Il cardinal Ferdinando al principe Francesco

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Roma, 12 maggio 1571

Med. 5085, [già num. 198], c. 413r-v.

Dovendo a quest’hora messer Piero mio secretario havere supplito di boccha alla maggior parte di quel che ricercherebbe per risposta la lettera di Vostra Altezza de’ vii del presente, poco altro m’occorre da dirle, salvo che quanto all’advertire che Sua Santità non vengha ingannata dalle macchinationi che si preparano per li ferraresi, non si mancherà (sì come non si è mancato fin’a hora) et da messer Nofri et da me con ogni diligentia d’obviar a tutto quello che da loro potesse esser disegnato, sì come la n’advertisce. Quanto al guadagnarmi il nuovo nuntio destinato per alla corte cesarea, m’ingegnerò con ogni sorte d’amorevolezza operare che da quelle possa conoscere che altri confida in lui, donde habbia cagione di pigliare la protetione delle cose nostre. Et circa la cosa del vescovo Salviati, parlerò seco et intenderò la volontà sua, il che per ancora (sebene arrivò hiersera) non ho potuto fare et, secondo che alla giornata si scopriranno i disegni di Nostro Signore in tal proposito, farò ogni diligentia acciò ne segua l’effetto che si desidera, per che invero oltre che saria molto atto, essendo stato (per quanto s’intende) molto ben visto da quelle Maestà, non credo che si possa trovar persona più amorevole, né più affetionato alla casa nostra. Quanto alla Lega da farsi, penso che Vostra Altezza habbia saputo fin’a qui tutto quello che è seguito, onde non mi occorre dir’altro in questo proposito, se non che hieri, sendo stato da Sua Santità l’ambasciatore veneziano et havendo chiestole le decime sopra il clero del lor Dominio et il papa havendogliele concesse, et poi facendo instanzia di più d’havere di presente sopra l’assegnamento d’esse certa somma di denari da Sua Santità, con esigersi poi per la Sede apostolica, venne in collera et così se lo levò dinanzi con dir che non lo voleva fare, et così non volse negotiar //c.413v.// più oltre. Ma per ciò non si crede che non sia per seguir la conclusione della Lega, la quale, come sia giurata, ne darò avviso per corriere espresso a Vostra Altezza, havendomi detto il cardinale Alexandrino che, subito che ella sia conclusa, Nostro Signore vuole che le galere venghino a Civita Vecchia, il che ho voluto scriverle acciò possino pensare a sodisfare a Sua Beatitudine. Quanto al cardinale di Monte mi governerò seco secondo che Vostra Altezza m’adverte et mi comanda con risponderli cortesemente.

Circa a quello che si sia ritratto dell’animo di Nostro Signore sopra il partito proposto dal cardinale Morone, messer Piero a quest’hora non solo harà raguagliato il Granduca mio Signore, ma anco l’Altezza Vostra, aggiugnendo che, con l’occasione del communicare le scritture mandate al Pappone, si farà opera et da messer Nofri, et da me di scoprire l’animo di Sua Beatitudine, sendo necessario andare con destrezza per non far effetto contrario. Et quando s’intenda che Nostro Signore disegni di mandare legato alla Maestà Cesarea, s’andrà proponendo et il cardinale Albano, et tutti quelli subietti che ne saranno proposti di costà et che saranno giudicati a proposito all’interesse della causa.

Non posso mancare di non raccomandare a Vostra Altezza messer Giovan Giorgi, cavaliere per quanto intendo di molto valore, il quale desidera venir a servirla, et per tal conto glien’ha fatto scriver dal Reverendissimo Rusticucci per mezo d’un suo fratello il quale, sendo il più favorito cameriere che habbia, può molto con Sua Signoria Reverendissima et da lui si è ricevuto qualche favor quando è occorso, inperò Vostra Altezza, aggiunta l’intercession mia, si degni accettarlo tanto più volentieri, et con questo facendo fine le bacio le mani.

Di Roma alli xi di maggio 1571.