Il cardinal Ferdinando al principe Francesco

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Roma, 7 aprile 1571, con post scritto dell’11 aprile

Med. 5085, [già num. 185], cc. 382r-388v.

Secondo ch’io scrissi essere convenuto con messer Nofri, sabato all’ultimo passato fui da Nostro Signore col quale, dopo alcune parole generali di piacevolezza per captare l’animo suo, entrai al fatto nostro con dirli che Vostre Altezze fuggono, come fuggiranno sempre, d’esserli noiose, massimamente per cosa di debole interesse loro o poco conveniente anco per altro, sendo il principal desiderio loro, come porta il debito di servirle et obedirle. Ma che, dove si tratta dell’honore loro all’ingrosso, haveano provato tanto benigno il patrocinio suo che credevano che lei per se stessa gli condonarebbe ogni importunità, sì come per la grandezza delle gratie havea mostrato al mondo et mostrava a loro continuamente assai chiaro di tenerle per quelli figlioli et servitori che sono obedientissimi a lei et a questa Santa sede. Però che, sentendosi essi hora stringere in parte che tanto li offende, senza potere riportare aiuto, per difetto altrui, da quelli remedii che Sua Santità havea benignamente voluto usare a benefitio loro, m’haveano comandato ch’io fussi in nome loro a suoi santi piedi, non per richiederla di nuova gratiaa, ma per supplicarla ab effettuare et fermare la medesima etc riparare al disordine seguito in quella forma che Sua Beatitudine //c.382v.// stimasse migliore. Non gli si domandare da Vostre Altezze né stati o città, né cosa alcuna di quelle che ragionevolmente possano essere contrarie al gusto suo sanissimo, ma sì bene quello che altri servitori, anco meno di noi obligati, debbono poter sperare dalla bontà sua, cioè la iustitia et, per essa, la quiete mentre sta in sua mano, et quello di che non parea loro di potere mancare senza occasione di tumulti, i quali a lei fussero per dispiacere, per il travaglio di servitori suoi tanto afflitti et per la parte che le ne potessi toccare, poiché, lassandosi correre le cose al camino incominciato dalle passioni degl’homini, non se ne dovevano aspettar se non conseguenze et resolutioni fastidiose, alle quali da Sua Santitàd speravano remedio tanto più pronto, quanto si conosceva il desiderio loro più congiunto con la dignità di questa Santa sede, come le si mostrarebbe meglio con alcune scritture che havevo da conferirle, se le piacesse udirle. Per queste parole mie ella si commosse molto et, sendosi contentata, chiamai messer Nofri, il quale gli lesse tutto quel che facea a proposito per noi, lassando in parte quel che apparteneva all’admissione fatta dal fiscale, perché, ascoltando ella dolcemente //c.383r.// il resto, mostrava alteratione nel volto et nelle parole quando si toccava quella parte. Ond’io potetti conoscere assai ben chiaro che il fiscale haria ben potuto portarsi più amorevolmente et fidelmente, ma non havea già passato cosa alcuna senza saputa et approvatione di Sua Santità et che ella veramente s’era ingannata di stimar buono quel che era fatto et sentee punto il giuditio suo quando s’accenni d’inganno di ministri con altra simil cosa. Fra il leggere quelle scritture et il ragionamento (che fu opera tanto lunga, che havea ridotto messer Nofri all’ultima stracchezza delle ginocchia et della voce) ella medesima consigliò et trovò il remedio da usarsi dalla banda di Cesare, fuggendo di cimentarsi più con Ferrara, et l’offerse con tanto ardore ch’io non ero già andato da lei con altrettanta speranza. Di che non scrivo i particolari, rimettendomi al ragguaglio di messer Nofri che sarà minuto et distinto. Questo solo dirò: che, havendo io compreso (quel che può persuadere il respetto di Vostre Altezze ch’io porto in me) quanto Sua Santità si muova dalla presenza mia et quantof messer Nofri sia //c.383v.// per acquistarne spirito et ardire, interverrò volentieri per servitio loro a tutto quel che habbia in sé qualche difficultà con chiunche n’habbia la cura. Sua Santità, sentendo gl’inserti dell’Antinori, mostrò credere che egli s’ingannasse et fusse aggirato ancor esso. Tuttavia si tocca con mano il contrario et si scopre maggiore inclinatione nell’imperatore al negotio et molta meraviglia che di costà non si mandino homini, che per ciò sarà stata molto a proposito l’espeditione del dottor Concino.

Recusando pure Sua Santità di venire a nuovi brevi con Ferrara, le feci finalmente instanza che chiamassi gli agenti di quel duca per fare con essi quel risentimento che le paresse convenire al dispregio de suoi comandamenti. Promessi di chiamar Gorone et farli una bravata terribile et minaccevole, sì che egli havesse a tener per fermo che lo sdegno di Sua Beatitudine passarebbe a fatti se egli non si ritirasse. Credo che ciò sia seguito et spero anco che contra quel duca spedirà nuovo breve, come dirà messer Nofri, sendosi ella piegata a credere che così le convenga, poiché ha minutamente visto per se stessa et discusso con li ministri ancora ogni cosa. //c.384r.// L’elettione del Pappone per qua è stata buonissima perché veramente bisogna che sollevi il Camaiano in qualche parte et, comunicando seco, pigli certe cure che egli per più respetti non può reggere, con tutto che niente sia grave alla volontà sua nel servitio loro. Io l’ho visto volentieri etg lo carezarò sempre, come richiede il servitio di Vostra Altezza et come leicomanda. Della venuta sua con le scritture non s’è detto a Sua Santità per che sendosi su il passar la suddetta contra Ferrara, è parso di vederla finita prima che di lui o di quelle si faccia mentione, acciò non causassero nuove difficultà o dilationi.

Non volse Sua Santità concedere le galere per il signor don Garzia, dicendo che poteva passar con queste che hora da Napoli vanno a Spagna, et che siamo tanto oltre che voleva esser scusata se giudica non volersi levar di qua le nostre. A Savello farò saper la risposta di Vostra Altezza a cui fra tanto mando la nota o memoriale dato per sopra la cosa sua.
A Acquaviva parimente farò nota la buona volontà di Vostra Altezza nel particolare //c.384v.// di messer Galvano et in ogni altra cosa sua et so che n’harà gran piacere, stimandola assai.

A Madruzo scriverò in buonissima forma et il medesimo farà Pacecco, come la desidera. Andarò pensando come io possa sodisfarle nel particolare del cardinale d’Este, non vedendo fino a hora come per me o di qua si possa far offitio che habbia fede con Sua Santità et possa produrre l’effetto che Vostra Altezza desidera.

Fui col cardinale di Como et egli è stato poi con Commendone, il quale gl’ha dato quella scrittura che va con questa. Et sendo leggieri l’ombra che havea trovata in lui, facilmente gli par d’haverla levata et lassatolo sodisfatto, sì che non s’habbia a temere dell’opera sua, della quale potrà anco Vostra Altezza assicurarsi tanto più se, in quel che resti, le darà sodisfattione di prestezza. Scrissi già più giorni quel che n’era proposto sopra il castello di Solarolo in Romagna. È di poi nato differenza tra Camillo Volta, agente del duca di Nivers, et quel signore che dovea esser compratore, talché a Camillo Bagno si è porta occasione di persuadere il Volta a proponermi questo partito per Vostra Altezza, //c.385r.// mostrandoli che con nessuno possa contrattare questo castello con più suo vantaggio particolare che con lei, da la quale può esser certo che le artigliarie et munitioni che vi sono le saranno ben pagate (a lui le dona il detto duca) oltra che pigliaria una servitù da valersene a qualche tempo che non verrebbe fatto con qualunche altro v’entrasse. L’ha anco avvertito che, girando certi humori, non scuopra a quel duca questa pratica, ma la guidi segretamente et poiché ha l’ordine generale di darlo a chi fa miglior conditioni, stringa con Vostra Altezza. Et poi gli faccia intender d’havere stipulato il contratto, per il quale dice che harà amplissima procura. Il Volta, persuaso dal commodo proprio per li suddetti respetti, ha accettato il consiglio et è venuto a proponermi questa pratica, mostrando molta facilità nel condurla et molta utilità, sì per la qualità del luogo opportunissimo a molti disegni, sì per comprarsi a cinque et sei per cento; et m’ha pregato a scrivergliene et procurar risposta. Finsi di non haver saputo altro prima et lo ringratiai //c.385v.// amorevolmente, avvertendola a tener in sé il negotio finché s’intendesse la mente di Vostra Altezza. Pregola per tanto a considerarlo et rispondermi la sua resolutione, dicendole che, se pur per altro faccia per lei, come dicono, non debbe ritenerla il respetto d’una certa scoperta di serrarsi addosso a Ferrara, perché la compra si potria far in mio nome o di don Pietro per accomodar le cose a bell’agio. Et così con Sua Santità et con ognuno passarebbe sotto tanto minor considerationi.

Andava questi dì passati Gambara per giustificarsi con Sua Santità delle imputationi che presentiva darseli d’haver fatto mali offitii nel negotio della Lega, ma ella, non lassatogli tempo di parlare, lo ributtò con gravissime parole minacciandoli che Dio le daria dovuto castigo et lei ancora all’occasione. Così egli se ne partì rabbuffato stranamente et io ho voluto che la mia lettera le porti questo avviso, non per ingerirla nell’offitio d’altri, ma perché da altri forse non lo saperebbe.

Non ha recusato mai il cardinale Simoncello che si veda la causa di suo fratello //c.386r.// con maturità, ma pesandogli hormai tante proroghe che si danno a suoi avversari dopo sì lunga discussione et con derogatione degl’ordini di quel tribunale et desiderandone il fine per iustitia, m’ha pregato a far instanza con Vostra Altezza afinché si contenti di lassare correre la sententia senza più dilatione di quella che se le debba ordinariamente. Par il desiderio et ordinanza sua tanto giusta ch’io per ciò non posso non raccomandarglielo efficacissimamente et prometterle di ricevere in me qualunche favore le verrà fatto da lei.

Dovendosi stampare di nuovo l’offitiolo della Madonna reformato dalli deputati di Sua Santità desidereriano gli stampatori da Vostra Altezza un privilegio che proibisse di potersi stampar nelli Stati suoi per dieci anni, né vender tampoco altri offitioli che di questi senza licenza ecc. La prego me ne faccia gratia per compiacer amicissimi miei che mi richiedono, ch’io le n’harò molto obligo.

//c.386v.// Saranno con questa due mostre d’azurro oltramarino datomi per mandare a Vostra Altezza da un homo da bene che è qui et offerisce lavorarne a scudi xii l’oncia quella quantità che si volesse. Se è pratica che le piaccia, harò caro d’havergliene proposta, se no mi sodisfarò della risposta sua. Qua è venuto avviso che il marchese del Monte sia morto, il che mi dispiaceh per la perdita che Vostra Altezza fai d’un servitore amorevole et per quella de figliuoli suoi, chek con noi meritano quanto ella sa. So che per ogni respetto ella saria per tenerne protettione, tuttavia, amandogli io assai et sentendomegli debitore d’ogni honesto favore, la supplico a farlo tanto più caramente in gratia mia, certificandola ch’io lo riceverò in conto mio proprio da lei, nella cui buona gratia mi raccomando con tutto l’animo.

Di Roma li vii d’aprile 1571.

[Post scritto] Siamo alli xi, né però dalla data suddetta in qua s’è mai intermesso un’hora d’essere appresso al negotio, havendo Sua Santità dato sempre buone parole et allungato con rimetterne hor a Chiesa, hor a messer Tommaso Aldobrandini, //c.387r.// et qua et la, come quella che, senza scoprirne l’animo suo, voleva sodisfarsi di quel che ha mostrato poi. Hieri finalmente portandoglisi il breve disteso in quella forma che ella havea mostrato piacerli, stava pur sospesa, ma, serrandola il Camaiano d’ordine mio, ella si lassò intendere di volere aspettar risposta di quanto havea fatto scrivere a Ferrara per Gorone questi dì passati et che, se pur (come nelle replichel mostravamo dubitare) quel duca daria tempo al tempo sì che troppo s’avvicinasse il termine a noi pregiuditiale, spedirebbe senza aspettar altra risposta, però che si vedesse la data delle lettere di Gorone et della credentiale d’Alessandrinom et le si riferisse. Andava lentamente questo ancora, ma hoggi sono stato io stesso a spinger il negotio et, con la gratia di Dio, ho pure fatto sì che, venga o no questa risposta, sabato si inviarà il detto breve del tenore che Vostra Altezza vedrà dalle copie ch’io n’ho fatto dare al Camaiano. In tanto sendo fermo questo, è anco ferma la sustanza delle letteren che Nostro Signore fa scrivere in Germania, delle quali parimente m’ha //c.387v.// promesso Alessandrino dar copia al Camaiano. Queste, per darli più credito, ho operato che si mandino di qua con un corriere del papa che si spedisca et spicchi dalla Secreteria di Sua Santità senza mentione di noi, se bene va a spese nostre, che per ciò ho fatto far lo sborzo per terza mano dallo ambasciatore et partirà di qua domane a qualche hora. Il che dico a Vostra Altezza per sua notitia et acciò possa, senza ritardarlo, valersi del viaggio suo.

L’esito di questo negotio ha superato la mia espettatione, sendosi ritratto maggior gratia di quella ch’io credevo, atteso che il papa s’era ritirato sul sospetto di non rompere et obligato a ferraresi di trattar amorevolmente. Dovemo molto al cardinale Chiesa, sendosi egli mostrato tanto amorevole et offitioso con Nostro Signore et per tutto, che non potrei dir più. Hoggi mostra haver alcuni scritti fatti già da lui a favor della libertà di Fiorenza per il granduca et con me s’è mostrato tanto pronto a favor delle cose nostre, come se //c.388r.// con noi fusse congiunto strettissimamente. Questa volontà sua ho io mostrato sopra modo aggradire et desidero che di costà le ne venga un ringratiamento compitissimo, sendo molto a proposito ristringersi seco, poiché vale assai, è persona integrissima et, havendo consigliato per noi altra volta, dirà sempre costantemente il medesimo. Questa scoperta sua m’ha fatto volger l’animo a operare che le scritture portate dal Pappone vengano in sua mano, o, se pur Nostro Signore le vorrà dar a Santa Croce, procurar che Chiesa sia a parte di questa notitia perché, come ch’io non diffidi di Santa Croce, malvolentieri però mi riduco ao mettere cosa tanto importante in mano d’homo che suol pur assai lassarsi girar dagl’interessi. Però ho disegnato, quando presentarò il Pappone, mostrare particolar desiderio a Nostro Signore che questo negotio sia in mano di creature sue et così girarlo in modo che caschi in lui, o in Albano, mio amorevolissimop. Et se Sua Santità pur vorrà Santa Croce, al meno //c.388v.// uno d’essi li si dia aggiunto, sì che a lui solo non stia di tenerci appiccati. Questo offitio hormai andarà all’ultima festa di Pasqua, però harà tempo Vostra Altezza di scrivermi anche se le paresse altrimenti.

a Segue pe barrato.
b Supplicarla a interl. sup. con segno di richiamo.
c Segue per barrato.
d Segue si barrato.
e Sentiva, -iva corretto e barrato.
f Quanto interl. sup.
g Et interl. sup.
h Diaspiacerebbe, -rebbe barrato.
i Farebbe, -rebbe barrato.
k Segue no barrato.
l Nelle repliche interl sup.
m Della credentiale d’Alessandrino interl. sup. con segno di richiamo.
n Lettere interl. sup.
o Segue l barrato.
p Mio amorevolissimo interl. sup.