Roma, 15 marzo 1572
Med. 5087, n. 27 (c. 74r-77v).
Finalmente dopo molti accidenti del cardinale Chiesa, egli et il Camaiano si condussero a Sua Santità con tutte le scritture necessarie per rimostrarle et farla ben capace di quel che fusse passato già un pezo in questa materia et, col bisogno di quel che hora si potesse fare et si dovesse per servitio di questa Sede et di Vostra Altezza, Sua Santità sentì tutto. Et quanto alla licenza data all’ambasciatore cesareo di procedere per Modona et Reggio, disse non haversi dichiarato della maniera che affermavano essi, ma che, havendogli l’ambasciatore parlato sopra di ciò, come haveva anco detto l’imperatore stesso al nuntio, chea intendeva questo giuditio dover servire solo per la sua corte. Ella gli rispose che in casa sua Sua Maestà poteva far quel che voleva. Chiesa fu sempre d’opinione che Sua Santità si tenesse lontana da far cosa che l’intrigasse in questo duello di Modona et Reggio, col pretesto che non fusse ben venir in contradittorio con l’ambasciatore d’haver dato o non dato la licenza, la quale egli havea scritto d’havere ottenuta, et, se ben parlò sempre amorevolmente, pur infine scoperse quel che in buona parte doveva esser stato causa della lungheza et che il Camaiano haveva compreso il giorno innanzi: ciò è che in materia //c.74v// sì grave haria desiderato non esser solo. Et mostrando nel medesimo tempo a Sua Santità che li cardinali Santa Croce, Albano, et Aldobrandino altre volte havevano trattato questo negotio, Sua Beatitudine (escusando Aldobrandino con altre occupationi) ordinò che fussero insieme gl’altri tre et con essi il Camaiano et tutti quattro risolvessero, dopo matura consultatione, quel che fusse da fare. Mandai homo espresso a chiamar Santa Croce, che era in campagna a un suo castello, il quale venne subito et, informato ben prima d’ogni cosa dal Camaiano, congregò (come più vecchio) gl’altri tutti in casa sua, dove hiermattina fu discusso lungamente quel che occorreva et si comprese non esser stato fuor di proposito l’aggiunta di questi altri, poiché Chiesa, perseverando nella sua opinione, più per usanza che per altro malo affetto, da sé solo non si saria indotto a quel che fecero di comun parere. Che fu in sustanza di mandar homo grave et di autorità, per il grado et per il sapere, a Ferrara con ordine di proceder prima con lenitivi et poi con rigore se quelli non bastassimo, dicendo a quel duca in nome di Sua Santittà che il suo fiscale, havendo presentito di certa citatione imperiale in causa di precedenza fatta a instanza //c.75r// del duca di Modona et Reggio, come vassallo dell’Impero, s’era doluto con lei del pregiuditio che riceveva la Camera (dissimulandosi) et protestato etc., et che Sua Santità si maraviglia che, sendoglisi proibito d’andar ad altro foro che a questo per le cose di Ferrara, le quali virtualmente abbracciano queste due città, egli, con vane sottigliezze et con segni d’animo inquieto, seguiti pur di opponersi sempre alla sua giusta volontà et far pregiuditio a questa Sede. Però che lo esorta a non far nuova instanza, ma a cedere al termino et non proceder più oltre etc. et qui mostrarli prima dolcemente come ciò compla al suo servitio. Et se pur starà duro et recusarà con qualsivoglia pretesto di consentir et accommodarsi in ciò agl’ordini di Sua Santità, allhora il mandato apostolico lo admonisca con parole gravi et comminatorie, dicendoli che, mentre egli vuole valersi dell’ombra dell’Imperio in quelle due città, cede alle ragioni havutene altre volte da questa Sede, delle quali si è valuto quando gl’è tornato commodo, et però gli fa saper Sua Santità che ex nunc per questo fatto ella accetta tal sua cessione etc., et a queste aggiunga altre parole di maggiore comminatione et sdegno et autorità, le quali con li brevi insieme siano //c.75v// tali da fermarli la testa, et ridurlo a quel segno che si desidera di non seguitar il giuditio, et assicurarci di questo.
All’imperatore hanno resoluto, con una repetitione delle cose passate, scriver in modo che si contenti di fermar lui ancora dal canto suo il giuditio, senza toccar per hora parole che più che tanto diano carico a Vostra Altezza, d’esser lei quella che per suo interesse desti le ragioni di qua o ponga in dubio le imperiali sopra quelle due città, né intrighino Sua Beatitudine nella disputa d’esse per hora, ma mostrino che, havendosi qua presentito di questo nuovo motivo di Sua Maestà, Nostro Signore si sia doluto con Ferrara, come di sopra, et grandemente maravigliato che Sua Maestà si vaglia delle parole sue a proceder per via giudiciaria, poi che il farb qualunche resolutione per la sua sola corte, come al nuntio haveva detto esser mente sua, doveva et poteva farlo (come può ciascuno principe et come hanno usato talvolta li suoi antecessori) per decreto et dichiaratione sua senza altrui previo giuditio, et però lo esorta et prega con ogni instanza a desistere etc. et con Sua Maestà ancora s’usino parole da fermarla sicuramente sì che non s’habbia a temer d’altro per Vostra Altezza, come meglio ella vedrà per le copie che io mi riserbo a mandarle di //c.76r// tutta questa espeditione quando sarà finita. Convenero che Santa Croce facesse le scritture per Ferrara et Chiesa quelle per l’imperatore et communicarsele hoggi tutti insieme acciò che ognuno dica il suo parere, et possino subito mostrarle al papa et si faccia l’espeditione per inviarla lunedì o martedì. A Ferrara disegnavano di mandar monsignor Lodescalco, il quale come dottore et valent’homo mi piace, ma non son già resoluto ancora se possiamo confidarne quanto basti et in ogni caso crederò che Sua Santità si sodisfarà di lui o d’altri, ch’io le proponga, il che non si farà senza consiglio. Per l’imperatore s’indirizarà et commetterà l’esecutioni al nuntio, poi che non vi può esser il legato (occupato in quelle diete, se ben con poca speranza) et il dispaccio con pieno ragguaglio vedrò di mandarlo a Vostra Altezza acciò possa spingerlo innanzi con corriere espresso a sua spesa et così prevenire tutte le querele che soglia far Ferrara et che dovrà far quando senta l’homo del papa et non preoccupi Sua Maestà con le favole et bugie. Et spero che passarà tutto secretamente sì che i suoi non odoraranno il tenor di questa espeditione. Intanto il fiscale harà fatto qua gl’atti suoi per non tolerar tanto preiuditio alla Camera et all’honor di Sua Santità et tutte le cose si accommodaranno //c.76v// in modo che Vostra Altezza stia sicuro delle contumacie et delle suggettioni, che a questo s’ha la mira particolarmente per la parte nostra et attende il Camaiano, che di ciò m’ha dato questo conto.
Detti la lettera a Morone et li lessi anco quella che Vostra Altezza mi scriveva mostrabile, il quale resta sodisfattissimo vedendo che la viene a quel che li ministri medesimi di Sua Maestà propongono et dice che risponderà et trattarà il negotio. Pare hora dove vuole la mira dell’imperatore, che si dovrà chiarire facilmente. Et se da un canto si ripara agl’affronti della precedenza, et dall’altro si avverte a non accettar et consentir cosa preiuditiale, non so quel che le possano far di male, massime che, finito questo negotio, voglio dar mano all’espeditione del breve. Voleva Morone scriver secondo l’ordine di Vostra Altezza che ella accettarebbe il titolo etc., ma par che l’ambasciatore cesareo sia di opinione che prima si dovesse trattar d’haver il privilegio o investitura con le parole poste in quello del duca Alessandro et poi muover questo et in un medesimo tempo concluder l’un et l’altro. Quel che importi questo suo pensiero io non so, perché non ho potuto ben intendere chi me l’ha referto, c né so quel che sia a favor loro o quel che considerino nel privilegio del duca Alessandro //c.77r// più che nell’altro. Ma hoggi aspetto qui l’ambasciatore et ci intenderemo meglio prima che parta da me. Mi sforzarò anco di persuaderlo a operar che Sua Santità (poi che si governa in ciò col parer di lui) mandi l’homo per la elettione del Re dei Romani, acciò possa praticar insieme questo negotio del titolo secondo nostro disegno; et credo che lo farà, poi che ha voglia di questo et di quello et tien pur detto che questo del titolo vorria passar per mano d’homo non conosciuto per dependente o mandato da Vostra Altezza, et quello trattarsi per homo pratico et non apparente. Di quel che concluderemo n’avvisarò Vostra Altezza con le prime.
A Sua Santità dissi quel che l’Altezza Vostra mi rispose intorno al desiderio suo del vivere delle galere et ne sentì molta contenteza. Domandomi se le galeaze sariano in ordine et io le risposi saper che Vostra Altezza usava ogni diligenza per sodisfar in ciò al desiderio dellad Santità Sua et che questo credevo bastasse a superar ogni difficultà. Di questo ancora mostrò gran piacere et mi commesse che io la ringratiassi della continua buona volontà sua verso di lei. Non voglio lassar di dirle che il Commendator maggiore (per quel che ho da Pacecco et dal maestro di camera) s’è dichiarato nimico a Farnese //c.77v// et con Sua Santità ha fatto offiti molto contrari alle voglie sue et nelle cose di Vostra Altezza s’è mostrato assai ben ritornato et disposto, come dovrà dirle il maestro di camera ancora, il quale ha ordine di pigliar da lei tutte le commessioni et ricordi che le occorrerà dargli. Et non potranno tardar a esser in Livorno, arrivando stasera a Civitavecchia per imbarcar subito et servirsi del buon tempo, il che ho voluto dirle con questo corriere espresso, per il (sic!) non m’occorrendo altro, resto pregandole lunga et felice vita.
Di Roma li xv di marzo 1572.
[Post scritto] Dopo haver scritto, il Camaiano m’ha mandata la scrittura sua alligata, che fu quella sopra lae quale fu discorso nel negotio della citatione. L’ambasciatore cesareo mi fece dir hieri che la regina di Polonia era morta.
a Che in un primo tempo seguito da non, poi cassato.
b Far in un primo tempo seguito da quel che, poi cassato.
c Referto; in un primo tempo seguito da ma, poi cassato.
d Della in un primo tempo seguito da A., poi cassato.
e La aggiunto in interlinea superiore.