Il cardinal Ferdinando al granduca Cosimo I

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Roma, 2 luglio 1571

Med. 5085, [già num. 242], cc. 509r.-510r.

Nostro Signore ha fatto chiamare messer Giovanni Tolosani da Colle per mandarlo con Commendone in Germania da servirlo particolarmente nelle cose nostre. È giovane, secondo intendo, di buone lettere et proposto per mezo di Rusticucci dall’istesso Commendone, che di lui ha notitia. Io ho lodato con Rusticuccio sommamente questa resolutione di Sua Santità et mostrato che sarà stata meglior che la di un prelato, perché così non si mostra divisione di negotio et il legato restarà più sodisfatto, oltra che, sendo costui vassallo di Vostra Altezza, debbe ella sperarne, per quanto starà in lui, servitio fedele. Domandai Rusticuccio donde voleva che cavasse questo dottore informatione et instruttione per sé et per il legato, et egli mi disse che lo rimetterebbe a me, come ha fatto. Io ho dato la cura al Camaiano et, quando si sarà sodisfatto di qua (che sarà in breve), si metterà a suo viaggio et passarà di costà, dove potrà anco Vostra Altezza avvertirlo di quanto le occorra.

Poiché il papa di questa pratica d’accordo si rimette a noi et non vuol che vi si ingeriscono suoi ministri, né di qua potria forse tanto piacere a //c.509v.// Vostra Altezza trattarsi con questo ambasciatore che più non le piacesse di trattarla con l’imperatore istesso et alla sua corte, havevamo pensato, il Camaiano et io, che non saria forse fuor di proposito ricordarsi et valersi dell’opera di Dolfino, il quale et è per starvi un pezo, et trovasi oggi in molta gratia di Sua Maestà Cesarea come ben mostrano lettere molto efficaci scritte da lei in sua raccomandatione a Nostro Signore, et sempre si è mostrato amorevole nostro. Però ho voluto mettergliene in consideratione, persuadendomi doverle piacere ch’io pensi et proponga quel che m’occorre di mano in mano, lassando la elettione al prudente giuditio suo.

Qua è un don Francesco Mendoza che fa il servitore dell’imperatore. Di costui, parlando con Altemps incidentemente, intesi che egli haveva mala volontà con Vostre Altezze. Più oltre passando Augusta questi dì passati dopo havere desinato con me, mi disse non solo il medesimo, ma che egli s’haveva ingegnato con ogni studio persuader all’imperatore che non era di suo honore lassar passare questa dimostratione di Nostro Signore verso Sua Altezza senza gran risentimento //c.510r.// et senza muoverle guerra, alla quale senza dubio saria aiutato da molti, i quali per ciò doveva ricercare. Qualunche sia questa notitia, ho voluto dargliene, aggiugnendo che da me la sa fin’hora Sua Santità ancora con poco grado d’esso don Francesco.

Con Rusticuccio, per modo di consiglio, ho ragionato come si potesse havere risposta della lettera ch’io diedi ultimamente a Sua Santità. M’ha replicato quel ch’io dissi et promessomi di fare rispondere sì che non apparisca importunità dal canto nostro.

Il medesimo cardinale m’ha detto che Sua Beatitudine non si contenta ch’io ritenga Bevagna se voglio Castel della Pieve et che più tosto che darla ad altri vi manderà per hora un podestà ordinario. Risolvami Vostra Altezza della sua volontà ch’io tanto farò quanto veda conforme a essa. Et non havendo altro da dirle, gli baso la mano et le prego lunga et felice vita.

Di Roma li 2 di luglio 1571.