Il cardinal Ferdinando al granduca Cosimo I

Printer-friendly versionPrinter-friendly version

Roma, 7 giugno 1571

Med. 5085, [già num. 222], cc. 465r-466v.

Stamane assai per tempo comparse il corriere di Vostra Altezza con le lettere sue, le quali lette, andai subito a palazo et trovato Nostro Signore in congregatione dell’Inquisitione, mi trattenni con Alessandrino ragionando seco anco in questa materia, ch’io conobbi esserli nota dalla molta alteratione che n’haveva. Dopo la congregatione, havendomi Nostro Signore visto nella sua anticamera, dove io, per più presto espedirmi, ero andato, mi fece subito chiamare, et facendo principio lei di ragionare, dissi: «Monsignore l’ambasciatore cattolico con quelle parole ci dette il veleno, che non ci ha mai poi lassato quietare et ci ha fatto rispondere a chiunche ha parlato con noi». Io le risposi che questi casi erano bene strani et non dovevano aspettarsi, ma che Sua Santità doveva usar la prudenza sua eta piùb pensar a remedii chec affliggersene; che io ne scrissi a Vostra Altezza (come anco fece il cardinale Pacecco) a cui dal suddetto ambasciatore era stato conferito il negotio et che ella, con tutto che diverse cose fastidiose gli girassero per l’animo, di nessuna però più si travagliava che di pensare alla noia di Sua Beatitudine, a la quale m’havea commesso, rispondendo, ch’io dessi quella lettera (la quale allhora gli porsi) //c.465v.// et in credenza le dicesse quel che intenderebbe dopo, che saria in sustanza quasi il medesimo. Sua Santità la lesse et, giunta al fine, disse: «Il granduca ci ha tutto consolato», et (prorotto in alcune cose per isfogo dell’animo suo et in molte altre passata, le quali me la mostrarono molto bene instrutta delle ragioni de franzesi sopra Napoli et Milano et molto ben premeditata nei modi et nelle facilità di offendere il re et tanto resoluta nelle cose de franzesi, ch’io non dubiti esserne corso più d’un ragionamento fra lei et questi ministri franzesi) mi domandò se Pacecco era partito et, havendoli io risposto d’haverlo fermato per veder se Sua Santità havesse da comandarli cosa alcuna, lo fece chiamare et, mostrando seco di maravigliarsi di queste novità, disse, come detto havea con l’ambasciatore, parerli che il re cercasse occasione troppo presto di romper questa Lega, poco vedendo che il muover arme contra Vostra Altezza poteva resultare, per la conditione delle cose, in più danno di lui che nostro, et che era quasi resoluta di stare a veder dove parassino questi andamenti et ordini //c.466r.// dati all’ambasciatore senza darli orecchi, sendo certa che non mancariano i franzesi et altri principi di opponersi con lei insieme, ma che per instanza grande fattali da me in voce, et da Vostra Altezza per lettere (le quali mostrò et lesse lei stessa da capo a piede)d si risolveva di udirlo, et però gli commesse che sabato mattina conducesse l’ambasciatore col secretario suo, i quali sariano con Pacecco insieme introdotti in camera di Sua Santità dove saria solo Alessandrino et Rusticuccio, oltra Pacecco et li duoi detti ministri regii, per espedire questo negotio. Così per gratia di Dio, si è ottenuto quel che Vostra Altezza desidera, di che io dubitai finché con la lettera di Vostra Altezza et con le parole fatte seco prima et più dopo la lettura d’essa non la veddi sfogata et le hebbi quietata l’alteratione in che era, la quale era tale che s’era estesa in Alessandrino et in chi le sta appresso. La supplicai, poi che così si risolveva, a non ragionar di ciò nella congregatione di Santa Croce, Albano et Chiesae , che intendevo doversi fare hoggi, forse per questo solamente. Et ella, non negandomi d’haverla però chiamata, mi promesse di non farne parola, ma che la voleva in ogni modo, et tratterebbe del modo //c.466v.// di procedere con l’imperatore pur nelle medesime materie et della libertà di Fiorenza. Questo è il seguito di tutto il negotio nel quale ho io visto tanto ardente la Sua Santità nelle cose di Vostra Altezza, dico nelli affetti et parole efficacissime, ch’io stimo doverli parere sempre poco impegnare et arrisicar ogni cosa per la causa sua, poiché di tanto dice esser obligata et afferma essere per chiamare et confortar ogn’uno al medesimo. Io le n’ho rese gratie et supplicatala con molte ragioni a stare di buon animo et resto molto contento d’haverla lassata in più quiete d’animo che non la trovai. Mi domandò ben tre volte le originali che Vostra Altezza alliga nella sua lettera, et io gl’ho detto che non tarderanno a comparir et che glieli portarò subito. Col qual fine nella buona gratia di Vostra Altezza mi raccomando.

Di Roma li vii di giugno 1571.

[Post scritto] Quando Sua Santità nominò quelli che doveano intervenir in Camera al protesto, fece Pacecco instanza per Acquaviva, ma havendo Sua Santità taciuto et io parimente, non credo che ne sarà altro. Di che per assicurarmi ho poi detto una parola a Alessandrino nel ragguagliarlo de lo che havevo passato con Sua Beatitudine et mostrato non diffidenza d’alcuno, ma desiderio che la cosa passi più stretta che si può.

a Et interl. sup.
b Segue in barrato.
c Segue in barrato.
d (Le quali mostrò et lesse lei stessa da capo a piede) marg. intern.
e Di Santa Croce, Albano et Chiesa marg. intern.