Instruction to Cardinal Montalto

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Transcription by Maria Antonietta Visceglia

Biblioteca Nacional Madrid ms. 973, ff. 266 -274

Istruzione utile e curiosa data al cardinale Montalto, nipote di Sisto V, l'anno 1587 circa il modo di portarsi nel Governo con familiari, ministri, ambasciatori, cardinali e principi; l'elezione dei familiari e ministri, l'amministrazione della giustizia e la concessione delle grazie e queste da negarsi con garbo, quando non si concedono; la perspicacia degli ambasciatori e le loro proprietà e la forma di trattare con essi e altri, le udienze e lo spaccio continuo di negozi e altre cose assai curiose.

La dignità di cardinale è estesa degnamente: collocata molto ampia sopraeminente per essere quel Sacro Collegio Senato della Chiesa universale, Consiglio supremo del Pontefice. Si mostra, più che in tutti gli altri, ampia ed eminente nella persona di coloro che al Papa sono congiunti di sangue perciò, per il desiderio che si ha della loro grandezza e per la confidenza la quale in essi è maggiore che negli altri, a loro si comunicano i più importanti affari che sono riportati alla Sede Apostolica, con essi trattano gli oratori dei principi residenti o mandati a questa corte per il mezzo loro o del Papa, i desideri e bisogni di tutta la Cristianità, ad essi si scrive dai legati e altri ministri della predetta Santa Sede, con l'opera loro si governa lo Stato ecclesiastico, con l'intervento e con le intercessioni loro si fanno molte assegnazioni di Chiese, benefici e uffici e, quello che importa di più, la promozione dei cardinali; per essi si applica il Papa la mente sua, concede le grazie e sono aiuti principali e porta il gravissimo peso del Pontificato. La grandezza e il numero delle cose sopradette mostra, senza che se ne dia altra spiegazione, la scienza, la prudenza, l'industria e la vigilanza necessaria nel cardinale nipote di Papa per sostenerle, ma per scendere dal 'universale, che è confuso, al particolare, che è distinto, diremo prima il fine che nelle sue azioni deve avere; poi di alcuni aiuti dei quali si deve provvedere, poi si farà un divisione dei negozi per alcuni Capi principali con alcune avvertenze circa il trattarli con nostro Signore: con i cardinali, ambasciatori, prelati e anche con il resto e, in ultimo, alcune brevi considerazioni sul modo di parlare e di scrivere.
Il fine di qualunque ministro di un principe deve essere il medesimo di quello dello stesso principe e in nessuna parte contrastante e perché il fine del Pontefice deve essere la gloria di Dio, la salvezza delle anime, la diffusione della fede, l'esaltazione della Santa Chiesa, la pace e la tranquillità universale, l'eminenza della virtù e la dispersione del vizio, questo medesimo sarà del cardinale suo nipote e a questo bene indirizzare tutte le forze dell'ingegno e l'industria e fatiche sue.
Oltre al fine del Principe, può un suo nipote avere qualche cura di se stesso non come diverso da quello ma come conseguente; e compatibile a questo sarà una buona opinione di sé presso i Principi e presso gli altri cardinali e la loro benevolenza della quale buona valutazione e volontà, nessuna cosa può guadagnare maggior importanza presso un buon numero di amici o servitori creati cardinali e posti avanti nelle legazioni dai Principi nei governi e negli uffici principali della corte e sparsi ancora per le altre famiglie. In ultimo sarà la ricchezza, le entrate, le capacità numerose come necessarie da vivere con splendore e dignità ad usare beneficenza e all'esecuzione di molte azioni. Alla considerazione del fine viene molto concessa quella degli aiuti, dei quali deve provvedersi, essendo principale quello degli amici e dei familiari e quello delle facoltà, delle quali si è fatta menzione. Il principio di sostenere la dignità e le cariche del governo sta nell' elezione dei ministri e i signori hanno bisogno di giudizio nell'eleggersi e ancora buona fortuna ma laddove concorrono molti (come avviene ai nipoti dei Papi) è più facile, perché di un numero grande se ne perdono, poiché dei presi si applicano al servizio quelli più idonei.
Consideri nel fare tale elezione prima da chi gli sono stati proposti, poi la patria, le amicizie, la conversazione, la vita passata, gli studi, il portamento, la presenza e l'origine naturale dei costumi. Dai buoni nascono i buoni, alcuni costumi sono propri e ordinari di una famiglia, di una patria e di una nazione. Più certamente si ha una nazione dai compatrioti, dai compagni e dalle famiglie nelle quali abbiano conversato e servito. E' credibile che tale debba essere per l'avvenire e con noi quale è stato per il Papato e con altri di buon valore, poi non siano proposti da parte sospetta e siano sinceri, affettuosi, vigilanti, laboriosi, indifesi, parchi e cauti nel dire, spediti e sagaci nell' eseguire, ambiziosi della grazia del principe, desiderosi della grandezza sua e dell' onore proprio, istruiti di lettere, di notizie e di esperienza squisita per il suo ufficio, tolleranti dei viaggi, della correzione e delle avvertenze e che in ogni cosa aspirino alla perfezione e all' eccedere, se è possibile, ogni altro intermedio di grado e di fortuna, perché quelli troppo poveri sono onerosi per le sovvenzioni che ricercano e i ricchi e i grandi sono fastidiosi per le loro alte pretese. E' tuttavia conveniente ad un prelato il volgersi verso i poveri, dovendo essere benigni nel sovvenire e perché l'ingegno, l'industria, l'obbligo e il nodo indissolubile di servitù e di gratitudine si trova più in abbondanza nei poveri.
Si evitino le nature e le qualità contrarie alle sopradette e quelle massime che inducono a manifestare i segreti il che fa molte volte, senza inganno, la leggerezza, la superbia, la loquacità, il darsi ad amori o esser vinto dall' odio e molto più quelle qualità che inducono alla perfidia, perché è veleno della considerazione umana che deriva da servire solo per attendere al proprio e ai suoi disegni.
I primi da se stessi si manifestano e merita scusa chi li adopera ma non è facile il penetrare nelle profonde volontà e nelle conoscenze garantite dei secondi, le radici elementari dei quali sono avarizia, ambizione, alta stima di se stessi, disprezzo degli altri e invidia, hanno altra e profonda dissimulazione della quale pur li serva il vedere dare ad altri le dignità e le comodità desiderate da loro, questo sinistro solo li punge di modo che con qualcuno sono costretti a fame dimostrazione, lo scopre ancora il non aver conformità con se stessi, perché le medesime cose lodano e in un altro biasimano, difendono qui e altrove impugnano il detto all'orecchio, è diverso dal pubblico ne sostengono il detto, se il suo signore dissente, onde vanno sempre servendo e osservandone, hanno moto libero, non, non gli manca una insidiosa adulazione con la quale si insinuano nei più intimi segreti del Padrone e una sottile detrazione degli altri e insinuazione dei sospetti. Non è superfluo qualunque lungo discorso che istruisca ad osservare questa nociva sorte di servitori e familiari ed evitarla e perché può accadere che questa zizzania non si discerne se non quando è cresciuta. Bisogna allora con alcune occasioni maturarla e nasconderla e sterminarla, affinché non sia più dannosa al buon grano e assicuri che non possa più nuocere al Padre di famiglia.
Fatta l'elezione, il signore il quale ha famiglia numerosa, deve adoperarla tutta e occuparla in azione, applicando i più di loro a quegli uffici ai quali sono abili. Facile è occupare molti nell'incarico dello scalco e del coppiere, nel servire ma, sotto un capo, e molti in diverse cure della Casa, il servizio della Camera e dell'ambasciata del luogo. Dal far così, continuano queste utilità: si scaccia l'ozìo, nutrimento di ogni vizio, la Casa sta più soddisfatta (non vedendosi nessuno trascurato) ma poter apparire quel che vogliono e l'emulazione accresce la diligenza, fa la perfezione conversando insieme nell'azione viva e avendo ciascuno più occhi addosso, non si occulta così facilmente la malignità e dando la emulazione, l'adito con altre persone della Corte il Padrone avrà per loro avvisi o notizie di più cose, nessuno potrà elevarsi con troppa autorità sopra gli altri e nessuno per P° e ecc.te : che si prenderà orgoglio, poiché essendone altri esercitati, vede che il signore introducendo quelli nel medesimo luogo far senza essi. Il procedere del nipote deve essere con gravità ma accompagnata da qualche soavità più o meno secondo le diverse qualità e condizioni loro; il disprezzo e l'asprezza sono odiose; il migliore condimento della servitù è l'amare i suoi e amarli come parte e strumenti suoi né all'incontro è regola migliore per ben servire che amare il suo signore come capo della sua persona propria, è necessario il tollerare, il vivere umano insieme con alcune imperfezioni e il perdonare alcuni errori commessi inavvertitamente; solo verso l'inganno conviene inasprire ed essere implacabile.
La verità e la sincerità sono l'essenza del commercio e del governo ai Principi, nessuna cosa è di esse più necessaria e nessuna ci manca più l'adulazione e l'ambizione, l'occulto l'adombrano e oscurano, figurano meriti nascendo dei meriti e tessono inganni inestricabili.
Nessun servizio fa più grande il Cardinale, nipote del Papa, né tiene altro obbligo maggiore che portargli severe relazioni e nelle informazioni di tutte le cose correnti, difenderlo dall'inganno ma come potrà portarle non avendole? O come dagli altri lo difenderà non difendendo se stesso? La verità talvolta è aspra e contraria ad alcuni disegni dei nostri domestici, i quali adulando tastano e sopra qualche imperfezione fondano una licenziosa autorità; grandissima cautela è necessaria per difendersene ma non è impossibile massimamente avendo la maggior parte dei suoi per elezione fatta ai buoni, perché alla fine la simulazione si scopre e il simile non è lo stesso e se l'imitazione fa sembianza non fa identità. Il dire distintamente quali sono le cose che il nipote, il cardinale ha da comunicare a molti o a pochi o a pochissimi o ad uno solo non è facile e non è necessario perché l'insegneranno le stesse cose, nondimeno è più sicuro tacere massime nei principi delI'amministrazione, anche quelIe cose che si potrebbero dire, gli avvisi di cose remote, le provvigioni delle Chiese fatte in Concistoro e le occorrenze quotidiane non pertinenti al governo si dicano con tutti. Le cose del governo già eseguite si dicono con alcuni, massime quando torna bene darne la ragione o scusarle o lodarle, si dà soddisfazione di lasciarli vedere e servire nelle udienze, nelle cappelle e nei concistori; le cose che stanno sotto deliberazione si comunicano solo a quelli che sono deputati ed eletti al consiglio e alla condotta di esse. Il principe non deve ammettere nel suo Consiglio segreto chi ama né dargli incarichi, né uffici ma quelli che sono abili a sostenergli e che hanno cara la gloria e la grazia sua; il dare la cura dei negozi ad uno molto amato può far in noi cieco giudizio delIe sue azioni, in esso spiriti alti ed elevati e troppo ardire e immoderata confidenza e negli altri cattiva soddisfazione e timore di quelIo o rispetto nocivi alIe cose nostre. Per diverse mani si conducono diverse cose, per altre le nostre private, per altre le pubbliche, ad altri si dà la cura delle entrate e degli affari domestici che sono "molti, ad altri quelle della giurisdizione ovvero della protezione. Le pubbliche si riducono a due cioè alla Consulta nella quale si tratta della giustizia e del governo dello Stato e alla Segreteria per la quale passano i negozi di tutta la Cristianità alla quale si riportano ancora molte cose della Consulta quando richiede artificio o straordinario provvedimento del Principe il che si fa più facilmente quando il Cardinale è capo dell'una e dell'altro; in questi ultimi ministri è necessaria la conoscenza delle leggi ma molto più la prudenza per discernere l'ultima spedizione e gli onesti.
Questa prudenza non è in molti, anzi secondo Platone è rara sulla terra. Il proprio suo è vedere in ciascuna materia proposta diversi partiti far di loro comparazione e con esatta bilancia pesare l'utilità, la dignità, la facilità di eseguirlo o la difficoltà e i mezzi ed il corso dal principio alla fine.
La prudenza non è ambiziosa né contenziosa, non mira al bene privato ma al pubblico, è magnanima e generosa e tende sempre nell'eccesso della valutazione, sorge nelle cose ma nelle piccole e ordinarie non si muove e quasi le disprezza o per dir meglio le tratta secondo che pesano; è grazia celeste e dono di Dio dal quale discende un occulto e invivibile lume nel cuore e nella mente umana che è causa di ogni altra notizia e di ogni generoso desiderio.
Il nervo della prudenza è la congettura la quale mirando nel futuro che è oscuro si può assomigliare al viaggio che si fa nella notte e l'intelletto del prudente ha somiglianza con la vista con alcuni animali generosi i quali nel giorno come caliginosi e sonnolenti riposano ma nella notte vengano molto acutamente e avvertono all'assalire e nel far preda. All'aiuto dei ministri deve aggiungere la notizia di suoi propri o la conoscenza e la distribuzione del tempo. La notizia ha da essere delle cose politiche che sono pertinenti aI carico suo la quale ricaverà dall'osservanza e considerazione della Corte romana la quale non solamente è capo della Cristianità e con essa hanno gli altri stati e domini connessione e relazione ma è gravida di più reputazione e di tutte le forme di governo; conosca dunque e sappia tutti i magistrati di questa corte, gli uffici, la loro cura come sono ordinati e tutti insieme come si riportino al Pontefice, come per essi il Pontefice quasi nervi e ve ne muove e regge il corpo della  Cristianità, lo Stato e la stessa città di Roma.
Vi aggiunga una particolar notizia delle famiglie e delle persone nobili e usi questa diligenza delle persone, dei prelati e degli altri di questa corte nella quale, per le sue frequenti variazioni ed elevazioni di persone ignote, è fatta regola che bisogna tener conto di ognuno affinché possa acquistare e aggiungere a sé i migliori, promuoverli e dar conto dei loro meriti o dei meriti nella distribuzione che fa il Papa delle Grazie. Ogni storia è utilissima, ma aI cardinale è necessaria e il sapere le ragioni della Camera, le giurisdizioni della Chiesa e le azioni grandi dei sommi Pontefici e la suprema autorità della Sede Apostolica alla quale si sono piegati e si inchinano con giusta obbedienza gli imperatori, i Re e i signori della Chiesa. Le dette notizie istruiscono il cardinale per poter trattare i negozi del Pontefice e le altre occorrenze gravi riportate a questa Santa Sede. Le materie litigiose e per lo più criminali nelle quali si tratta dei tormenti e dei supplizi non hanno molta convenienza con lo Stato clericale, segregato dalla impurità di Cure tali che sono di loro natura noiose e si
terminano con offese d'altri; e ancora pericolo ad un giovane il trattarli perché non mostrando l'imperio e la Potestà in cosa alcuna più che nell'arbitrio della vita e della morte, molti come cupidi di usato imperio diventano o sanguigni o mansueti e umani di quello che conviene a persona di Chiesa.
Lo Stato del cardinale riguarda il sevizio della Chiesa universale della quale parte principale sono i principi, regni e Domini loro, guardare questi è proprio della cura pastorale del sommo Pontefice e del suo Senato, il servire in questo fa un cardinale noto ai principi, gli acquista presso di loro stima e grazia, gli apporta autorità, benevolenza e comunicazione in cose grandi. Con gli altri cardinali si fanno azioni gloriose e memorabili, si fanno e si procurano benefici di grandissima importanza a molti particolari delle quali cose vengono vantaggi e ogni fine che sia maggiormente desiderato. Provveda di deputare ai governi e alle podesterie uomini integri e dotti da dare alle liti brevità, restringere le controversie ai capi principali, insista nel reprimere le calunnie e le persecuzioni, tenda a soccorrere le vedove, i pupilli, tenda a sopportare l'imperizia e imbecillità di molti e a ravvivare le loro azioni, tolga le contese e gli odi con la prudenza e con la sagacità, con l'autorità, rimuova dai giudici le sordidezze e ogni altra contaminazione e infamia e gli renda somma purezza. Si sforzi sempre di evacuare le udienze e di spedire i negozi perché la vera regola è di non essere mai sopraffatto da quello e, a seconda che vengono a spedirli siccome il dividere i negozi e ridurli a certi tempi non è cosa facile perché l'autorità pontificia la quale può ogni cosa e sopra tutti si estende, è quasi illimitata l'opera di chi è deputato in ciò a servirla. Sappia che gli ambasciatori si mandano per lo più persone accorte, sagaci, curiose, artificiosi nell'insinuarsi, blandi nel dire e dolci nel conversare, prudenti nel prender partito all'improvviso, sanguigni dove bisogna replicare, resi indefessi nello scrivere, cercano di sapere gli amori, gli odi, il favore, il disfavore e le aderenze e le sette contrarie e la grazia, le forze e i disegni del principe e di tutta la Corte, ogni cosa osservano dalle piccole aperture di parole o di fatti vanno con la congettura adorando e rivedendo cose di importante, tengono conto di chi gli dà avvisi e li procurano per qualunque via, studiano il proprio principe, hanno questo solo fine del suo servizio; in questa corte romana conversano più familiarmente che nelle altre e hanno talvolta come è nella Repubblica comWle, qualche proprio fme, amano essere reputati prudenti e fedeli alloro signore e grati ai principi presso i quali risiedono in questa corte perché per mezzo degli ambasciatori i principi mirano e preparano le forze al futuro; nel trattare con i sopraddetti e per conto loro si abbiano gli occhi alla sopraddette proprietà e a quelli di più che ciascuna persona ha sua privatamente o della nazione o della origine e istinto primitivo dei costumi per le quali sono altri gravi e circospetti, altri leggeri e impetuosi, altri semplici e liberi, altri cauti e insidiosi, alcuni costanti e stabili, altri mobili e vari, alcuni confidenti e sicuri, altri sospettosi e ombrosi le quali proprietà dando segno del portamento nel moto e nell'apparenza, si penetra con questa osservazione nell'animo altrui e perché è utilissimo il premeditare avanti che si conduca all'udir quello che sia per essergli detto; con che maniera e istanza perciò bene insistere con ogni sagacità per aver determinato avanti al congresso, come rispondere e come reggersi ed è bene fare la detta osservazione con ogni diligenza. Deve dare buona valutazione di sé e spargere odore di avere buona mente, desiderosa del bene pubblico, affetta verso i buoni, osservante della parola, tenace del segreto che viene confidato, accurato, ricordevole e amico di persone virtuose, diligente, indefesso, che per il vero, giusto, onesto sia facile ed eseguibile e aborrisca le innovazioni, che penda nel conservare gli Stati delle persone, che non seguiti l'interesse ed escluda ogni affetto, ogni disegno. Nel concedere qualunque cosa far vedere che conosce l'importanza di essa e usare facilmente o gravità, secondo il loro peso, negare con causa o perché la cosa sia iniqua o di cattiva conseguenza ovvero inutile a chi la richiede o negata ad altri maggiori ovvero prendere uguali le petizioni ingiuste e levar l'ardire di farle. Conviene essere parco nel dare intenzione di fare, nel prometterlo se ne eviti l'obbligo, il coartare sia tempo bene determinato ma questo solamente nelle cose ardue, difficili perché il farle nelle altre genera opinione di duro ovvero di irresoluto.
Bisogna tollerare diverse inopportunità e il conversare con nature diverse senza offesa è non piccola lode. Chi sostiene il carico di essere persona pubblica non può, né deve darsi ad uno solo; ogni querela e qualunque leggera imputazione, è bene fuggirle ovvero, quando sono necessarie, proporle, consolidarle, perdonarle e porvi silenzio; solo nei mali estremi e insanabili, si viene alla precisione dei membri putrefatti. Chi nel principio ha confusione, fa qualche severo risentimento dei superbi e dei contumaci, rende facile nel resto il suo governo. Il mantenere la gravità e la dignità massimamente con i sudditi è più utile che affrettare l'opinione di essere dolce e affabile.
La conversazione frequente e quasi domestica di molti e soprattutto di persona pubblica, è curiosa, è pericolosa; dà a loro adito di osservare e di sapere le cose segrete o da non esser sapute e la troppa familiarità non concorda con la ritenzione della maestà la quale verso loro è debita.
Udire gli altri per lungo tempo ci dà tempo di pensare a quello che dobbiamo rispondere e si dà soddisfazione, compiacendosi ognuno di essere inteso. Nell'uscire dal Principe nonostante le cause altercanti non deve cambiare espressione nel volto e si deve ritenere la vista solita opponendosi con tali qualità quelli che se ne potesse fare a quelli che parlano con noi o ai curiosi, che ciò servano nel venir fuori. Chi non da fine al pensare, non dà principio al fare.
Tenga conto di quei servitori che sono intimi e grati al principe e studi per acquistarli a sé e mantenerseli. Dall'alterazione del Papa sono necessarie delle riprensioni benché pungenti e lo è la via di evitarle e il tollerare pazientemente la natura risentita e il tollerare sono piene di amore e di gratitudine. Tenga conto degli avvisi, dei pareri e dei partiti da qualunque parte vengano, eserciti il giudizio nelle congetture delle cose future.
Eviti l'obbligarsi e il dar per iscritto, ma all'incontro, si sforzi che quanto deve trattare per altri gli sia dato per iscritto, perché il parlare fugge ma la scrittura rimane e ritorna più volte a pensarla; si dice spesso "Io non dissi così" ma , se ha scritto, non può dire "Io non scrissi così" né si scusa il trascorso della lingua. Per ultimo, il miglior aiuto e il maggiore e il più importante ricordo che si possa dare di sé è che nell'uscire dall' Udienza e nell'andare a qualunque congresso si volga sempre a Dio, dica un'orazione dello Spirito Santo e proceda in tutte le cose col timore di Dio, il che deve fare ognuno ma soprattutto devono farlo i principi per l'altezza del grado nel quale sono collocati per il bene e per il male infinito che seguita dal buono e dal cattivo uso della loro potestà e per mostrarsi grati delle Grazie avute e per rendersi esempi non d'altro se non della benignità e della clemenza divina.