoghi Pij, senza distinguere, se siano compri per minor prezzo, ovvero se si siano ottenuti per via di donativo.

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All'incontro altra opinione estrema a favore della Camera è, che non havendo Innocenzo Ottavo fatto il contratto con le persone particolari, ma con il Collegio, come una persona intellettuale, al quale in nome de' Successori promise per patto di restituire nel caso della soppressione gl'intieri ducati 62400. ricevuti; Et essendo massima certa di ragione, che questi corpi universali non si variano con la mutazione delle persone, ma sono sempre li medesimi; Quindi siegue, che senza curarsi de' titoli, con i quali ciascuno diversamente possieda l'officio, basti alla Camera in conformità della convenzione restituire al corpo universale del Collegio la detta somma ricevuta, lasciando che disputino tra essi del modo di ripartirseli.

La terza opinione media più favorevole alla Camera è, che secondo un'intelletto della Bolla di Pio Quinto, alterativa di quella d'Innocenzo, si debba restituire tutto quel denaro, ch'effettivamente è pervenuto nelle mani della Camera. E ritenendo questa opinione rimarrebbero esclusi i Donatarij, e quei Compratori, i quali hanno causa dai Donatari, & anche quelli, i quali per via di rassegna hanno compro l'officio a più caro prezzo di quello, che i loro Autori lo comprarono.

E la quarta opinione media più favorevole agli Officiali è, che secondo l'altro intelletto dell'istessa Bolla di Pio si debba restituire a ciascuno quel denaro, che havesse speso per acquistar l'officio, non distinguendo se l'havesse compro immediatamente dalla Dataria, come vacante, o veramente da un altro possessore per via di rassegna, il quale l'havesse ottenuto per minor prezzo, & anche in dono. Et a rispetto de' Donatarij diretti, & immediati, che si debbano stimare come compratori per quel prezzo, che correva nel tempo del=

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la concessione; fingendo, che si fosse compro per il prezzo corrente, il quale dopoi immediatamente se li fosse donato. Maggiormente che i Chirografi de' donativi cantano in questa forma, cioè, che non si dice di donare l'officio, ma di donare il prezzo.

Ciascuna di queste opinioni ha molte ragioni, & argomenti probabili per la sua parte, in modo che niuna di esse a primo aspetto può dirsi certamente più vera, e più probabile dell'altra, per lo che vi è necessaria la determinazione del Giudice. Imperciòche due leggi particolari sopra ciò habbiamo, una d'Innocenzo, e l'altra di Pio; se teniamo la prima, quella letteralmente dispone, che si debbano restituire li ducati 62400. conforme la suddetta seconda opinione estrema. E se teniamo l'altra, si deve solamente restituire il denaro ricevuto, mentre in questo solamente si verifica la parola, restituire, che da essa vien'usata, essendo improprio, che si debba restituire quel, che non si è ricevuto, si che le due leggi particolari, le quali sempre devono prevalere alle generali, stabiliscono una di queste due opinioni più favorevoli alla Camera.

E quando negando l'una, e l'altra legge particolare, si voglia caminare con i termini della ragione commune, conforme si pretende dagl'Interessati, e si è scritto per i loro Avvocati, e Defensori, in tal caso vi entra maggior dubio, e con qualche probabilità si può pretendere per la Camera di non esser tenuta a restituire cosa alcuna, conforme di sotto si discorre.

In questa incertezza dunque ogni ragione dispone, che il debitore non sia tenuto a fare il Giudice contro se stesso, ma che sin a tanto la cosa sia giudicata, possa lecitamente attaccarsi al meno, & abbracciare quell'opinione, che ad esso è più

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favorevole. E per conseguenza con giustitia haverebbe potuto il Papa ordinare, che per hora si restituisse prontamente, come certo, e liquido il primo prezzo stabilito con la legge della fondazione delli ducati 62400. riservando il di più al giudizio della Ruota, in modo che l'haver abbracciato la terza opinione media, è stato più tosto usare un'equità, & una gran benignità agli Officiali, eleggendo l'opinione più pregiudiziale alla Camera.

L'esaminare di proposito, e per minuto nel presente discorso tutte le ragioni, & i fondamenti di ciascuna delle sudette quattro opinioni non si stima al proposito, così perché cagionarebbe una prolissità intollerabile, mentre vi bisognarebbe un grosso volume, particolarmente per molt'altri incidenti de casi particolari, come sono il non essersi estinto a tempo il Monte; l'interesse de' trè luoghi Pij; il punto del Signor Cavalier Acciaioli; l'altro di Monsignor d'Asti; l'altro di Monsignor Corsi, e del Signor Abbate Lecce, e l'altro del Signor Marchese Ruspoli.

Et ancora perché il presente discorso non è ordinato alla decisione della causa per essersi ciò riservato al giudizio della Ruota, ne meno è ordinato alla difesa delle raggioni della Camera, dovendo ciò appartenere alli Monsignori Avvocato Fiscale, e Commissario, & altri Defensori della medesima Camera, quando la causa di disputarà, ma è solamente indrizzato a mostrare la giustitia, e la ragionevolezza della provisione presa, e contenuta nel Moto proprio, cioè, che per l'incertezza, & illiquidità del di più, che si pretende doversi restituire, si è più tosto caminato con una gran benignità, & equità a favore degli Officiali, mentre giuridicamente, e senza offender la giustitia, si sarebbe come sopra potuto abbracciare l'opinione più favorevole alla Camera, secondo la Bolla d'Innocenzo.

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Tutta via per qualche notitia de' meriti, o almeno della dubiezza della causa, e per mostrare, che per parte degli Officiali si camina con qualche equivoco, e che le autorità, e regole giuridiche, nelle quali si fondano, sono forse vere ne' suoi casi, ne quali parlano, ma in verun modo si adattano al caso, del quale si tratta, come affatto diverso, e del quale niuna delle autorità allegare parla. Conviene riflettere alla distinzione degli atti, che si fanno per il Principe, & anche all'altra distinzione delle persone diverse, che per il medesimo Principe si rappresentano; Cioè ch'altri sono gli atti particolari, i quali si fanno, e rispettivamente si disfanno, e si rivocano dal medesimo Principe, & altri sono gli atti generali, i quali si fanno dal medesimo Principe per via di legge, e di provisione universale. Imperciòche negli atti particolari il Principe si considera come un privato Contrahente, e di Distrahente, rappresentando sempre questa sola persona soggetta alle regole della giustitia commutativa; ma negli atti generali per via di legge, ovvero di provisione universale, con giusto, e ragionevol motivo per il buon governo del Principe, e per beneficio della Republica si considera, come una diversa persona publica di un Sovrano Governatore, e Moderatore; onde le sue provisioni, & ordinazioni vengono riputate come un caso fortuito, e sono paragonate al fulmine, che cade dal Cielo, ovvero alla tempesta, o all'incendio, ovvero all'inondazione, & altri simili accidenti.

Le regole, e le autorità solite addursi per parte degli Officiali percuotono i casi particolari, ne' quali il Principe fa solamente la figura, e rappresenta la sola persona di privato contraente, e distrahente, per lo che malamente, e contro ogni ragione si adattano al caso, del quale si tratta d'un'atto fatto per via di legge generale dal Principe, come persona pu=

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blica, e come Sovrano Moderatore per il buon governo universale della Republica, e del Principato; Et in ciò consiste l'equivoco manifesto, mentre in questo secondo caso non entrano per imaginazione i termini dell'evizione, ovvero della revocazione della donazione, o della refezione del prezzo, e de danni, & interessi, come convenienti al solo caso de contratti, e distratti privati, non già in questo caso publico, & universale, nel quale entrano propriamente gli accennati termini del caso fortuito.

Et essemplificandolo in pratica per maggior chiarezza, e capacità; nello Stato Ecclesiastico vi sono molte Gabelle solite concedersi in molti, e diversi Appalti, secondo la diversità, così delle Gabelle, come delle Provincie, o della Città, & in questi Appalti il Principe si considera, come un privato Locatore, soggetto a quelle leggi, le quali parlano del Locatore, si che l'obligano alla prestazione della patienza, & all'osservanza del contratto, che però se restando tuttavia ferme, & in essere le gabelle, e restando anche generalmente fermi gli altri Appalti, voglia il Prencipe senza demerito, e delitto profitivo togliere ad uno l'Appalto concedutoli, per darlo ad un altro, o veramente farlo amministrare a suo commodo, in tal caso si dice violare la fede data, e mancare dalla dovuta osservanza del contratto, e negare quella patienza, alla quale il Locatore è tenuto, facendo ingiuria al Conduttore, e togliendoli le sue ragioni, per lo che quando non vi concorra il giusto motivo della causa publica a guisa d'ogni privato Locatore, sarà tenuto a rifare al Conduttore non solamente quel ch'habbia pagato a conto del censo, o pensione, & ogni danno patito in altre spese, o preparazioni, ma etiamdio l'interesse del guadagno, che era per farvi, anche se l'Appalto li fusse stato conceduto in dono, ovvero per una

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picciola ricognizione, poscia che se bene il Donatore non è tenuto all'evizione, tuttavia ciò camina quando quella provenga dal fatto del Terzo, non già quando dal fatto volontario dell'istesso Donatore, violando la data fede; ma se ciò seguisse per giusta causa, sarà tenuto restituire quel che ha havuto, con astenersi dall'esigere in avvenire quel che se li è promesso senza l'obligo suddetto del risarcimento degl'interessi, che però se l'Appalto fusse stato conceduto in dono, fuori d'ogni dubio, benché si tratti d'atto particolare, quando vi sia il motivo della causa publica non sarà tenuto a restituire cosa alcuna.

Molto più, e senza che vi cada principio, o ragione di dubitare ciò procede quando si camina per via di legge, e di provisione generale per il giusto motivo della causa publica, e del buon governo del Principato. Che per esempio si stimi espediente di togliere affatto l'uso degli Appalti, e degli Appaltatori in tutto lo Stato, & in tutte le Gabelle, ovvero in alcune d'esse, perché aggravassero troppo i Popoli, o veramente perché si scoprisse, che gli Appalti riuscissero molto lesivi, e pregiudiziali alla Camera, che però se n'estinguesse il genere, mentre in questo caso non si trovarà forse autorità, o ragione alcuna, la quale provi, che a quelli, i quali havessero havuto l'Appalto in dono, si debba ridare l'interesse.

L'istesso con la medesima proporzione camina nelle concessioni de feudi venali, alcuni de' quali anche se ne donassero per benemeriti; Imperciòche se il Prencipe concedente togliesse il feudo ad un particolare per concederlo ad un altro, o per approvarselo, in tal caso entrarebbe quel che sopra questi termini scrivono alcuni Giuristi consulenti, benché le loro massime legulei che de fatto non siano praticate, per quel che insegnano l'Istorie, e gli Annali quasi di tutti i Principati. Ma

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se stimandosi dannoso, e pregiudiziale alla Republica, & al Principato l'uso de Baroni, e Feudatari, per via di legge si revocassero tutte le concessioni feudali, e si sopprimesse tutto il genere de Baroni, o Feudatari, in tal caso sarebbe una mera vanità di pretendere, che il Principe fusse obligato rifondere il prezzo ai Donatari, ovvero a quelli, che l'havessero comprati da essi, o da altri Compratori a maggior prezzo, mentre a sommo rigore non si potrà pretender altro, che la restituzione del denaro pervenutoli nelle mani per l'equità naturale di non ritenere la robba, & il prezzo.

Se il Principe facesse le concessioni a diversi Particolari de Molini, i quali sono alla riva del fium, o dell'Osterie, che sono in una strada publica, e Consolare, e dopoi per il buon governo del Principato, e per la causa publica risolvesse di mutare il letto, overo il corso del fiume, overo di mutare la strada, conforme nell'età nostra ha insegnato la pratica, in modo che quei Molini, overo quell'Osterie rimanessero inutili, in tal caso sarebbe degno dell'irrisione quello il quale asserisse, che si debba rifare il prezzo anche ai Donatari, o altri che hanno causa da esse, e ch'entrassero quelle regole, le quali hanno luogo ne' casi particolari, cioè se il Principe togliesse un Molino, overo un'Osteria ad uno per darla ad un altro, overo per applicarla a sé stesso.

Se dal Papa, o da altro Superiore, anche per causa onerosa, e per la remuneratione de meriti, e de servizij si concedono a diverse persone le Badie, e le Commende, & altre Prelature, o Dignità di una Religione, conforme per esempio segue nella Religione di Malta, & in altre simili, in tal caso non possono, né devono alcuni di questi Abbati, o Commendatari esserne privati senza demerito; e quando qualche giusta causa ci persuada, se li deve dare la ricompensa, e come i Giu=

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risti dicono un buon scambio. Ma se tutta la Religione si supprime, in modo che le sue vendite ad altri usi si applicarono, in tal caso certa cosa è, che ciò non entra, conforme nell'età nostra più volte ha insegnato la pratica.

In tanto Monsignor Fagnano cerca di sostenere, che non se gli era potuto levar l'officio della Penitenziaria, in questo che tuttavia quello rimaneva in piedi, e si era conceduto ad un altro, ma se si fusse suppresso tutto il Tribunale della Penitenziaria, e per conseguenza fussero cessati tutti gli officij di quel Tribunale, al di certo tal pretensione sarebbe stata vana con molti altri somiglianti esempij, che sopra ciò con molta facilità si potrebbero cumulare; & altrimenti il Papa non potrebbe sopprimere l'offitio, & il Tribunale del Camerlengo, e supprimendolo sarebbe costretto a restituire così al Camerlengo il prezzo dell'officio, benché se li sia donato, come anche a tutti gli altri officiali inferiori, e subordinati, il che sarebbe degno dell'irrisione quando si pretendesse.

Dovendosi ancora avvertire, che altro è quando il Principe per la causa publica si vuol valere delle robbe altrui, col privare i possessori del total dominio di quelle, come sono Case, Vigne, Oliveti, & altri Poderi, & altro è, quando voglia valersi di quel che è suo, e che è annesso al Principato, dal quale non si può separare nella sostanza, ma solamente che se ne sia conceduto ai particolari l'uso, overo un certo dominio subalterno per gli emolumenti, che a vita, o ad altro tempo se ne riportano per scorgersi una gran differenza tra un caso, e l'altro.

Come per esempio determinò Alessandro VII. per sbrigar la Piazza della Rotonda, di ridurre un buono stato la Piazza di Pietra, per lo che fece spianare alcune Case, & anche una Chiesa, & è probabile, che ai Padroni delle Case rifacesse il

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prezzo, sopra di che si lascia il suo luogo alla verità, ma non si fece i danni, e gl'interessi al Capitolo della Rotonda, per la mutatione dello stato di quella Piazza, perché in sostanza la Piazza è del Prencipe, per concessione del quale il detto Capitolo ne otteneva, e ne ottiene alcuni emolumenti.

Più simile, e più al proposito è l'esempio di Piazza Navona; Imperciòche anticamente molti per concessioni Apostoliche seguite parte per via di donativo, e parte per via di compra godevano alcuni siti per la vendita de frutti, e de gli altri vittuali, dal che cavavano un gran emolumento; Ma quando Innocenzo X. risolvè di mutare lo stato di quella Piazza, e di sbrigarla da quei continui impedimenti, trasportando la vendita de Vittuali alla Piazza della Rotonda, e di S. Eustachio, non perciò fù rifatto ai Padroni de' siti cos'alcuna, con somiglianti casi.

Anzi che nelle robbe proprie, & in piena ragione di dominio de' privati, quando si tratta di qualche uso generale, e che la borsa publica per l'impotenza de sudditi, o per altri bisogni non può supplire, tuttavia non si fa rifettione alcuna conforme l'Istorie, e gli Annali in tutti i Principati insegnano in tutti i tempi.

Ma tralasciando i fatti de gli altri Principati, & anche gli antichi di questo, del quale si tratta, e valendosi di quello, che nell'età nostra si è visto, e si è prativato; Quando nella guerra della Sede Apostolica con i Prencipi dell'Italia verso il fine del Ponteficato d'Urbano VIII. si fè la tagliata de gli Oliveti, Vigne, Casini, & altri Poderi vicino la Città d'Orvieto, e che in Roma si ferono le nuove fortificazioni con il devastamento di molti Casini, Vigne, e Poderi, nulla si rifece; come anche nulla si rifece nella demolizione di Castro, per la ragione, che le leggi, e le provisioni generali non soggiacciono alle regole

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de casi particolari, mentre la provisione universale, conforme si è detto di sopra, vien paragonata a i fulmini, & alle tempeste, o altri simili accidenti, e per conseguenza si dice un caso fortuito, & un infortunio, per il quale non si può dimandare evittione, o refettione d'interesse. E pure in quei tempi i Popoli dello Stato Ecclesiastico erano più capaci di gravezze di qualche siano di presente, e l'Erario pubblico non era ridotto a quel misero stato, quasi d'una total depressione, nel quale oggidì si trova.

Non niegano gli Avocati, e Difensori degli Officiali la verità di questa distinzione, come certa, & irrefragabile, ma ne niegano l'applicatione al caso, dicendo che la legge generale di sua natura deve abbracciare tutti i sudditi, & a tutti generalmente pregiudicare, non già nel caso presente, che il pregiuditio è solamente di 24. persone particolari; Però ciò contiene un'equivoco manifesto, posciache la legge, e provisione generale si dice, quando abbraccia tutto un genere, sì che non vi sia parzialità, & eccettuatione di persone comprese in quel genere, altrimente una legge, la quale si faccia per una Religione, o per un Monasterio, o Capitolo, o altra simile Università, non meritarebbe dirsi legge, e pure sarebbe una mera vanità il dirlo; né perché il Papa supprima una Religione, si potrà dire, che non sia legge, e provisione generale, perché non si sopprimano tutte l'altre, con somiglianti esempij.

E nondimeno l'istorie insegnano, che anche ne' casi particolari, e senza che vi concorresse una causa publica, come nel presente caso concorre, che tuttavia dal Prencipe non si rifacesse prezzo alcuno, o altro interesse, conforme tralasciandone molti simili, e valendosi dell'individuale, seguì in quest'istessi Segretariati sotto Paolo II. che, conforme di sopra si è accennato, levò gli offici ad alcuni possessori, i quali l'havevano

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comprato, senza che l'Istorico, il quale parla del fatto proprio, dica d'esserli data altra mercede, che quella d'una dura carceratione per trè anni, negandoseli di rimettere il negotio al giuditio della Ruota, dal che si può chiaramente scorgere, quanto grande sia stata la giustitia, la pietà, e la benignità di Nostro Signore.

Molti di quelli, i quali, ossia per malignità, o per genio maledico, ossia per la solita ignoranza, & uso del volgo insano, professano di tacciare l'operationi del Principe Regnante, e de' suoi Ministri, cuoprono la Satira, e la Maledicenza col manto della pietà, e della compassione, particolarmente verso i trè Luoghi Pij, e ciò a prima faccia fa qualche impressione appresso i non Informati, ovvero appresso quelli, i quali senz'altro discorso con la prima operazione dell'intelletto formano il giuditio con le voci del volgo, ovvero con la superficie delle cose; ma parimente ciò contiene un manifesto errore; Imperciòche duoi luoghi Pij, che sono l'Ospedale di S. Spirito, & il Capitolo di Sant'Eustachio, ottengono questi officij per via di contratto correspettivo di vendita, e rispettivamente di permutatione; Et è massima vera, e ricevuta da Giuristi, & anche da Morali, che ne' contratti onerosi, e correspettivi, i quali vanno regolati con la sola giustitia commutativa, senza che vi habbia parte alcuna la distributiva, la Chiesa, e la Causa pia non ha privilegio alcuno, ma si deve regolare con i stretti termini della giustitia commutativa, à guisa d'ogni privato secolare, senza veruna differenza, in modo che quel che dalla ragione si dispone con gl'altri privati, si deve attendere anche con questi luoghi Pii.

Et a rispetto dell'Ospedale di S. Giovanni, il quale ottiene l'officio per semplice donativo, si devono considerare due cose; una che il pagarsi il prezzo formarebbe un stato troppo pre=

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giuditiale alla Camera a rispetto di tutti i Donatarij, & altri i quali habbiano causa da essi. E l'altra, che quando Alessandro Sesto se questo donativo, crede di donare una poca cosa in capitale di scudi 40000., e meno, & in frutti di feudi 300. e meno, & in stato che l'Ospedale era povero, si che non havesse scudi 1500. d'entrata; Onde oggi che ne ha da 20 mila non si può dire, che si distrugga l'opera pia. E quando Alessandro Settimo mutò la forma della Piazza della Rotonda per il motivo dell'ornato publico, pregiudicò notabilmente al Capitolo della Rotonda, dunque si dirà, che non dovea, né potea farlo senza taccia d'empietà. E l'haver Nostro Signore con santo zelo prohibito i giuochi publici a carte, cagiona un danno, & una diminuzione notabile delle rendite a tre luoghi Pii, i quali per concessione Apostolica hanno il Bollo delle carte, e volendo prohibire affatto l'uso delle carte, destruggerebbe detto Bollo, dunque ciò non si potrebbe fare senza taccia d'empietà, che in verun modo può dirsi. Et altrimenti quando Dio manca la Carestia, ovvero l'inondatione, o la guerra, o altro simile accidente, per il quale si sminuiscano in parte le rendite anche de luoghi Pij, si dirà che Dio è empio.

Altri cuoprendo la satira, & il veleno col manto, ovvero col zuccaro del ben publico della Città, e del decoro della Corte, esagerano, che questa, & altre somiglianti riforme, & economie convengono ad un privato Padre di famiglia, ma non al Prencipe, al quale è più adattata la generosità, e la grandezza per il decoroso mantenimento de' grandi, che instituisce in quello de' Popoli, e particolarmente de gl'Artegiani, e Vivandieri, la povertà, e la diminuzione de' quali vien da essi contro ogni verità magnificata, ma parimente ciò contiene un manifesto errore maggiore dell'antecedente, posciache la

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liberalità, e la magnificenza nel Principe è commendabile, e si deve esercitare più nella Corte,  nell'altre parti del Principato, quando le forze dell'Erario publico lo comportano, in modo che il non farlo per cumular gl'avanzi sia effetto d'avaritia, e di tenacità, ma non già quando così richieda la povertà dell'Erario, e la precisa necessità, nella quale dicono i Giuristi, che non si dà quella liberalità, che è virtù, ma quella, ch'è vitio chiamata prodigalità, che però insegnano l'Istorie, che molto migliori furo.no i Traiani, e i Vespasiani, & altri simili dediti all'economia, che i Neroni, & i Caracalla, e simili profusi nelle spese inutili, e superflue, per le quali maggiori proscrittioni, & altri atti d'avidità, & avaritia da questi furono èsercitati. E fù gran fortuna di Tito, di cui tanto si magnifica la liberalità, l'essere così poco sopravissuto a Vespasiano suo Padre, del quale i Scrittori tacciano l'avaritia, poiche in qualche lungo progresso di tempo si sarebbe sperimentato, che non in Tito, ma in Vespasiano fusse commendabile la prudenza, & il buon governo.

Che però quando il Principato, & i Popoli sono impoveriti, l'usare magnificenza, e liberalità nella Città Metropoli, e nella Corte si può dir l'istesso, che emaciare, & impiegare il corpo con tutte le sue membra per ingrassare il solo capo, o veramente per ben'ornare il capo, spogliare, e lasciar'ignude tutte le membra, anche le parti vergognose, oppure ornare pomposamente il capo, e lasciare il corpo incolto in vilissimi, e laceri cenci con somiglianti esempij, convenendo al capo, come parte più nobile un trattamento migliore, & una cura più particolare, mentre la sua salute, e forzza influisce nell'altre membra, ma con la sua proporzione, e simetria, in modo che non si dia l'accennata deformità, & in ciò consiste l'errore popolare di molti.

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In oltre si devono presumere trè massime certe, & irrefragabili, la prima, che sempre la Giustitia si deve anteporre alla pietà, né si può dare vera pietà, e vera carità, la quale offenda la giustitia, & a quella ripugni. L'altra che in concorso di pietà la maggiore vince la minore. E la terza, che sempre il bene pubblico, & universale si deve anteporre al privato.

Stabilire queste massime, e presupposto in fatto, che quando il Principe voglia far bene le sue parti di Principe, e non di Tiranno, la Camera come corpo fantastico, & intellettuale in fatti consiste ne' Popoli sudditi, dal sudore, e dal sangue spremuto, de quali si cavano le rendite pubbliche della medesima Camera per la sopportazione de pesi della Republica, da ciò segue, che tutte le trè sudette massime assistono alla Camera contro i luoghi Pij, molto più contro i particolari benestanti; Imperciòche essendo ridotti i Popoli ad un'estrema povertà, & ad una miseria più deplorabile ch'esplicabile, sarà sempre un'offendere chiaramente la giustitia nel spremere maggiormente a questi per tutto lo Stato Ecclesiastico, quel poco sangue, che l'è rimasto, per far opere di superorogatione nel mantenere ne gl'Ospedali d'una sola Città un maggior numero, per lo più di vagabondi, e di poltroni, ovvero nel mantenere il lusso, & lo splendore della Corte.

E da ciò segue ancora la verificazione dell'altre due massime, posciache maggior opera di pietà è il cercare di sollevare i miseri, & oppressi Popoli di tutto il Principato, e questo come ben pubblico si deve anteporre al ben privato di due, o tre luoghi Pij, maggiormente, che non si tratta di distruggerli, e d'impoverirli affatto, ma solamente di diminuire un moderno, & accidentale augmento.

Come anche (per chiusa del discorso) si devono fare quattro considerationi, o veramente si devono presupporre quattro

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assunti, parte di fatto, e parte di ragione, in comprovatione di quanto di sopra si è detto, e per una risposta generale all'obietti, che si possano addurre in contrario, riservando alli difensori della Camera le risposte più particolari, quando si faranno le dispute formali in Ruota.

Primieramente cioè, che il prezzo degli officij vacabili veramente nella sostanza non costituisce capitale, ma è un'anticipata percettione di quei frutti, & emolumenti, che per altro in ciascun'anno si otterrebbero dal Principe, quando l'officij non fossero venduti, si che come per una specie di censo vitalitio, regolando la vita dell'huomo con un tempo verosimile si stabilisce un prezzo proporzionato a questa verisimilitudine, in quel modo che la legge nelle cose vitalitie ha fatto una Tassa generale, & uniforme a guisa delle vendite, o cessioni dell'usofrutto, ovvero delle pensioni, & anche delle vendite delle Case, e degli altri beni stabili a vita, contenendosi in tal modo la compra, e la vendita d'un'alea incerta, paragonata alla rete, che si butta in mare, la quale contiene egualmente il comodo, e l'incomodo, ovvero la perdita, & il guadagno d'ambi i contraenti, imperciòche quella vita, la quale da principio si valuta per un certo spatio verisimile di tempo, può essere molto breve, si che il Compratore faccia una perdita notabile, & il Venditore un notabile guadagno, & all'incontro può esser molto lunga, in modo che il Venditore faccia una gran perdita, & il Compratore un gran guadagno,  per lo che il prezzo di queste vendite vien stimato come un frutto annuo della Dataria, e come tale si consuma ne gl'usi continui, in modo che non può dirsi estante nella specie, ovvero nell'equivalente, si che la Camera di presente lo possieda, come di sua natura segue nel prezzo di quelle robbe, o ragioni, delle quali se ne vende in perpetuo la sorte princi=

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pale. E questa valutazione di vita, secondo la più alta raguagliazione si restringe dentro lo spatio d'anni 15. per quel, che insegna la pratica notoria, e comune nelli quindennij spirituali, e profani.

E da ciò nascono due cose. Una del gran pregiuditio, e della gran lesione, che risulta alla Camera nella maggior parte di quest'officij, che essendosi venduti per quel prezzo, che verisimilmente importa, e si stima la vita d'un'huomo, ciò non ostante per mezzo delle rassegne, si son fatti quasi perpetui, a segno che molti di essi passano un secolo intiero, e di vantaggio, conforme di sopra nella narratione del fatto si è detto. E l'altra, che il prezzo non può dirsi estante, e per conseguenza non vi entra l'equità naturale, la quale proibisce il ritener la robba, & il prezzo; Per lo che quando senza violazione della giustitia col rigore legale haverebbe potuto, e potrebbe la Camera pretendere a guisa del Pupillo, e della Chiesa di non esser tenuta a restitutione alcuna del prezzo pagato, come non estante.

Secondariamente si deve presupporre, che l'aumento notabile de gl'emolumenti non è nato dalla diligenza de gl'Officiali, ovvero dal beneficio del tempo, ma dal fatto del medesimo Principe, e de' suoi Officiali, col spedire molti negotij per questa Segretaria de' Brevi, che per avanti si spedivano per la Penitentiaria, e per la Cancellaria, ovvero per le Sacre Congregationi, & anche per gli Ordinarij de' luoghi. Dunque niuno si può dolere, se il Prencipe toglie quel beneficio, che ad esso è piaciuto di concedere.

In terzo luogo si deve presupporre, che particolarmente i Donatarij, & anche per quelli, i quali ne' tempi più antichi hanno comprato quest'offici a prezzo molto inferiore, si è fatto un guadagno troppo eccessivo del 12. e del 15. & anche

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del 20., e più per cento dello spatio di molt'anni, in modo che si sono rinfrancati del prezzo nel capitale duplicatamente, e triplicatamente, e di vantaggio: Onde quando anche ad alcuni possessori de gl'officij assista l'equità per il motivo della buona fede, tuttavia per questa ragione cessa in gran parte questa equità a loro favore, e maggior equità assiste alla Camera tanto danneggiata, che non debba soggiacere a questo altro danno.

Et in quarto luogo si deve presupporre, che quando un contratto nel progresso del tempo si scuopre notabilmente ingiusto, e lesivo, benché da principio fusse giusto, se ne può pretendere la rescissione, anche con la restitutione, ovvero con l'imputatione de frutti notabilmente eccessivi, e particolarmente quando si tratta di Pupilli, o di Chiese, o d'altri, i quali non potendo amministrare il suo per se medesime, vivono sotto l'altrui legale necessaria amministratione, mentre la legge presume una mala fede in quelli, i quali con essi faccino si fatti eccessivi guadagni.

Che però stante questi quattro assunti parte di fatto, e parte di ragione, quando anche non si restituisse cos'alcuna, ciò non sarebbe lontano dalla giustitia, e dall'equità, eccettuatone quei pochi, i quali da tempo moderno per il prezzo corrente alterato hanno compro l'officio dalla Camera, e ne hanno percetto poco frutto, si che non si adattano le sudette ragioni; e da ciò si può scorgere con quanta equità, e circospettione si sia proceduto, più tosto aggravando la Camera.

Da tutto ciò, appresso ciascuno, anche di mediocre capacità, risulta la risposta al fondamento de Donatarij immediati possessori, cioè che devono le donationi de' Prencipi esser ferme, e stabili, posciache ciò camina bene, quando senza giusta causa si lascia la rivo catione d'una donatione particolare, in

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modo che l'atto di sua natura sia illecito, e prohibito dalle leggi, non già, quando anche ne' casi particolari, l'atto sia lecito, conforme particolarmente al nostro proposito segue, quando il Donatore diventi povero, & il Donatario sia ricco, molto più, e fuora d'ogni dubbio, quando l'atto è universale ordinato ad altro fine per il beneficio pubblico, dal quale per indiretto, ovvero per conseguenza segue, che la donatione rimanga inutile, imperciòche altrimente ingiuste, & irragionevoli sarebbero le celebri, & approvate Costitutioni revocatorie delle franchigie di Paolo V., e di tutti gli altri Pontefici successori, & anche le Bolle revocatorie di Bonifatio Nono, Martino Quinto, Innocenzo Ottavo, Adriano Sesto, Pio Quarto, Urbano Ottavo, & altre molte, delle quali potrebbe farsi un lungo Catalogo.

Et è veramente cosa nuova al Mondo così appresso i Giuristi, e Morali, come anche appresso gl'Istorici, & i Politici, che se manchi senza delitto, e mancamento positivo del donatore l'emolumento della cosa donata al donatario, debba il donatore pagarneli il prezzo.

E se bene la sottigliezza de' Giuristi per alcuni effetti suol fingere ovvero occultare due atti in queste gratiose concessioni d'officij venali, uno cioè della vendita dell'offitio al prezzo corrente, che si finge pagato, e l'altro dell'istantanea donatione del medesimo prezzo, tuttavia ciascuno di sano giuditio vede, & intende, che questa è una metafisica legale, & una idealità, e che in verità il Donatore nulla riceve, & il Donatario nulla paga, si che nell'uno, e nell'altro in modo alcuno è verificabile il termine, ovvero la parola di restitutione, o di refettione.

Gran strepito si fa per quell'Interessati, i quali a prezzo corrente coll'assenso del Papa hanno comprato gli offici de' Donatari, o veramente da quelli, i quali l'hanno acquistato

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ne' tempi antichi a prezzo minore, quasi che in tal modo rimangano ingannati dalla fede publica; però si deve considerare, che o si vuol caminare col sommo rigore legale, o veramente si vuol caminare con l'equità non scritta; Caminando per la prima strada del rigore, se li può rispondere, che doveano i Compratori esser diligenti nel vedere le leggi di questo Collegio, l'ignoranza delle quali non gli scusa, & in tal modo haverebbero visto, e saputo, che l'atto era di sua natura risolubile, e che secondo la prima Bolla d'Innocenzo, non vi era altro obligo, che di restituire li ducati 62400. e secondo l'altra di Pio drizzandosi la parola restituire al Papa, non è verificabile, se non in quello, che si è ricevuto, conforme di sopra si è più volte detto. E caminando per l'altra strada dell'equità, non si può negare, che questa assiste a' Compratori più che ai Donatari; ma conforme parimente di sopra si è detto, trattandosi d'un caso fortuito, al quali il fatto publico del Prencipe per via di legge universale vien paragonato, una maggior equità assiste alla Camera tanto dannificata, che non debba di vantaggio sentire quest'altro grave danno, che ai particolari, i quali in tutto, overo in gran parte si sono rinfrancati del denaro speso con i frutti eccessivi per tant'anni. E nell'ugual concorso del danno nell'una, e nell'altra parte dicono i Giuristi, che migliore è la conditione di quello, il quale tratta di un danno maggiore, overo che il publico si anteponga al privato, posciache se bene i superficiali applicando a tutti gl'interessi Camerali la sentenza di Plinio a Traiano, che sotto il buon Principe sempre la causa del Fisco dev'esser mala, credono, che in questo concorso si debba giudicare a favore de' Privati contro la Camera; nondimeno ciò contiene ancora un chiaro errore, mentre altro è il Fisco penale, & od oso, del quale parla Plinio, & altro è

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la Camera nelle sue rendite, e ragioni publiche, per esser queste de' Popoli più che del Principe, come sopra.

Sisto V. nell'anno 1587 rese venale l'offitio dell'Assessore de' Maestri delle Strade, che dalla Dataria fù venduto per scudi 300. & indi per via di rassegne è passato per molte mani nell'hodierno possessore, il quale le comprò per scudi 4000. in circa; onde se il Papa senza giusta causa volesse toglier quest'offitio al possessore per darlo ad un altro, sarà tenuto pagarli il prezzo corrente, overo per quanto l'ha compro; ma se per giusto motivo lo volesse sopprimere, sarebbe vanità il dire, che a ciò sia tenuto, con somiglianti esempij.

Né si sa vedere, come ad alcuni Pontefici passati da tempo moderno fuori della legge della fondazione di questo Collegio, sia stato lecito ordinare, e decretare la perdita degli offici, e del prezzo senza che restituisca cosa alcuna per la promotione de' possessori al Cardinalato, e che non sia lecito di presente di negare solamente quello che non si è ricevuto, particolarmente a Donatari, & ai Compratori a minor prezzo, i quali in sostanza non trattano di fuggir il danno, ma più tosto di fare un'illecito, & un'eccedente lucro, mentre il restituire quel che non si è havuto, conforme di sopra si è detto, importa una pena formale, la quale non si dà senza delitto alcuno; & essendo la Camera offesa, e la pregiudicata con la perdita per tant'anni di 40.mila, e più scudi annui per una piccola somma pervenutali nelle mani, e la quale neanche è andata a suo benefitio, come consumata in ragione di frutto corrente, non si sa vedere qual ragione legale, o naturale possa mai persuadere, che debba a sì fatta pena soggiacere.

E per ultimo, che si dolgono della risolutione gl'Interessati, e la dannino per ingiusta, sono degni di scusa, e di compassione, mentre l'interesse ad ogn'uno naturalmente dispiace, & offu=

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sca l'intelletto, in modo che, conforme di sopra si è detto, ogni determinatione per giusta e per lodevole che sia, pare ingiusta, e dannabile; ma che biasimino gli altri, i quali non vi hanno interesse, e non ne riportano danno alcuno, e particolarmente i Sudditi di questo Principato, deve senza dubio dirsi effetto, o d'una gran malignità, o veramente d'una grande ignoranza, e stolidità; Imperciòche essendo ciò seguito per il solo motivo di sollevare in qualche parte l'Erario publico tanto impoverito, l'effetto in sostanza ridonda in utile, e beneficio anche de medesimi particolari, i quali altrimente dovrebbero essere caricati di nuove gravezze per supplire a pesi publici.

Di maggior biasimo però degni sono quelli, i quali o sudditi, o forastieri, havendo interesse con la Camera per occasione de' luoghi de' Monti, overo degli offici, secondano le doglianze degl'Interessati, posciache deve rallegrarsi molto il creditore, quando vede il suo debitore ben'applicato all'economia, & al suo sollievo, mentre in tal modo si rende più sicuro del suo credito; & all'incontro deve sommamente dispiacerli quando lo vede disapplicato, overo profuso, e dissipatore in modo che sempre via più si carica di nuovi debiti, perché così si rende impotente, e corre al precipitio del fallimento, il danno del quale in sostanza è più de' creditori, che di esso debitore, che però si dolgono del proprio bene, per qualche male, che ne risulti ad alcuni pochi particolari bene stanti. A guisa di quelli, i quali biasimano il Medico che li cura, e li preserva dalle frequenti malatie, e morti, perché in tal modo si tolga il guadagno a Speziali, e Barbieri, e Beccamorti; Overo a guisa di quelli, i quali tacciano il Principe, perché faccia disboscare, e mettere a coltura i Campi, & i Poderi, oppure perché faccia disseccare le paludi, e le acque stagnanti per la

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salubrità dell'aria, e per maggior abbondanza de' frutti, & anche per il maggior utile de' particolari Padroni, perché si tolga la delizia, e l'utile ad alcuni pochi particolari nella Caccia, o nella Pesca; o veramente a guisa di quelli, ai quali dispiaccia l'opportuna pioggia, che Iddio manda per inaffiare i loro Seminati, Vigne, Prati, Orti, & altri Poderi, perché s'incommodano, e si dannificano alcune poche Lavandare, le quali comodamente asciugano i panni al Sole, con somiglianti esempij, che però le Sagre Carte paragonano il volgo, e le Turbe a quell'Inferno frenetico, il quale insavisce contro il Medico, che lo cura, e che studia, e si affatiga per renderli la sanità, e liberarlo dal pericolo della morte, overo dal misero stato d'un infelice vita, costituendo propriamente l'officio del buono, e del      vero Principe nel procurare la universale vita felice, e civile de' sudditi, per la quale propriamente si è introdotto il Principato.

 

APPENDICE

A capo di alcuni mesi doppo tirato il presente discorso venne in pensiero all'istesso Scrittore di certificarsi come si praticasse nella Francia, dove quest'uso degli officij venali è più frequente di quel che sia in ogni altra parte, e Principato del Mondo Christiano, della nostra civile communicazione, & essendosene scritto a quel Monsignor Nunzio Apostolico; da questo si è risposto, che presone l'informazioni da persone peritissime, si ritrova praticarsi per appunto il medesimo, che come sopra si è praticato, di restituire ai possessori degli offici sudpressi quel primo prezzo, che effettivamente è entrato nella Camera Regia, non curandosi l'aumento sopravenuto; e benché i possessori l'havessero com=

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pro à maggior prezzo da altri, che lo tenevano, a tal segno, che essendo solito, che alle volte il Rè nelle sue occorrenze esige dai possessori di sì fatti offici alcune sovvenzioni; queste non si restituiscono, benché il denaro sia entrato nella Camera Regia; che però molto meno si restituisce quel che non vi è entrato.

Questa osservanza comprova molto quel che di sopra si è detto esser di ragione, quando anche fusse dubio per la massima vera, e ricevuta, che quando sopra quel punto, che di disputa manca la legge espressa, overo l'osservanza del proprio Paese, o Principato, overo che essendovi dubbia, in tal caso è lecito ricorrere alla legge, o consuetudine d'un altro Principato, o Paese; e questa si deve attendere, non come legge obbligatoria, ma come una gran dottrina, overo autorità magistrale. Molto più per esservi qualche probabile notizia, che il medesimo si pratichi ancora nella Spagna, & altrove.