Roma, 1 maggio 1587
Med. 5092, n° 195 (cc. 499r-500r), firma autografa
//c. 499r//
Dopo il mio ritorno di Bracciano, scrissi a Vostra Altezza et hora ho la sua de’ 24 che nell’avviso della sua salute m’ha dato quel piacere che conviene al molto desiderio che ne tengo. Qua habbiamo li tempi tanto varii et spesso con tanto freddo, che la stagione non pare mutata; ond’io non ho cominciato per ancora la purga disegnata, ma la farò in breve.
Di Spagna mi scrisse il Battaglino [1] la medesima pratica d’Aghilar [2], et representandomela nelli termini medesimi che mostravano li primi avvisi a Vostra Altezza, io la stimavo per conclusa, et questo credevo dovere sentire con le prime. Scrissemi ancora che il Duca di Cardona [3] pentito della risposta già data, hora desiderasse di rappiccare la pratica, ma non gli si darà orecchi per cagion dell’altra suddetta, nella quale sento molto strano quel che hora Vostra Altezza mi dice, parendomi che necessariamente tutto sia stato burla, poiché non è verisimile che le donne habbino fatto da loro stesse il parentado di Aranda, sì che il fratello et altri non lo sapessero, mentre trattavano con don Pietro [4]. Il quale io mi dispero che non si commuova, et non revochi l’animo interamente da quelle pratiche spagnole in questo genere, vedendo con quanta indignità si trattano, et non so se per sorte il cavaliere Gianfigliazi [5], qual mi pare vedere che guidi il negotio, si lassi tirare troppo da capriccio suo, o dalla voglia propria di lassarlo casato, o qual altra se ne sia la cagione, poiché non mancano fuor di là partiti, come di Lorena, di Baviera, di questa giovane contessa di S. Angelo [6], li quali se (com’io bene so) volentieri fariano parentado con Virginio [7], non fuggirebbono anco don Pietro. Al quale se paresse a Vostra Altezza che unitamente ricordassimo scorso il termine della sua promessa, et //c. 499v// che lo stringessimo a lassarsi casar da noi, io farò la mia parte come vorrà lei, perché in questo sento il medesimo et non punto diversamente, et perciò aspettarò l’ordine suo, non sapendo accomodarmi a vederlo casato con quel Cardona, che lo pospose con strapazo sì stravagante, et havendoli io fatto dire con l’ultimo corriere che doveva risponderli et risolverlo nel modo medesimo che egli usò con Sua Eccellenza, se ricercava, et non in modo alcuno richiederlo o concludere seco. Ma se il Duca harà continuato l’instanza, quando don Pietro habbia sentita la bella resolutione del suddetto d’Aghilar, io non ho per incredibile, che non l’habbia udita, et forse sia passato alla conclusione, tanto lo vedo posto in volere moglie spagnola, et con animo tanto alieno da italiane. Havendomi detto il Gerino [8] che Vostra Altezza volentieri vederebbe ritornarea monsignor della Corbara [9] a cotesta nuntiatura, et persuasomi a fare opera come di mio, che succedesse, io ne parlai hieri con Nostro Signore, et così dalla larga venni a questo. Sua Santità mi rispose, che lo mandaria, ma gli pare che mostraria carestia di soggetti, rimandando il medesimo, soggiugnendo che haveva disegnato monsignor Montorio [10], di cui mi domandò il mio parere. Io (per tenermi anco a quello) risposi per generali, che a proposito stimarei o persona già provata et grata, o altra nuova persona di qualche maturità et esperienza, et insomma la dipinsi quale non è egli, di cui non so quanto si sodisfaria Vostra Altezza, et il negotio restò di così, et potrà andarsi ritoccando. Et fratanto havendo avvertito Gesualdo [11] della occasione per quel suo Caracciolo [12], vedrò se ha la pratica in termine di potersi sodisfare.
Di cotesto arcivescovo [13] partito resta mal sodisfatta Sua Beatitudine, et quasi vuol mostrare di non //c. 500r// havere saputa la partita se non dopo; né la cagione, et io le dissi che non li sarà parso trovare fondamento alle pratiche per Albano [14], il quale per vana speranza di sopravvivere a Sua Santità l’haveva procurato, et che non doveva maravigliarsene, chi sapeva che dopo quelli travagli suoi et de figlioli il Granduca nostro padre per compiacere a Carlo Quinto l’haveva bandito di cotesti stati. Di questo mostrò Sua Beatitudine non havere più sentito, et delle pratiche si rise. Qua habbiamo nuova del nuovo figliolo maschio felicemente partorito dalla Principessa nostra [15], di che io sento estremo contento, et incredibilmente me n’allegro con Vostra Altezza. Et non havendo altro che dirle, le bacio la mano.
Di Roma il primo di maggio M.D.LXXXVII.