Il cardinal Ferdinando al granduca Cosimo I

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Roma, 22 maggio 1571

Med. 5085, [già num. 210], cc. 441r-442v.

Messer Piero mio secretario nel suo ritorno mi portò nuove così piacevoli del buono stato di Vostra Altezza et di ciò che haveva riconosciuto della sua grande amorevolezza verso di me nel volto et nelle parole di lei ch’io resto sopramodo allegro dell’una cosa et dell’altra, desiderando et stimando sopra ogni cosa di questo mondo la salute et la gratia sua.

Al Camaiano si dettono subito le lettere, secondo l’ordine di lei, et hoggi (non s’essendo potuto prima) l’habbiamo giuntamente comunicate a Sua Santità, la quale quel che sopra esse habbia risposto le sarà scritto da lui minutamente, ch’io per ciò me la passo senza dir’altro. Questo non voglio lassare: che io mossi ragionamento sopra la elettione del legato per lo imperatore et, domandato da Sua Santità, proposi fra le creature sue Albano, mostrando largamente che per l’età, l’eloquenza, per la dottrina et pratica et per la dependenza suaa da Sua Santità, saria di maggiore autorità la sua legatione. Si mostrò Sua Beatitudine aliena da lui in questo particolare et quasi resoluta //c.441v.// che Commendone, il quale nell’animo suo haveva destinato di mandarb là et andò in Poloniac per conto della Lega, trattasse questo ancora; né, per molto ch’io dicessi in contrario (con modestia però et ardire conveniente), potetti rimuoverla interamente da questa deliberazione, per il quale effetto sarei pur’anco passato più oltre, se ella non havesse ributtato il Camaiano, che con ragioni aiutava la pratica. Ond’io giudicai bene di contentarmi di lassarla non resoluta, per potere per altra via o per me stesso di nuovo farne offitio, come ho fatto intanto, spingendo Alessandrino che con le ragioni medesime procuri il medesimo et di più con dolersi seco che ella faccia questo segno alle creature sue, fra le quali pure ne sono, per giuditio di molti, alcuni attissimi a questo negotio. Ho pensato potere ciò giovare alla nostra intentione et egli m’ha promesso di farlo con ogni efficacia, come credo non sia per mancarne per la volontà che mostra in tutte le cose nostre, per honore suo et anco perché li pesa grandemente l’esclusioned d’Albano, di cui tiene protettione particolare. //c.442r.// Presto le si farà sapere il successo. Intanto le dico che Sua Santità m’ha ricordato fra il ragionamento et replicato poi anco alla fine ch’io debba pensare ad un dottore da mandar con Commendone, poiché il negotio richiede intelligenza di leggi, la quale egli non ha. Il che voglio havere detto acciò Vostra Altezza m’apra l’animo suo circa la persona, poiché a me dà Sua Santità questa cura, non volendo io risolvermi per me stesso, ma desiderando che mi sia proposta da lei.

Ho anco presentato hoggi il dottor Pappone et le scritture, che l’un et l’altre ha visto Sua Santità volentieri, come le dirà pur il Camaiano.

Ho supplicato Sua Santità de le due galere per don Garzia, usandovi quella efficacia et quelle buone ragioni che Vostra Altezza comanda con la sua. Et ella in somma ha detto che, per accomodarlo, faria volentieri galere di se stessa senza guardare a discommodo suo privato, ma che, potendosi per più respetti pregiudicare troppo al servitio publico con smembrare le due dall’altre, non poteva consentirlo et voleva esserne scusata. Che è quanto mi //c.442v.// occorre per questa in risposta delle due sue lettere de’ 18. Et per fine resto con ogni affetto, raccomandandomi nella sua buona gratia et pregandole continua prosperità.

Di Roma li xxii di maggio 1571.

a Sua interl. sup.
b Mandarci, -ci barrato.
c La et andò in Polonia interl. sup. con segno di richiamo.
d Esclusione preceduto da tre lettere barrate.