Il cardinal Ferdinando al granduca Cosimo I

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Roma, 7 dicembre 1571

Med. 5085, [già num. 277], cc. 599r-600v.; c. 602r-605r.

In risposta delle sue de’ 24 et 27 passato m’occorre dire a Vostra Altezza che intorno alle cose di Francia mi governarò alla giornata con tutti et a ogni occasione nel modo che lei desidera.

Come io disegnassi di procedere in questo negotio della preda maritima l’harà visto Vostra Altezza da quel ch’io ne scrissi al Signor Principe col corriere ultimo di Lione. Quel che ho fatto poi lo vedrà dalla lettera che glie ne scrivo hora, onde non starò a dirgliene altro se non che credo le parrà condotto a buon termine et che haremo largamente quanto si desidera.
Ringratio Vostra Altezza della lettera a favor di Madruccio, della quale mi valsi hiermattina a fare non solo il servitio di lui, ma il nostro ancora per ciò che, havendola presentata a Sua Santità, ella non solo la vedde volentieri, mostrò buona volontà et promesse di fare all’occasione per lui quanto si desiderava, ma, dalla persona d’esso passata in quella del zio, raccontò ridendo molte piacevolezze accadute nel conclave et altrove molto allegramente, //c. 599v.// ond’io, stimando essere tempo di trattare ogni cosa con lei, dopo qualche spatio dato alla piacevoleza, messi mano al memoriale del breve, dicendole che la gran benignità sua verso la casa nostra et la devotione di Vostra Altezza et di tutti verso Sua Santità et questa Sede darebbono sempre ardire a Vostra Altezza di scoprirle ogni pensiero et desiderio suo, certissima che saria sempre preso in bene, massimamente poiché tutto si rimetteva al suo paterno et sapientissimo giuditio. Però che, vedendo ella la durezza che si scopriva in queste Maestà Cesarea et catolica verso le cose sue, pensava tuttavia al modo di rimuovere più che potesse ogni pericolo che le ne potesse venire. Et alla partita mia m’haveva commesso ch’io a buona occasione trattassi con Sua Santità quel che ella sentirebbe dallo scritto, il quale io leggerei per meglio esprimerli il concetto di Vostra Altezza. Così, ritenendomelo sempre, lessi il memoriale quanto bastò et finché io veddi che la cominciò a stimar la cosa assai grande et pericolosa, soggiugnendo in voce che non le dovea parer gran cosa //c. 600r.// quella che non dovesse usarsi se non in caso di necessità, né fin’allhora passare alla notitia delli homini et che per ogni tempo fusse pure per mostrare in lei dovuto zelo dell’honore suo et di questa Sede piùa tosto con mezob modesto et quieto che con quella sorte d’alterationi, che sogliono esser origine di diffidenze et travagli. Et stando ella pur domandando in che fusse per giovare a Vostra Altezza, io le dissi che, in evento che quelli principi non s’accomodassino o si volessero una volta risentire, servirebbe assai a refrenarli l’ingiustitia del motivo, la quale si potrebbe mostrar a loro o al mondo ogni volta che apparisse che Sua Santità, se non haveva per altri respetti voluto con altri scritti rispondere alle annullationi loro, haveva non di meno tenuto per buono et confirmato il fatto suo anco dopo quelle. Et le domandai se ella haveva dato quel titolo a Vostra Altezza perché ella lo usasse o no et perché le portasse honore o danno. A che rispondendo che per che l’usasse et le //c. 600v.// fusse honorato et utile. Dunque, dissi io, con la medesima benignità proveda a ciò, et gliene comandi, assicurandola quanto sta in lei da quelli pericoli che gliene possono venire, et legando tanto più le mani con questo modo a suoi successori di esercitare qualche mala fantasia se l’havessero contraria alla buona mente di lei. Ella udì sempre quietamente, né si alterò punto, non senza mia maraviglia, ma perché vedevo che ella o non capiva o cercava scappare col fingere di non capire la cosa et mostrava molti timori vani che, scoprendosi in vita sua o dopo questa espeditione, non fusse cagione di maggiori motivi et le portasse carico, io m’ingegnai sempre d’assicurarla che la non potria mai esserne se non lodata per ogni conto. Et non volendo tirare più in lungo la disputa, le dissi che tenevo commissione di comunicare questo, come tutto il resto in questa materia, col Camaiano col quale, se paresse a Sua Santità, s’andarebbe formando una scrittura per più sua informationec tanto honorata //c. 602v.// et giustificata per lei, che ella se ne sodisfarebbe, et che egli la portarebbe a Sua Santità con minuto conto d’ogni cosa. Accettò il modo, imponendomi ch’io l’ordinassi al Camaiano che, ben bene informato, fussi da lei con la scrittura, perché cosa di tanto momento havea bisogno di consideratione matura. A esso Camaiano ho detto il successo et, quando sarà in ordine, lo menerò con me per introdurlo, se prima con altra cosa harò trovata dispositione a mio modo, volendo io essere presente sì per assicurarmi di non muovere importunamente, sì perché Sua Santità non pigli con lui sicurtà più di quel che vorremmo; et che di mano in mano si darà conto a Vostra Altezza di lo che passarà, et nessuna scrittura restarà in mano di Sua Santitàd. Non è occorso proporre ancora la persona di Cesi poiché Sua Santità s’è contentata di Camaiano, né si proporrà o nominarà senza bisogno acciò vada tanto più secreta la cosa, che è quel che debbe attendersi et che importa.

In questo //c. 602v.// proposito mi disse Sua Beatitudine che nella risposta sopra questo titolo a Alessandrino havea il Re Catolico detto generalmente che se ne rimetteva all’imperatore. Il quale, per quel ch’io ritraggo da chi tratta qua confidentemente col suo ambasciatore, debbe haver disegno di cavare qualche commodo di questo accomodamento et più tosto teme che Vostra Altezza non si ritiri et si risolva di voler stare a veder quel ched eglie sappia et possa fare, dicendo esso ambasciatore che ella doverebbe havere un poco di patienza perché Sua Maestà aspetta risposta di Spagna et, quanto sta in lei, ha buona volontà. Ond’io ho detto così in generale che l’imperatore, come ha trovato in altri suoi bisogni pronta più d’ogni altro l’Altezza Vostra al servitio suo, così debbe promettersene hora et per ogni tempo, non sendo mutato punto l’animo di lei per qualsivoglia accidente, ma cresciuto il desiderio di mostrarglielo con effetti anco maggiori se vorrà valersene. Il che è stato detto et piaciuto //c.603v.// all’ambasciatore, al quale ho anco fatto sapere d’una buona volontà trovata et confirmata da me in Sua Beatitudine verso le cose dell’imperatore et offertomi di far tutti quelli buoni offitii con Sua Beatitudine medesima, con Cesi et dovunche bisogni per facilitar quanto desideri Sua Maestà Cesarea, havendo io commessione da Vostra Altezza di far offitio di vero servitore suo dovunche occorra, come l’ho anco di fare et farò ogni servitio a Sua Signoria. Il che trovo essere stato utile poiché Massimo Grotto, internuntio di quel che non ho passato io stesso con l’ambasciatore detto, m’ha ringratiato in suo nome et dettomi d’haverlo trovato assai ben disposto et haverli detto che il duca di Ferrara ha fatto sapere la sua andata a Nostro Signore con una semplice lettera, senza toccare le cagioni et solo domandando se alcuna cosa volesse comandarli; et che da Gorone medesimo havea inteso che quel duca andava per offerirsi //c. 603v.// a Sua Maestà con quanto haveva et prevenire in ciò Vostra Altezza et per procurar dichiaratione nella causa di precedenza, la quale non crede l’ambasciatoref che otterrà altrimenti. Io di questa andata, parlando col papa, mostrai d’esser ragguagliato che andasse per procacciarsi titolo di granduca di Ferrara, ma non credere che egli ardisse di tentar Sua Santità tant’oltre. Ella disse d’haverlo bene per molto imprudente, ma non credere che entrasse in questo. Et io soggiunsi che di altre cose che si dicevano sarà più tosto vero che egli, presentendo che l’imperatore s’indolcisca con noi, vada a seminare nuove zizanie et Sua Santità mostrò credere che non fusse per altro, tenendolo per un malhomo et per ciò lontano dalla gratia sua. In confermatione di che io le raccontai quel che m’haveva detto Madruccio, cioè che egli havesse già praticato di muovere gli elettori eretici contra questa Sede et cheg si saria dato orecchio, se fra //c. 604r.// li catolici, richiesti anco essi del medesimo, non havesse l’arcivescovo di Salspurg particolarmente lassatosi intendere che non vi consentirebbono li catolici et che, se si movessero pur essi eretici, dovevano farlo con certezza d’havere nel ritorno a trovar altri in possesso delle cose loro. Mostrò non haverlo inteso più et io li dissi havermi detto Madruzo che Salspurg glien’havea conferito et che lo direbbe anco a Sua Santità, se volesse saperlo da lui, il quale io spingerò anco a pigliare occasione di dirgliene. Dissemi Sua Santità voler aiutar l’imperatore a muovere contra il Turco et che a ciò l’aiutino anco tutti li principi d’Italia, se bene gli spagnuoli vorriano che s’attendesse alle cose del mare, per andar principalmente all’acquisto d’Africa, ma che ella giudicava più utile al publico >servitio< di christianità la rottura verso Germania et però voleva volgersi più a questo ch’a quel commodo privato //c. 604v.// et minore. Et io le mostrai in questo che vi saria occasione buonissima di accomodar i fatti nostri, non sendo Vostra Altezza per gravarsi mai di quanto Sua Santità le comandasse.

Ragionando con Madruccio, come occorre, in questa medesima materia, stima egli che quel signor Trauzen, marito di sua zia, fusse buon instrumento da proporre et trattare quanto bisognasse con l’imperatore et ha voluto sopra ciò scriver all’agente suo con la lettera qui alligata che faccia quanto gli sia detto dall’imbasciatore di Vostra Altezza a quali ella potrà mandarla con ordini oportuni della mente sua. Questoh agente sarà homo per scoprir col mezo del detto signore come l’intenda l’imperatore et per cavarne altre notitie utili et passare più o manco innanzi, secondo che li diranno essi ambasciatori comandandogli così suo patrone.

Dal Musotto, come ho detto più volte, piglio quel che mi dà del suo, trattenendolo con buona cera quando viene da me (che non ci viene però //c.605r.// molto spesso) senza darli altro che cose generali et tanto communi che può valersene poco o nulla, sì che non tema ch’io gl’apra punto la via al parlar con me più oltre di quel che richiede il servitio di lei al quale ho sempre la mira. Nel resto io sto bene per gratia di Dio et con infinito piacer di sentir il miglioramento di Vostra Altezza, alla conservatione et augumento del quale la prego che attenda con ogni opportuna cura. Et con tutto l’animo mi raccomando nella sua buona gratia.

Di Roma li vii di dicembre 1571.

a Più interl. sup.
b Seguono due lettere barrate.
c Per più sua informatione interl. sup.
d Da “Et... Sua Santità” corr. su espunzione.
d Quel che nel testo.
e Egli interl. sup.
f Ambasciatore interl. sup. con segno di richiamo.
g Segue fra barrato.
h Preceduto da costu barrato.