Il cardinale Ferdinando al principe Francesco

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Roma, 25 aprile 1570

Med. 5085, [già num. 121], cc. 238r-239v.; c. 241r.

Ringratio Vostra Eccellenza della buona volontà sua verso il medico Contugi, nel quale sarà veramente ben collocato ogni honesto favore.

Delle nuove, quando alcuna n’harò degna della sua notitia, gliene farò parte molto volentieri, poiché m’assicura doverle piacere l’opera mia in questa parte. Per hora vi è solamente che Nostro Signore hiermattina in congregatione di xii cardinali, oltra li x già ordinatia, udì questi consiglieri cesarei, i quali admessi con due gentilhomini solamente, non senza difficultà concessigli da Sua Santità oltra il conte Prospero ambasciatore ordinario, esposero, parlando il dottore, con dolce et humile oratione l’ambasciata loro, la quale io non racconto, perché et il Camaiani che ha la copiab, et il Bonsi, che l’hac vista, ne scrivono a Vostra Eccellenza ogni particolare. Sua Santità la volse da loro in scritto et commesse alli cardinali San Sisto, Santa Croce et Sirleto, a quali par anco che aggiunga Alciato, che pensino sopra la risposta, havendosi preso tempo di darla a costoro, dalla parte de quali s’è proceduto con modestia et da tutte due con molta quiete. Io, sapendo che non sarà //c.238v.// discaro a questi reverendissimi deputati, come so che sarà utile et espediente, farò far qualche fatica et studio da amici particolari destramente per potere ricordare quel che occorra in questo particolare, nel quale consiste tanta parte del negotio quanta Vostra Eccellenza vede meglio di me. Né tema ch’io me ne scaldi oltra il bisogno sì che o col parlar o con altro possa portar alcun danno, ma creda che io senza scoprirne ansietà nelle parole o nell’opere me ne pigli cura quanto basti per sodisfattione mia a guardia del servitio nostro, che importa pur il medesimo che star avvertito et vegliarlo come la comanda.

Mando una nota datami sopra il recapito delle lettere del Mannello, se pure volesse Sua Altezza farne alcuna diligenza, quel ch’io ho mostrato qua per ogni respetto di non credere, se bene per non rompere l’intelligenza ho dato a questi ministri franzesi parole piene di buona volontà verso il servitio loro.

Sua Santità ha fatto chiamare li baroni ecclesiastici per esortarli et ricercarli d’aiuto di remigi per le galere promesse al soccorso de venetiani et hoggi nelle //c.239r.// stanze di Alessandrino s’è fatta questa congregatione nella quale a nome di Sua Santità fu chiesto a ciascuno quattro homini pagati per ogni cento fuochi di loro vassalli. Fu sentita la cosa con mal gusto et replicato et proposto molti partiti i quali, mostrandosi nel referire a Sua Beatitudine che non concludevano alcuna cosa, fu anche soggiunto la cagione essere che Farnese fra tutti gl’altri ne levasse esenti i castelli et luoghi suoi per alcuni privilegi di Paolo III. Onde Sua Santità, meza sdegnata della renitentia, disegnando forse di volere in ogni modo quel che ha chiesto amorevolmente, comandò a Alessandrino che andasse a dir a Farnese che, desiderando questo dagli altri, voleva che lui conferisse il primo per esempio loro alla medesima rata et che haria caro lo facesse prontamente. Quel che sia successo di poi non lo so, ma gran dolore darà a Farnese il veder così messo mano et rotto i privilegii suoi.

Hoggi sendo andato a Palazo, come soglio talvolta, da Alessandrino trovo che Nostro Signore in questi bisogni havea resoluto di vendere il Camarlingato et che si //c.239v.// trattava tuttavia di darlo a Cornaro per 70 mila scudi, de quali nessuna parte si daria a Alessandrino et, se ben la pratica è innanzi, ha però non poca difficultà, sendo questi Vitelli per negare il consenso loro, come hanno fatto sin qui. Alessandrino, sentito questo motivo et dissimulatolo, andò ad offerir a Sua Santità il Camarlingato per questi bisogni, et dirle che non le poteva far maggior gratia che disponerne posposto ogni respetto dell’interesse suo, la quale offerta fu accettata con lietissima fronte et con amorevolissime parole risposto che per uno che gli si togliesse, gli tornaria dieci et che l’haria sempre per quell’amorevole nipote che l’havea stimato fin qui. Le quali parole non sodisfecero però a Alessandrino, sì che egli non stia in molto fastidio, nel quale ho cercato di consolarlo il meglio che ho potuto con offerirli Vostra Eccellenza in quel che vaglia servirli. Così camina il negotio ma con tali intoppi che più difficile sarà a Cornaro che ad altri di superarli, sendo i Vitelli resoluti, come ho detto. La pratica non è publica et io ho voluto darne conto a //c.241r.// Vostra Eccellenza per notitia sua et di Sua Altezza parendomi negotio di qualche consideratione per quelle cagioni che le possono pensare, et con questo fine le baso la mano.

Di Roma li 25 di aprile 1570.

a Segue ha udito con ha barrato, -to barrato.
b Che ha la copia ms. interl. sup. con segno di richiamo.
c Hano, -no barrato nel testo.