Il trasferimento dei resti di San Francisco de Borja a Madrid nel 1617 segnó un momento importante nella vita della Corte. I discendenti di Francisco, il Duca di Lerma e il cardinale Gaspar de Borja, ne furono i principali impulsori. Pochi anni dopo, nel 1624 , il terzo Preposito Generale della Compagnia di Gesù fu beatificato. Un evento di tale portata mise in chiara luce tanto la nuova situazione della famiglia di Borja quanto le relazioni tra la monarchia cattolica e il papato all'inizio del regno di Filippo IV.
Un santo nella familia
Nel 1607, ebbe inizio il lungo processo che portò alla canonizzazione di Francisco de Borja, quarto duca di Gandia e terzo Preposito Generale della Compagnia di Gesù. Iniziato da Paolo V e promosso da Francisco Gómez de Sandoval y Rojas, Duca di Lerma, tale processo godette del favore di Filippo III, re di Spagna, il quale, com'è noto, era particolarmente orgoglioso di avere un santo nel seno della propria familia. È altresì innegabile che il Duca di Lerma vedesse di buon occhio la diffusione della profezia attribuita a Francisco de Borja, relativa al favore che egli avrebbe ottenuto, profezia che fu ricordata durante il processo di beatificazione e cui lo stesso Duca attribuiva la propria decisione di abbandonare l'idea giovanile di farsi gesuita. [2]
La causa mobilitò la Compagnia di Gesù e le differenti istituzioni valenciane. L'anno successivo, si avviarono i processi informativi, cui presero parte coloro che avevano conosciuto personalmente il candidato e che permisero di mettere insieme un gran numero di dichiarazioni. Tra le altre, ebbero notevole importanza le testimonianze del gesuita Pedro de Rivadeneira e quella del patriarca Juan de Ribera, raccolte, più tardi, dal gesuita Juan Eusebio Nieremberg nella propria biografia di Francisco de Borja, pubblicata nel 1644 e dedicata al cardinale Gaspar de Borja y Velasco. Il contributo dell'arcivescovo di Valencia, parente dei Duchi di Gandía , fu considerato fondamentale per il buon esito del processo. [3] Tuttavia, il trasferimento dei resti di Francisco de Borja da Roma a Madrid si ebbe dieci anni dopo l'apertura della causa, quando il Duca di Lerma stava vivendo il declino della propria influenza. Il sostegno e il desiderio del Duca, ai fini della consecuzione del obiettivo, furono comunque determinanti per lo sviluppo del processo, soprattutto per quanto riguardava le risorse finanziarie, in quanto i titolari del ducato di Gandía si trovavano in una situazione di rovina economica. [4]
Carlos Francisco Borja, settimo duca di Gandía e titolare del Casato dal 1607, era figlio di Francisco Tomás de Borja e Centelles, sesto duca di Gandía, e di Juana Fernández de Velasco y Aragón. Fu battezzato dall'Arcivescovo di Valencia Juan de Ribera, legato alla madre da vincoli famigliari, e fu il primogenito di otto figli nati all'interno del matrimonio, cui si aggiunsero due figli naturali di Don Francisco Tomás - Rodrigo e Justa - che abbracciarono la vita ecclesiastica. Lo seguivano, in qualità di eredi del Casato, Iñigo, che divenne governatore di Anversa (1607) e Gran Maestro e Capitano Generale di Artiglieria nelle Fiandre (1622); Gaspar, che fu cardinale (1611), viceré di Napoli (1620), arcivescovo di Siviglia (1632-1640), cardinale primate di Spagna (1645) e presidente del Consiglio d'Aragona (1637-1645); Baltasar, vescovo e viceré di Maiorca (1625-1630); Melchor, Cavaliere dell'Ordine di San Giovanni, consigliere di Stato (1621) e capitano generale delle galere di Napoli (1627); infine, tra i maschi, Juan, cavaliere al servizio della Regina Margherita d'Austria e commendadore della Membrilla, appartenente all'ordine di Santiago, nella cui dignità gli successe il fratello maggiore Iñigo, quando egli morì, non appena compiuti i venti anni. Maddalena e Caterina, che fu clarissa a Gandía, chiudevano questa lunga lista. [5]
Il crollo economico del Casato fu la principale fonte di preoccupazione per il VI Duca, Francisco Tomás Borja y Centelles. Tale crollo aveva significato un cambio nella strategia matrimoniale degli eredi al titolo ducale. Sebbene il potere della famiglia fosse aumentato, per quanto riguardava gli stati territoriali valenciani, secondo una tattica pianificata fin dai tempi di papa Alessandro VI, l'enorme rete di influenze creata dai Borja agli inizi del XVI secolo si era visibilmente ridotta, nonostante l'importante lavoro diplomatico svolto dai membri della famiglia, in particolare dai figli del IV Duca, ora in processo di beatificazione. Tuttavia, grazie alle relazioni stabilite dagli stessi nel corso degli anni, fu possibile combinare matrimoni vantaggiosi, tanto per vincolarsi a famiglie economicamente poderose quanto per ingrandire la propria sfera d'azione e d'influenza. I duchi di Gandía, pertanto, scelsero questo cammino, per superare una situazione che ebbe un impatto negativo sia sull'economia che sulla loro capacità d'influenza. In tal senso, il V Duca di Gandia, che si recò a Genova nel 1575 per ordine di Filippo II, con il fine di pacificare la Repubblica, aveva stabilito una solida base di amicizia e alleanza con i Doria che si consolidò quando il primogenito del VI duca, Carlos Francisco, si sposò, il 31 ottobre 1593, con Artemisa Doria Carretto, figlia di Giovanni Andrea Doria, principe di Melfi, e di Zenobia Carretto. [6]
Alla morte del VI Duca di Gandia, Francisco Tomás Borja y Centelles, il 29 agosto 1595, dopo soli tre anni di governo, Carlo Francisco divenne il VII titolare del ducato. I problemi che avevano tormentato suo padre, in relazione al debito accumulato, costituirono il primo banco di prova. Benché sembrasse possibile risolvere la situazione, quando, nell'agosto 1598, Filippo II nominò Juana Fernández de Velasco cameriera maggiore di Margherita d'Austria, il desiderio del Duca di Lerma di imporre la propria influenza e il proprio controllo sull'ambiente della regina provocò la sostituzione della Duchessa di Gandía con la moglie del Duca stesso. [7] L'abuso del Duca di Lerma nei confronti della duchessa fu utilizzato dall'ambasciatore veneziano Contarini come esempio della mutata situazione della Corte. Ovviamente, la perdita di potere costituì una grave sconfitta per i Duchi di Gandia e per gli interessi di Roma, dato che Doña Juana, insieme con Juan de Idiáquez e Juan de Borja, tra gli altri, rappresentava la fazione cortigiana più disposta a seguire le linee guida della Santa Sede. Ciononostante, ai primi dubbi fecero seguito una maggior docilità del Duca di Lerma e l'adeguarsi della politica spagnola agli stessi. [8]
Chiaramente, e nonostante tutte le difficoltà, il prestigio del duca di Gandia rimase intatto, così come il suo desiderio di porsi al servizio del monarca, come si vide in occasione della riunione delle Cortes a Valencia nel 1604, in cui favorì la concessione di un alto servizio alla Corona. Tuttavia, in quell'anno, il duca fu costretto ad affrontare il sequestro dei propri beni e l'amministrazione provvisoria degli stessi da parte della Corona, per evitare il rischio dello smantellamento delle proprietà e dei diritti del Ducato. Allo stesso modo, il lavoro svolto negli anni, per cercare di superare il collasso economico, stava venendo meno, a causa della decisione di espellere i moriscos presa nel 1609. [9] La sottile raccomandazione sottile del viceré e dell'Audiencia, nel 1608, di affidare al Duca un incarico fuori del regno sembrava garantire la soluzione migliore al problema. Indubbiamente, la partenza del Duca avrebbe contribuito a ridurre la tensione tra i creditori e Carlos Francisco avrebbe ricevuto un beneficio economico per il proprio lavoro e servizio al re. Ciononostante, la nomina a Vicerè di Sardegna, il 13 Giugno 1610, non piacque al Duca, che fece tutto il possibile per rinviare la presa di possesso dell'incarico, che si formalizzò l'anno successivo. [10]
Il trasferimento a Madrid
In tal modo, il Duca di Gandia non intervenne affatto nel processo di canonizzazione del proprio bisnonno. Come abbiamo accennato, fu il Duca di Lerma a concepire e animare il progetto di portare in Spagna i resti Francisco de Borja, conservati a Roma, nella Chiesa del Gesù. Il giorno della sua morte, avvenuta il 30 Settembre 1572, e il giorno della sepoltura, Roma intera sfilò dinanzi al feretro, esposto nella casa dei Gesuiti. Indubbiamente, Borja aveva contribuito, sia con la propria influenza sia economicamente, alla creazione della Roma barocca, culminata nella creazione della Chiesa del Gesù; del Collegio Romano, nella duplice natura di scuola privata romana e generale o universale della Compagnia di Gesù, sede dell'attuale Università Gregoriana; del Collegio Germanico e del noviziato e della Chiesa di Sant'Andrea al Quirinale. Senza dubbio, la fondazione di centri religiosi ed educativi, che aveva avuto inizio a Gandia ed era continuata a Madrid, si coronava in tal modo a Roma. Nella sua concezione dell'architettura si concretava l'idea secondo la quale "l'ufficio dell'immagine è quello di preparare squsitamente l'alimento". La formazione e la conoscenza sono al servizio di Dio e della Chiesa. [11]
A partire dal 1611, cominciarono ad arrivare a Roma, tanto all'ambasciatore quanto direttamente al pontefice, le domande di beatificazione. Fu il Duca di Lerma ad avviare il procedimento ufficiale. Felipe III chiese al proprio ambasciatore, il Conte di Taurisano, pronipote di Francisco de Borja, di far sì che il processo si portasse a termine al più presto. Nel mentre, papa Paolo V e il Preposito Vitelleschi accordarono il trasferimento dei resti di Francisco de Borja a Madrid, fissando come data il mese di aprile del 1617. Dopo l'esumazione degli stessi, il cardinale Gaspar de Borja, tenne per sé la mandibola, mentre i Gesuiti conservarono parte di un braccio. [12] Non essendo ancora terminata la Casa Professa della Compagnia di Gesù a Madrid, luogo offerto dal Duca di Lerma, i resti furono portati al Real Convento de la Encarnación. Successivamente, furono trasferiti a Santo Domingo el Real e da lì al convento delle Descalzas Reales, su richiesta di Suor Margarita de la Cruz. Il re, il principe e gli infantes presero parte alla cerimonia. [13]
Come detto, il duca di Gandia non aveva preso parte a questo processo, nel quale aveva avuto un ruolo di protagonista suo fratello Gaspar de Borja, soprattutto dal momento in cui aveva sostituito, presso l'ambasciata romana, il conte di Taurisano, anch'egli discendente di Francisco de Borja, avendo, tra altri obiettivi, quello di ottenere la canonizzazione del proprio bisnonno. Ciononostante, la prospettiva per il Casato di Gandia a Corte non migliorò. Dopo la partenza del Duca di Lerma, neanche il Duca di Uceda restituì alla Duchessa di Gandía la dignità di cameriera maggiore, a causa di un dissidio con la famiglia Borja. Il motivo essenziale di tale dissidio fu la nomina del cardinale Gaspar de Borja a Viceré di Napoli, in sostituzione del Duca di Osuna, protetto da Uceda. La sostituzione dello stesso Gaspar, dopo pochi mesi di mandato, fu vissuto come un affronto dalla Duchessa di Gandia, la quale protestò con il monarca per il pessimo trattamento di cui era stato fatto oggetto il figlio, che ella considerava invece meritevole di un premio significativo per i servizi da lui resi alla corona. Negli anni immediatamente successivi, il Cardinale non riuscì a indirizzare correttamente la propria carriera politica, ma continuò a sviluppare il proprio straordinario lavoro diplomatico a fianco pontefice. [14] Tuttavia, papa Paolo V continuava a riconoscere la Casa di Gandia: il 24 dicembre dello stesso anno diede a Carlos Francisco de Borja e a sua moglie Artemis Doria licenza per celebrare la messa in oratori privati. [15]
Le nomine a posizioni chiave all'interno del Casato della regina Isabella di Borbone si successero durante le prime settimane del regno di Filippo IV. La scelta delle persone avvenne sulla base di due presupposti: da una parte, fu eletto un gran numero di servitori legati al Casato della Regina Margherita d'Austria; dall'altra, le designazioni costituirono una via di riabilitazione politica e di ricompensa per coloro che avevano mantenuto un atteggiamento critico nei confronti del potere del Duca di Lerma o erano addirittura stati vittime della sua volontà di controllare il circolo di persone vicine al monarca. Questo fu il caso dell'ufficio di cameriera maggiore, affidato alla duchessa di Gandia. [16] Evidentemente, la capacità di influenza che tale carica conferiva a Juana era innegabile, manifestandosi, ad esempio, nelle attenzioni che prestarono alla stessa Juana gli ambasciatori e i diplomatici che giungevano a Corte, in particolare quelli di Genova e di Roma. Analogamente, la posizione di privilegio della madre e il superamento delle difficoltà del passato, favorirono la partecipazione del Duca di Gandía ai principali atti pubblici organizzati a Madrid in occasione dell'ascesa al trono di Filippo IV. [17]
In ogni caso, la principale manifestazione dello splendore dei Borja si ebbe in occasione della beatificazione di Francisco, sancita da papa Urbano VIII il 23 novembre 1624. I resti, depositati nella casa professa nel 1617, si trasferirono nella nuova casa, costruita perché la precedente era ormai insufficiente, casa in cui si celebrò anche il Giubileo, atto per il quale si riunirono i vari rami della famgilia Borja accompagnati dal fior fiore della nobiltà. L'urna funeraria fu portata dai discendenti del nuovo Beato. I membri della famiglia furono divisi in quarantasei gruppi nobiliari, che, uniti da vincoli di parentela, riunivano quattordici Grandi di Spagna. [18] Certamente, lo status nobiliare del nuovo Beato fu messo in particolare rilievo durante la celebrazione: lo si presentò come un uomo che, in virtù della propria posizione sociale, aveva servito in qualità di consigliere l'imperatore Carlo V, forte della conoscenza delle persone e della politica acquisita durante la propria vita di gesuita, in particolare in qualità di terzo Preposito Generale della Compagnia di Gesù. Indubbiamente, il IV duca di Gandia aveva saputo servire il re e la Chiesa e, in ambedue le vesti, come nesso tra queste sue " due vite ", si trovava il suo status di nobile, definitivo in una società stratificata. [19]
In questo senso, lo storico gesuita Juan Pedro Maffei ha affermato, nella propria Storia delle Indie, pubblicata a Lione nel 1589, che, indubbiamente, Borja era, innanzitutto, un santo "ispanico". Colpisce la determinazione con cui la vita di Borja fu giudicata degna prova di santità a così pochi anni dalla sua morte, così come l'aggettivo l'uso dell'aggettivo "ispanico", soprattutto se si considera la controversia esistente all'interno dell'ordine stesso, di cui danno testimonianza i memorialisti. Tale polemica risultò evidente nel momento in cui si considerò conveniente scrivere una biografia di Borja adeguata alla sua figura, al carisma ignaziano e al gusto della sua famiglia, obiettivo questo raggiunto da Pedro de Rivadeneira con un libro stampato nel 1592. Il lavoro si pubblicò dopo la morte del primo biografo, il padre Dionisio Vázquez, la cui opera fu considerata inadeguata in quanto lontana dai canoni di cui sopra. Rivadeneira offriva invece l'immagine di un Francisco de Borja come personificazione dell'ideale di santità, al servizio del re e Dio. [20]
La lunga strada verso la canonizzazione
Raggiunto l'obiettivo della beatificazione, il settimo duca di Gandia, Carlos Francisco de Borja, e i suoi fratelli non smisero di inseguire la canonizzazione del bisnonno, come sottolineò lo scrittore valenciano Roig Bautista de la Peña, segretario del duca di Villahermosa, il quale elaborò numerose opere destinate all'esaltazione della famiglia Borja, dedicate tanto a Carlos Francisco quanto al cardinale Gaspar de Borja, vero promotore della beatificazione, il quale, in questa fase, godette dell'aiuto del fratello Melchor, che partecipò alle spese del processo. [21]
Ciononostante, la canonizzazione di Francisco de Borja, che ebbe il sostegno della Congregazione dei Riti, fu complicata da un decreto emanato da Urbano VIII nel 1631, dato che l'istituzione di una nuova procedura per accedere alla santità significava dover riavviare il processo, il cui culmine si ebbe solo nel 1671. [22] Questo contrasto tra la decisione papale e la famiglia Borja, inoltre, rifletteva l'evoluzione dei rapporti tra la monarchia ispanica e i pontefici. Se il IV Duca di Gandia aveva servito l'imperatore e il papa, i suoi discendenti avrebbero avuto maggior difficoltà a mantenersi su questa duplice linea.
L'arrivo di Filippo IV al trono aveva riportato Juana Fernández de Velasco alla carica di cameriera maggiore e i figli di lei a Corte. Melchor de Borja fu nominato Consigliere di Guerra nel 1621 e si sposò con Leonor de Recalde, proprietaria di una grande fortuna, sommandosi così ad altri membri della famiglia Borja nella creazione di reti sociali in America. Successivamente, il 20 giugno 1627, si rendeva pubblica la nomina di Melchor de Borja a Generale delle galere di Napoli. Nel frattempo, Iñigo de Borja, nel marzo 1622, ottenne la carica di Gran Maestro e Capitano Generale di Artiglieria, nelle Fiandre, anche se la sua morte, avvenuta nel mese di ottobre, rese la sua attività molto breve. [23] Tuttavia, Isabel Clara Eugenia continuò a proteggerne la vedova ed i figli. Inoltre, Baltasar de Borja divenne vescovo di Maiorca nel 1625, prendendo possesso della cattedra nel mese di gennaio dell'anno successivo e combinando le funzioni ecclesiastiche, come avevano già fatto alcuni dei suoi predecessori, con quelle di Viceré e Capitano generale, tra il luglio del 1628 e il dicembre del 1629. [24]
La morte, tuttavia, si interpose al cammino di riabilitazione politica intrapreso dalla famiglia Borja. Come riferì il nunzio a Roma, il 18 agosto 1627, la duchessa di Gandia era malata e, a suo giudizio, ci si poteva attendere soltanto il peggio, il che avrebbe significato una perdita significativa, in quanto la duchessa appoggiava gli interessi papali a Corte. Il 19 settembre di quell'anno, Juana morì e fu sostituita come cameriera maggiore della Regina dalla contessa di Olivares. Evidentemente, sua missione era quella di porre fine all'opposizione alle riforme progettate dal marito. La differenza rispetto alla situazione precedente fu notata anche dal nunzio, preoccupato dalla possibilità di perdere capacità d'influenza nel circolo della regina. [25]
La battuta d'arresto che implicò la morte della duchessa di Gandia, non significò una minor influenza della famiglia nel circolo più prossimo alla regina Isabella di Borbone, visto che Carlos Francisco baciò la mano della regina in qualità di suo maggiordomo maggiore il 23 marzo 1630 e visto anche che, da quello stesso giorno, egli cominciò ad esercitare tale ufficio. La sua nomina era dovuta al desiderio del Conte Duca de Olivares di attuare una riforma simile a quella attuata nella Casa del Re. L'ascesa del duca di Gandia, con la sua nomina a maggiordomo maggiore nei primi mesi del 1630, fu accompagnata dalla nomina di suo cognato Carlo Doria, duca di Tursi, ad ambasciatore di Filippo IV presso la Dieta di Ratisbona. In riconoscimento dei suoi buoni uffici, fu nominato Grande di Spagna e Generalissimo dell'armata spagnola in Italia, mentre il marchese di Santa Cruz, anch'egli imparentato con i Doria ed eletto Consigliere di Stato nel 1628, si occupò del governo di Milano. Tuttavia, la precoce morte del Duca di Gandia impedì il completamento del progetto di riforme nel Casato della Regina, progetto poi ripreso da Olivares nel 1633, allorché il marchese di Santa Cruz assunse l'incarico di maggiordomo maggiore della regina Isabel di Borbone. [26]
Carlos Francisco de Borja, titolare del Casato di Gandia, morì il 2 febbraio 1632. La protesta del Cardinale Gaspar de Borja in merito al trattamento riservato da Papa Urbano VIII agli affari spagnoli si ebbe un paio di settimane più tardi, durante il Concistoro dei Cardinali riunito l'8 marzo 1632. Con tale protesta ebbe inizio un crescendo di tensione sproporzionato, rispetto al fatto in sé. Senza dubbio, indipendentemente dalla circostanza scelta per compiere gli ordini reali di rendere effettivo tale reclamo, Borja diede maggior importanza centrale al proprio lavoro di ambasciatore del re che a qualsiasi altra considerazione legata al proprio status di Cardinale. In questo senso, se la nomina di un cardinale a rappresentante diplomatico del monarca spagnolo presso la santa sede non rendeva le due funzioni incompatibili, fu chiaro che i tempi della doppia fedeltà erano finiti. In tale contesto, acquisì un significato speciale per la famiglia Borja l'obiettivo della canonizzazione del IV Duca, così come la rivendicazione della sua condizione di nobile, vincolata al servizio prestato all'imperatore Carlo V e alla causa cattolica. [27]
Allo stesso modo, il Casato di Gandia si vide notevolmente ridotto, dal momento che la morte di Carlos Francisco, di Iñigo e di Baltasar nonché la difficile situazione di Gaspar e quella di Melchor nell'area del Mediterraneo, fecero sì che un altro Borja, Fernando de Borja y Aragón, figlio di Juan de Borja, I Conte di Mayalde, acquisisse una posizione di protagonista a Corte, essendo eletto prima membro della Camera e poi Viceré di Aragona e Valencia. Indubbiamente, Don Fernando non diede le spalle alle proprie relazioni con l'ambiente pontificio, ma fece prevalere su tutto il vincolo personale con Suor Maria Agreda de la Cruz, la cui influenza spirituale su Filippo IV significava un importante incentivo politico. [28]
Note
1. Questo saggio forma parte del progetto "Visiones del Cielo: espiritualidad, política y cultura", della Universidad Pontificia Comillas nº 109011103.
2. E. GARCÍA HERNÁN, "Francisco de Borja, patrono de la nobleza española. Aproximación a su figura desde unas perspectiva nobiliaria" in F. BARRIOS (Coord.), Francisco de Borja. Santo y Duque. Madrid 2010, pp. 80-82; C. IGLESIAS CANO, "Canonización de San Francisco de Borja: una lectura política" in V Centenario del nacimiento de San Francisco de Borja. Madrid, RAH, 2011, p. 78.
3. R. ROBRES LLUCH, San Juan de Ribera. Patriarca de Antioquía, arzobispo y virrey de Valencia, 1532-1611.Un obispo ideal de Trento. Barcelona 1960, pp. 458-459; E. GARCÍA HERNÁN, Francisco de Borja y su familia in "Revista Borja. Revista de l'Institut Internacional d'Estudis Borgians" 4 (2012-2013), p. 66.
4. A. FELIPO ORTS, La actitud institucional ante el proceso de canonización de San Francisco de Borja. E. GARCÍA HERNÁN e M. P. RYAN (Eds.), Francisco de Borja y su tiempo. Política, religión y cultura en la Edad Moderna. Valencia-Roma 2011, pp. 59-67.
5. M. BATLLORI, La familia de los Borjas. Madrid 1999, pp. 58-81.
6. A. REDONDO ÁLAMO e B. YUN CASALILLA, Aristocracias, identidades y espacios políticos en la Monarquía compuesta por los Austrias. La Casa de Borja (ss. XVI y XVII) in Homenaje a don Antonio Domínguez Ortiz. Granada 2008, I, pp. 759-771; M. A. VISCEGLIA, Roma papale e Spagna. Diplomatici, nobili e religiosi tra due corti. Roma 2010, p. 20; E. CISCAR PALLARÉS, Moriscos, nobles y repobladores. Estudios sobre el siglo XVII en Valencia. Valencia 1993, pp. 130-142; Id., Tierra y señorío en el país valenciano (1570-1620). Valencia 1977, pp. 114-117; E. CISCAR PALLARÉS, Moriscos, nobles y repobladores. Estudios sobre el siglo XVII en Valencia. Valencia 1993, pp. 130-142; Id., Tierra y señorío en el país valenciano (1570-1620). Valencia 1977, pp. 114-117.
7. M. V. LÓPEZ CORDÓN CORTEZO, Entre damas anda el juego: las camareras mayores del Palacio en la edad Moderna in "Cuadernos de Historia Moderna". Anejo II (2003), p. 146; F. LABRADOR ARROYO, La Casa de la reina Margarita in J. MARTÍNEZ MILLÁN e M. A. VISCEGLIA, La Monarquía de Felipe III: La Casa del Rey. Madrid 2008, I, pp. 1127-1128.
8. L. CABRERA DE CÓRDOBA, Relación de las cosas sucedidas en España desde 1599 hasta 1614. Madrid 1857, p. 27; J. MARTÍNEZ MILLÁN, "La formación de la monarquía católica de Felipe III" in J. MARTÍNEZ MILLÁN y M. A. VISCEGLIA (Dirs.), La monarquía de Felipe III…, I, pp. 118-160; M. A. VISCEGLIA, Roma papale e Spagna cit, pp. 58-59, 100, 160-246.
9. E. CISCAR PALLARÉS, Moriscos, nobles y repobladores cit, pp. 146-151; Id., Tierra y señorío cit, pp. 168-173, 288-293; M. LOMAS CORTÉS, El puerto de Denia y el destierro morisco (1609-1610). Universidad de Valencia 2009, pp. 61-70; S. LA PARRA LÓPEZ, "1609 en el ducado de Gandía". Estudis. Revista de Historia Moderna. 16 (1990), pp. 217-231; Id., Los Borja y los moriscos (Repobladores y "terratenientes" en la Huerta de Gandía tras la expulsión de 1609). Valencia 1992, pp. 24-26, 28, 31-32; R. BENÍTEZ SÁNCHEZ-BLANCO, "Justicia y Gracia: Lerma y los Consejos de la Monarquía ante el problema de repoblación en el reino de Valencia". J. MARTÍNEZ MILLÁN e M. A. VISCEGLIA (Dirs.), La monarquía de Felipe III cit, IV, pp. 259-260.
10. G. E. DE BLASI, Storia cronológica de viceré, luogotenenti, e presidenti dei regno di Sicilia. Palermo 1842, pp. 281-284, 292; G. MURGIA e G. TORE, "Cerdeña, reino italiano de la Corona de Aragón". J. MARTÍNEZ MILLÁN e M. A. VISCEGLIA, La Monarquía de Felipe III cit., IV, pp. 415-417.
11. A. RODRÍGUEZ G. DE CEBALLOS, Francisco de Borja, promotor de la arquitectura jesuítica en España, Italia y América in "Revista Borja. Revista de l'Institut Internacional d'Estudis Borgians" 4 (2012-2013), pp. 626-627.
12. M. GOTOR, I beati del papa. Santità, Inquisizione e obbedienza in età moderna. Firenze 2002, p. 216; L. COLOMA, Historia de las sagradas reliquias de San Francisco de Borja. Bilbao 1903, pp. 11-20; J. SIMÓN DÍAZ, Historia del Colegio Imperial. Madrid 1992, pp. 108-109.
13. L. COLOMA, Historia de las sagrada cit., pp. 10-11, 23-25; A. SÁNCHEZ LÓPEZ, La Casa profesa de los jesuitas en Madrid in "AEA", LXXX, 319 (2007), p. 276-277; M. SÁNCHEZ, Confession and complicity: Margarita de Austria, Richard Haller, S.J., and the court of Philip III in "Cuadernos de Historia Moderna" 14 (1993), pp. 133-149; E. GARCÍA HERNÁN, Francisco de Borja cit., pp. 94-95, 169; C. IGLESIAS CANO, Canonización de San Francisco de Borja cit., p. 79.
14. Biblioteca Nacional de Madrid (BNM), Ms. 7377, fol. 295r, cit. F. BENIGNO, La sombra el rey. Validos y lucha política en la España del siglo XVII. Madrid 1994, p. 119; E. SARRABLO AGUARELES, Un virreinato breve: el Gobierno, en Nápoles, del Cardenal de Borja. S. l., s. a., pp. 108, 117; L. M. LINDE, Don Pedro Girón, duque de Osuna. La hegemonía española en Europa a comienzos del siglo XVII. Madrid 2005, pp. 190-202; R. GONZÁLEZ CUERVA, Baltasar de Zúñiga. Una encrucijada de la Monarquía hispana (1561-1622). Madrid 2012, pp. 443-445, 454-456; S. GIORDANO, Gaspar de Borja y Velasco rappresentante di Filippo III a Roma en "Roma Moderna e Contemporanea" XV (2007), 1-3, p. 171.
15. Archivo Histórico Nacional (AHN), Osuna, CP. 112, d.5; ibid., C.558. d. 8.
16. H. PIZARRO LLORENTE, "Isabel de Borbón: de princesa de Francia a reina de España (1615-1623)" en J. MARTÍNEZ MILLÁN e M. P. MARÇAL LOURENÇO, Las Relaciones discretas entre las Monarquías hispana y portuguesa: Las Casas de las reinas (siglos XV-XIX). Madrid 2009, I, pp. 339-394.
17. Istruzioni e Relacioni degli ambasciatori genovesi a la cura di R. CIASCA. Roma 1955, II, pp. 41-43, 60; A. ANSELMI, El diario del viaje a España del Cardenal Francesco Barberini escrito por Casiano del Pozzo. Madrid 2004, pp. 68, 109, 121, 243, 255, 336; J. SIMÓN DÍAZ, Relaciones de actos públicos celebrados en Madrid (1541-1650). Madrid 1892, pp. 130.
18. L. COLOMA, Historia de las sagradas cit., pp. 45-46.
19. Ib., pp. 50-53, 55; A. FELIPO ORTS, La actitud institucional cit, pp. 67-68; E. GARCÍA HERNÁN, Francisco de Borja cit., pp. 80, 83, 85-86; M. BERNAL, Aspectos teatrales de las fiestas de canonización y beatificación de Francisco de Borja in S. LA PARRA y M. TOLDRÁ (Ed.), Francisco de Borja (1510-1572), hombre del Renacimiento, santo del Barroco. Gandía 2010, pp. 423-438; Id., Fiestas auriseculares en honor de San Francisco de Borja in "Revista Borja. Revista de l'Institut Internacional d'Estudis Borgians" 2 (2008-2009), pp. 541-591; J. SIMÓN DÍAZ, Relaciones de los actos públicos cit, pp. 328-334.
20. E. GARCÍA HERNÁN, Francisco de Borja cit., p. 79; C. IGLESIAS CANO, Canonización de San Francisco de Borja: una lectura política en V Centenario del nacimiento cit., p. 78; S. LA PARRA LÓPEZ, Historia de la vida del P. Francisco de Borja. Por Dionisio Vázquez, S.I. CEIC Alfons el Vell 2011, pp. 74-87.
21. A. FELIPO ORTS, La actitud institucional cit, pp. 67-68; J. IBORRA, Joan Baptista Roig i l'origen ilustre de los Borjas en S. LA PARRA e M. TOLDRÁ (Ed.), Francisco de Borja cit., pp. 529-548.
22. A. FELIPO ORTS, La actitud institucional cit.,. 69; C. IGLESIAS CANO, Canonización de San Francisco de Borja cit., p. 83.
23. J. LEFÈVRE, Les chatelains militaires espagnols des Pays-Bas à l'époque de l'archiduc Albert (1598-1621) in "Revue Belge de Philologie et d'Histoire" 9 (1930), pp. 847, 851; Id., La compénétration hispano-belge aux Pays-Bas catholiques pendant le XVIIe siècle in "Revue Belge de Philologie et d'Histoire" 16 (1937), p. 605.
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