Roma, 29 marzo 1586
Med. 5092, n° 115 (cc. 305r-306v), firma autografa
//c. 305r//
Fin quando nel venire mio costà passai per Siena, sentendo che quivi si trovavano li duoi nipoti di Harrac [1], li feci salutare dal cavaliere Sinolfo Saracini con offerta dell’opera mia in quel che valesse per loro, i quali ne mostrorono molta sodisfattione. Questo medesimo ho fatto di nuovo qua in voce più vivamente con essi hora che mi hanno resa la carta di Vostra Altezza, et complirò di effetti ancora di maniera, che potranno riconoscere la memoria di tutti quelli meriti che la mi ricorda, et del desiderio di lei.
Dopo le mie di lunedì fui a piedi di Nostro Signore, che mi ricevette con la solita benignità, et con molto amore vedde Virginio [2], et perché l’hora della cappella stringeva, non uscimmo di generali per quella mattina.
Hieri andai all’audienza, nella quale fu il primo negotio quello dell’arcivescovo di Corfù [3], come quello che portò molto a core per il molto che preme alla Granduchessa [4], et a Vostra Altezza. Il papa alla bella prima mi disse liberamente non volerli dare nulla, ond’io ripresi le sue parole, et passai una lunga disputa, il fine della quale fu che pensaria a qualche cosa con occasione. L’inclinatione è poco ma vedremo di crescerla con tenerlo ricordato, et stimolato, et io non lassarò di fare in questo quel che le Altezze Vostre desiderano. Parlai dell’auditore di Ruota in conformità di quanto scrissi volere fare, et la risposta fu, che haveva continuamente appresso li ambasciatori di Perugia, ai quali haveva chiesto una nota di suggetti, et che questo voleva darlo a loro. Parlai del Bonfiolo [5], del quale mi disse mille mali, ma pur la somma fu, che io trattassi co’l Fiscale [6], il quale chiamarò, et vedrò di concludere con esso il manco male che si possa. Proposito di parentado lassai per un’altra volta //c. 305v// et trovo che non fu mal fatto volere sentire meglio prima ciò che andasse attorno, perché da Rusticuccio [7] ritrassi poi, che vi è mossa qualche pratica di Ranuccio, se bene non si è uscito di generali et non fugge tempo, già che non si vede grande inclinatione nel papa. A che fa assai riscontro che oltra li altri, non cessano Gaetano [8] et Sforza [9] di battere continuamente Montalto [10], se ben con poco profitto fin’hora per la prima mira che egli conserva. Intanto Sforza fallito a fatto se ne va in Lombardia per vivere come potrà, poiché qua non può durar in modo alcuno, non potendo vendere per il fidecommisso, come haria disegnato. A Olivares [11] resi la visita, et li fo ogn’hora tanti regali et demostrationi che bastariano per guadagnare ognuno che non fusse di quella natura. Usarò altri mezi ancora per domesticarlo, et per me non restarà. Egli non sta meglio di prima co’l papa, il quale apertamente ha mostrato al Contestabile [12] di vederlo et trattare con esso malvolentieri, così mi ha detto l’istesso Contestabile in confidenza, al quale sarà facil cosa che Sua Santità dia qualche commessione per il […]a sopra di questo, scorgendo io che ella si è applicata con l’animo a lui, et lo favorisce, come si è visto nel particolare del vescovo di Calaorra [13] che alla sua prima richiesta gl’ha fatto la gratia, che non ha mai voluto concedere a Olivares. Egli ha gentilissima maniera, et par homo di concetti buoni, et di sapere, et atto molto a negotii, talché è facil cosa che il Re se ne serva. Non è punto amico, né sodisfatto del Commendator [14] né confida d’Olivares, et io ho contratto seco dimesticheza, havendo trovata buona correspondenza in lui, il quale havendo pur qui qualche interesse et mira per parenti et amici suoi //c. 306r// mi ha pregato di trattarglieli con Sua Santità poiché poca commodità gliene lassa la compagnia d’Olivares, il quale quasi sempre usa di volere esser seco. Et pur hieri trattai certa pensione per un suo fratello, et sarà compiaciuto. Con queste occasioni cercarò di accrescerli l’inclinatione di Sua Santità acciò che vedendosene effetti, possa essere stimato buono o per qua o per altrove, et incaminarsi a fare un poco di contrapeso alli disamorevoli nostri. In questi propositi di vacanze mi si dichiarò il papa, che se morissero Siviglia [15], o Toledo [16], non faria altri cardinali spagnoli per quelle chiese, et che in quelli della natione che inclinaria lei, si vede che non li vuole il Re, ond’ella sta resoluta non volerli fare anco quelli che li chieda fuor della notitia et gusto suo. Vedremo al ristretto poi quel che sarà. Et io fratanto a Vostra Altezza bacio la mano.
Di Roma li xxviiij di marzo M.D.LXXXVJ
Poscritta. Ho visitato Farnese [17], co’l quale ragionando del principe suo nipote [18] destramente lo tirai a dire del viaggio, et vedendolo disegnato per lo Stato di Castro, mi parve tempo di dirli, che se seguendo per quella parte facesse la via di Firenze saria visto con quel piacere da Vostra Altezza che richiedevono tante cagioni. Etc. Et così fu accettato l’invito, et la partita sarà di qua la Domenica in albis. E’ gentile e credo che piacerà a Vostra Altezza. Mi domandò quel che doveva credersi di tanti discorsi, che andavano in volta di guerra, et arme di Vostra Altezza, et io me la passai, ridendo, con dir che ognuno può dire ciò che vuole. Fui richiesto dallo agente di Montmoransì [19] con lettere di lui di b fare alcuni offitii co’l papa, et mi parve di darne conto a Olivares, et intendere da lui, se fusse servitio //c. 306v// del Re che io me ne ingerissi secondo la richiesta. Il quale mi rispose che farei bene favorendolo perché era servitore del Re, ond’io trattai co’l papa, et sì che ancora che non seguisse l’accordo con il Re Cristianissimo [20], restarà Sua Santità sodisfatta di quel signore. Grandemente sodisfatto resta Montalto di Virginio, ma la signora Camilla [21] più che non si potria credere, et il papa ancora n’ha gustato grandemente.
Io l’ho mandato hoggi a fare compagnia al Conestabile, perché mostri ossequio come servitore del Re.