Il termine "barocco" in musica

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Author: 
Federico Vizzaccaro

1. Storia ed esegesi

In musica il termine "barocco" è generalmente utilizzato per indicare la produzione musicale o uno stile compositivo proprio di un periodo storico, solitamente compreso tra il 1600 e il 1750. Si tratta di una estrema semplificazione con la quale si fa riferimento ad un intervallo di tempo piuttosto lungo (e denso di avvenimenti) attraverso un'unica espressione - musica barocca - allo stesso modo in cui con altre simili locuzioni come musica rinascimentale, musica classica, musica del Romanticismo, etc. ci si riferisce ad una periodizzazione convenzionale e stereotipa, in relazione, nell'ordine, al Cinquecento, al secondo Settecento (e fino a Beethoven)e all'Ottocento. Rispetto a queste altre periodizzazioni, però, molto più controverso è l'uso del termine "barocco", e numerosissimi sono state le discussioni sul suo significato, senza che vi sia ancora una soluzione universalmente accettata che determini che cosa si debba intendere per 'musica barocca', o dell'Età barocca.

Concepire il Barocco come un periodo storico è una semplificazione certamente estrema, comunemente utilizzata anche in letteratura, architettura e nelle altre arti figurative ma che, in modo particolare nell'ambito musicale, presenta delle evidenti limitazioni e una serie di problematiche determinate dall'ampia serie di generi, stili, tecniche compositive ed esecutive che si sviluppano nel corso di circa centocinquanta anni.

Solo in tempi piuttosto recenti Il termine "barocco" è stato impiegato per indicare un periodo storico ben delimitato. Il significato ad esso attribuito nel secolo XVIII, quando iniziò ad essere utilizzato nel campo delle arti figurative e musicali nella variante francese "baroque", era legato esclusivamente al concetto di bizzarro e stravagante. Tale accezione si deve, con ogni probabilità, al termine portoghese "barroco", con il quale si indicava fin dal Cinquecento un tipo di perla, detta anche scaramazza, dalla forma irregolare e gibbosa, spesso in riferimento a tecniche di manifattura orafa rinascimentali.

Al Settecento risalgono le prime attestazioni del termine, in relazione all'architettura di alcuni edifici: Charles de Brosses, nelle Lettres familières écrites d'Italie en 1739 et 1740, ad esempio criticava Palazzo Doria Pamphilij a Roma per le sue ornamentazioni definite proprio "barocche", e dunque, secondo la spiegazione del noto viaggiatore, più consone a piccoli oggetti di arte orafa. Agli stessi anni sono datate le prime testimonianze in ambito musicale: in un articolo anonimo del periodico Mercure (1734), che recensiva la prima esecuzione di un'opera di Rameau - Hippolyte et Aricie - andata in scena nel 1733, la musica viene descritta come piena di dissonanze, di "rumore", senza coerenza melodica e con continui cambi di metro e tonalità: vi è sottolineato, in particolare, il carattere "barocco e il brio del fracasso". Lo stesso Rameau fu criticato più volte per il suo "gusto" musicale, spesso in comparazione con Lully. Ed un'altra testimonianza mette in relazione un'opera di questo compositore con il termine "barocco": nel 1739, infatti, Jean-Baptiste Rousseau, in una lettera destinata a Louis Racine a commento del Dardanus di Rameau, tratteggiava e raffigurava il compositore come "distillatore di accordi barocchi, dei quali - scrive - così tanti idioti sono innamorati".

Una più esplicita definizione del termine "barocco" risale ad un periodo nel quale la cosiddetta età del Barocco è di fatto già conclusa: il filosofo francese Noël-Antoine Pluche utilizza questa parola nel 1746 in un contesto attinente la musica, e in contrasto con il termine "chantante". Secondo Pluche la musica "chantante" è caratterizzata dalla bellezza di melodia, dal fluire naturale del discorso musicale, dalla semplicità che genera piacevolezza nell'ascolto (notevole, nella descrizione, è la somiglianza con il successiva nozione di musica galante), mentre la musica "barroque" è disseminata di virtuosismi eccessivi, armonie dissonanti, con modulazioni non convenzionali e spesso derivate dalla musica popolare. In tale contesto, nella visione di Pluche, la musica "chantante" era di gran lunga preferibile a quella barocca, che cerca di "sorprendere attraverso la durezza dei suoni".

Nella sua opera Spectacle de la natura (1746) Pluche utilizzò il termine "baroque" anche per indicare lo stile esecutivo del violinista Jean-Pierre Guignon il quale, a suo parere, voleva sorprendere l'ascoltatore con l'agilità della tecnica. Piuttosto celebre è la metafora con la quale descrive Guignon intento a "scavare faticosamente alcune perle barocche sul fondo del mare, quando c'erano diamanti facili da prendere dalla superficie della terra".1

Per Pluche come per De Brosses, il termine "barocco" aveva un connotato chiaramente spregiativo, e inizialmente con tale significato esso si diffuse in Europa, venendo a raffigurare quella musica che perseguiva l'intento di sorprendere attraverso un "linguaggio" stilistico-compositivo considerato non convenzionale.

Sempre nel corso della seconda metà del XVIII secolo, Jean-Jacques Rousseau tendeva ad identificare la musica francese come "bizzarra e barocca" nella celebre querelle in cui  difendeva la musica italiana, la cui lingua dolce, sonora, e armoniosa, considerava più di qualsiasi altra adatta al canto. Nel 1768 apparve la nota definizione sul suo Dictionnaire de musique edito a Parigi, in perfetta consonanza con quanto aveva già inteso Pluche:

la musica barocca è quella nella quale armonia è confusa, carica di modulazioni e dissonanze, nella quale la melodia è stridente e poco naturale, l'intonazione difficoltosa, e il movimento innaturale.2

Rousseau aggiunge un'importante informazione sull'etimologia della parola, indicando la provenienza di "baroco" come termine utilizzato dai logici medievali per indicare un particolare sillogismo. La definizione di Rousseau fu parafrasata da diversi altri autori, tra cui Koch, Castil-Blaze, Schilling e Mendel, che contribuirono a diffonderne il significato con accezione negativa che rimase in uso in Europa per tutto l'Ottocento e oltre. Tale etimologia fu avvalorata e valorizzata ancora nel corso del Novecento, in particolare in Italia con Benedetto Croce (1929) come pure negli Stati Uniti, con René Wellek (1946).

Secondo Croce, il Barocco è una manifestazione del brutto, che non può portare a nessun risultato d'arte:

nelle opere del Seicento, in particolar modo, vi è solo un mero desiderio di costruire opere gradevoli, intese soltanto a dare diletto e piacere. Il barocco è una sorta di brutto artistico, e, come tale, non è niente di artistico, ma anzi, al contrario, qualcosa di diverso dall'arte, di cui ha mentito l'aspetto e il nome, e nel cui luogo si è introdotto o si è sostituito. E questo qualcosa, non obbedendo alla legge della coerenza artistica, ribellandosi a essa o frodandola, risponde, com'è chiaro, a un'altra legge, che non può essere se non quella del libito, del comodo, del capriccio, e perciò utilitaria o edonistica che si chiami. Onde il barocco, come ogni sorta di brutto artistico, ha il suo fondamento in un bisogno pratico, quale che questo sia, e comunque si sia formato, ma che, nei casi come questo che si considera, si configura semplicemente in richiesta e godimento di cosa che diletta, contro tutto, e, anzitutto, contro l'arte stessa.3

Per Croce, in pratica, ciò che caratterizza il Barocco è la ricerca continua della meraviglia, dell'effetto nuovo e imprevisto, che suscita il diletto proprio attraverso la sorpresa: in tal modo la verità poetica e l'incanto che da essa si diffonde sono sostituite con "l'effetto dell'inaspettato e dello stupefacente".4

Tra i primi ad associare il concetto a un'epoca storica definita (da collocare dopo il Rinascimento) si annovera Jacob Burckhardt, studioso svizzero che utilizzò il termine per indicare lo stile successivo all'opera di Michelangelo. Nel suo trattato Der Cicerone, pubblicato a Lipsia nel 1839, dedicò un intero capitolo al "Barockstil". Qui il periodo dello stile barocco è considerato come una fase decadente dell'ultimo Rinascimento (con un riferimento particolare all'architettura della fine del XVI secolo): dunque il concetto mantiene ancora una connotazione negativa e screditante.

Con Heinrich Wölfflin, allievo di Burckardt e suo successore all'Università di Basilea, lo stile barocco venne per la prima volta interpretato in un'accezione positiva. In Renaissance und Barock (1888), Wölfflin identificò alcune caratteristiche stilistiche dell'arte italiana e dell'architettura, che ne testimoniavano il progresso nel secolo XVII rispetto a quello precedente5. In particolare egli afferma che

per lo spirito barocco l'architettura come mezzo espressivo era insostituibile; perché essa sola aveva, di fronte alle altre arti, la capacità di riprodurre l'effetto del sublime. Qui appunto tocchiamo il nervo del Barocco.6

Pur concependo il termine "barocco" come caratteristico dell'arte del XVII secolo, Wölfflin suggerì anche che lo stesso significato potesse applicarsi alla letteratura e alla musica, ove queste presentassero simili caratteristiche (pur adducendone esempi che oggi appaiono poco pertinenti7, quali il Tasso e il Palestrina). Più tardi, in Kunstgeschichtliche Grundbegriffe (1915), lo stesso Wölfflin delineò meglio i contrasti stilistici tra l'arte e l'architettura del Rinascimento e quelle del Barocco: secondo la teoria sviluppata in questo lavoro, le differenze tra stile rinascimentale e barocco derivano dalle divergenze sviluppatesi da cinque principii ben definiti.8

Fino a quel momento il periodo compreso tra secolo XVII e XVIII non aveva ricevuto interessi particolari dagli storici della musica e, tantomeno, era stata avanzata l'ipotesi che tale intervallo di tempo potesse essere identificato come un periodo unitario. Tra i primi a riconoscere un'unità nel periodo compreso tra il 1600 e la prima metà del '700 fu Hugo Riemann, il quale individuò come elemento di coesione l'uso del basso continuo, arrivando così a definire quest'epoca come Generalbass-Zeitalter (1924).9 Curt Sachs, invece, fu il primo ad applicare il termine "barocco" alla musica di un determinato periodo storico, adattando le teorie di Wölfflin a un ambito musicologico, nell'articolo dal programmatico titolo Barockmusik (1919).10 Le cinque categorie individuate da Wölfflin furono applicate sistematicamente alla musica, in alcuni casi con similitudini calzanti, in altri con risultati artificiosi e poco convincenti. Ne seguirono nuove discussioni intorno al termine "barocco". Robert Haas, nel 1928, riconobbe i meriti dei principii di Wölfflin dubitando, però, che i suoi cinque punti potessero essere applicati alla musica.11 Andrea della Corte, critico e storico della musica italiano, ad esempio, dichiarò nel 1933 che il termine non poteva trascendere il suo significato di stravagante: solo certi aspetti della musica del XVII secolo potevano essere caratterizzati da esso, come lo stile policorale o l'ultima fase del madrigale.12

Nel rinnovato interesse per la musica del Sei e Settecento che caratterizzò l'ambiente culturale europeo a partire dagli anni Venti, si collocano gli studi e le discussioni che condussero alla cristallizzazione del concetto di Barocco quale periodo compreso tra la fine del Rinascimento e l'inizio dell'epoca classica, secondo l'accezione che diviene d'uso comune già nel ventennio successivo. Così, ad esempio, Willy Apel, nello Harvard Dictionary of Music (1944), delineando il periodo barocco come quello successivo al Rinascimento, ne individuava i caratteri distintivi nell'affermazione della monodia e del recitativo, e nella nascita e nello sviluppo di generi fondamentali quali l'opera, l'oratorio, la cantata, decretandone il compimento con la morte di Bach e Händel.13

In Italia, oltre Andrea Della Corte, altri musicologi quali Luigi Ronga e Massimo Mila sono però contrari all'uso del termine "barocco" in musica. Piuttosto che associare il termine a un intero periodo, preferiscono riconoscerne la legittimità solo a determinati esiti ben esemplificati.

Nella sua Breve storia della musica, edita per la prima volta nel 1946, Mila scrive:

Il Seicento inizia per la musica un'età nuova, e si può dire moderna, che la prima metà del Settecento continuerà in Italia con Vivaldi, Corelli e la migliore opera napoletana, e che la Germania porterà più alto, con Bach. Tanto vitale fermento della musica in quel secolo che vide invece in Italia la massima depressione civile, etica e poetica, ha alimentato recenti polemiche sul concetto di barocco, che molti vorrebbero riscattare, in nome appunto della musica, dal significato peggiorativo che gli si vuole attribuire. Ed alcuni, anzi, vorrebbero identificare addirittura l'intuizione barocca con la natura stessa della musica, a cui tendono in quest'epoca tutte le arti, ansiose di spiritualizzarsi al massimo, di ridursi a sentimento puro, senza peso di materia, e a una condizione fluidissima di moto, quale appunto all'arte dei suoni è particolarmente consentita.14

Mila, infatti, riconosce al termine il significato originario e negativo di "deteriore", e in tal senso afferma che non tutta la musica del Seicento è barocca:

Relativamente poco essa [la musica] ebbe di barocco in senso proprio, cioè deteriore: la tendenza sempre latente e, nella seconda metà del secolo, trionfante, al virtuosismo canoro, che corrispondeva alle acutezze e al concettismo della letteratura; il gusto, nell'opera, della scenografia macchinosa; e, unico e circoscritto caso di autentico barocco musicale, il gusto delle stupefacenti costruzioni polifoniche a quarantotto e più voci, limitato agli epigoni della scuola romana (il Benevoli, il Mazzocchi, ecc.). Molti ebbe, invece, di quei caratteri sui quali si vorrebbe ora fondare un concetto positivo di barocco: essenzialmente la liberazione del sentimento in forme di calda immediatezza umana, pure di schematismi classicheggianti, plasmate dal sentimento stesso in una mobilità dolcissima ai moti dell'anima umana. La scoperta dell'uomo e del mondo non, com'era stato il caso del Rinascimento, attraverso la mediazione degli antichi, ma in un contatto diretto di calda partecipazione fisica e animale. La vocalità è la forma stessa di quest'arte.15

Successivamente gli studi sul periodo designato come "barocco" trovano un autorevole traguardo nel lavoro di Manfred Bukofzer, Music in the Baroque Era (1947). Nell'introduzione Bukofzer ripercorre velocemente la storia del termine sottolineando come, rispetto all'accezione dispregiativa associata ad una forma degenerata del Rinascimento, la concezione di Barocco come epoca buia tra il limpido Cinquecento e il classicismo del secolo XVIII fosse radicalmente cambiata. Alla metà del Novecento, dunque, nel momento in cui Bukofzer scrive quest'opera, "il Barocco è riconosciuto come un periodo con i suoi propri diritti, il suo proprio intrinseco sviluppo e i suoi propri principi estetici".16 Anche l'autore ne propone la delimitazione diacronica ormai diffusa, riconoscendo però la non perfetta successione delle epoche, ma proponendone una temporanea sovrapposizione negli estremi:

Il periodo copre press'a poco il diciassettesimo secolo e la prima metà del diciottesimo. Si possono osservare sintomi del nuovo stile già nell'ultima parte del sedicesimo secolo, e per qualche tempo i tratti distintivi del Rinascimento e del Barocco convissero.17

Con l'opera dello studioso tedesco, dunque, si ratifica il significato di "barocco" come epoca ben delimitata e perfettamente riconoscibile. Allo stesso tempo inizia però a definirsi uno dei problemi fondamentali che contraddistingue questo periodo storico: nella moltitudine di stili, generi ed eventi che si verificano nell'ampio periodo compreso tra 1600 e 1750, cosa rende unitario il Barocco, da punto di vista storico-musicale? Secondo Bukofzer le evidenti differenze stilistiche che pervadono un periodo così ampio, disomogeneo e denso di avvenimenti sono superate dal confronto con la musica del Rinascimento:

il confronto tra musica del Rinascimento e musica del Barocco ha dimostrato che l'epoca barocca nel suo insieme differisce dall'epoca rinascimentale in modo molto più sostanziale che, fra di loro, primo, medio e tardo stile barocco.18

Con Bukofzer viene teorizzata anche la suddivisione del periodo in tre fasi distinte denominate "Primo Barocco" (1580-1630), "Medio Barocco" (1630-1680) e "Tardo Barocco"  (1680-1730), con la quale si delineano intervalli di tempo funzionali, cui corrispondono importanti cambiamenti o rinnovamenti nel continuum temporale.19 Tale pratica segmentazione, ancora oggi spesso adottata, rivela l'oggettiva difficoltà nel voler unificare razionalmente l'insieme degli accadimenti che caratterizzerebbero l'età del Barocco: giacché si tratta, alla fin fine, di un'astrazione.

Bukofzer, inoltre, descrive il Barocco come "the era of style-consciousness",20concentrando su tale questione la più profonda differenza con il Rinascimento, caratterizzato invece da una unità di stile che nel Seicento si frantuma in una molteplicità di varianti, rappresentate nella contrapposizione tra stile antico e stile moderno. Pur riuscendo nell'intento di identificare l'età Barocca attraverso il confronto con l'età Rinascimento, Bukofzer ha qualche difficoltà nel legittimare una definizione di Barocco come fase storica determinata, a causa delle differenze stilistiche che la attraversano, cercando un filo conduttore che giustifichi una convergenza significante:

chiunque speri di scoprire le caratteristiche del Barocco nella musica come se esse fossero una sorta di misteriosa sostanza chimica, fraintende il significato del termine, che denota essenzialmente l'intrinseca unità stilistica del periodo.21

Lo studioso presuppone l'esistenza di un legame che va ricercato nell'essenza della musica: "i tre stili [del Primo, Medio e Tardo Barocco] sono accomunati dall'intima unità del periodo, che solo un confronto su un piano più elevato pone nella dovuta evidenza".22 Non sembra  però spiegare in cosa consista tale elemento di coesione.

Nel ventennio tra gli anni Sessanta e Ottanta del Novecento, le discussioni intorno al concetto di "musica antica" (o "early music"), nella quale rientra anche il Barocco musicale, conoscono un nuovo impulso, in relazione soprattutto all'annoso dibattito intorno alle esecuzioni filologiche (o historically informed performances, secondo l'espressione anglofona più utilizzata nell'ultima quindicina d'anni).

Tra gli altri, anche Theodor W. Adorno assume una posizione decisamente critica nei confronti delle nuove tendenze a proporre esecuzioni filologiche, tornando in alcune occasioni a criticare sia il concetto di Barocco, sia il prodotto musicale che quel periodo ha generato (non discostandosi molto in tale concezione dal pensiero già espresso da Croce). Nel saggio Abuso del Barocco (1967), ad esempio, Adorno analizza (e critica) il concetto stesso di Barocco, sottolineando l'inadeguatezza della sua estensione, al di là delle arti visive, alla musica e alla letteratura del periodo. Adorno formula inoltre un giudizio negativo per quasi tutto il repertorio musicale barocco, per lui privo sia di stimoli per i sensi, sia della sensualità che invece caratterizza le arti visive coeve: in tale prospettiva la musica barocca - definita addirittura "frustrante"23 - dovrebbe "la sua più recente e opprimente popolarità al suo rozzo semplicismo".24 Mentre Adorno esalta l'irrompere della soggettività nelle arti visive, la musica barocca si caratterizza per la mancanza di stili personali e originali (con la grande eccezione di Bach). È questa una posizione ancora comune nella seconda metà del Novecento, che però deve essere interpretata anche in relazione alla minore conoscenza e circolazione  -  rispetto ad oggi - della musica del  Seicento.

Nel 1970 anche Carl Dahlhaus, in Analyse und Werturteil, sottolineava i limiti del termine "barocco" come espressione di un intero periodo storico-artistico: l'impulso dinamico e l'ideale di stravaganza non costituiscono il carattere estetico fondamentale - ed esauriente - del Barocco (così in Bach e in Vivaldi, ad esempio), ma "uno sfondo su cui si stagliano le differenziazioni nel particolare, che rappresentano il momento fondamentale".25 Un decennio dopo, ancora Dahlhaus avvertiva il pericolo di fare della storia "epoche [che] marcino in fila indiana".26

Una lettura in chiave positiva del "barocco" deriva dal fondamentale Baroque Music di Claude V. Palisca (1968). Nella vasta sequenza di avvenimenti che caratterizza gli oltre centocinquant'anni di storia della musica, Palisca individua una linea unificante (già teorizzata da Bukofzer, anche se non meglio chiarita) nella costante aspirazione della musica a muovere gli "affetti". È tale elemento, secondo Palisca, che contribuisce a mantenere una relazione tra gli stili, le forme e le tecniche compositive che si evolvono nell'età barocca, attraverso una linea che senza soluzione di continuità si snoda dalla musica di Marenzio fino a quella di Händel. Tale elemento, però, non è sempre sufficiente a determinare un oggetto musicale come "barocco" (ciò accade, ad esempio, per i generi musicali non finalizzati all'espressione degli "affetti", come la musica destinata alla danza o alla liturgia).27 L'autore precisa inoltre che determinati "passaggi da uno stile all'altro" si manifestano in momenti non simultanei nei diversi ambienti europei: in Germania ad esempio, "lo stile barocco" comincia ad affermarsi solo a partire dal primo decennio del Seicento per imporsi solo nel corso del decennio successivo, mentre in Italia, pur sviluppandosi già della fine XVI secolo, sembra declinare già intorno agli anni Venti del Settecento. Oltre allo sviluppo della retorica degli affetti, anche Palisca individua alcuni elementi stilistico-compositivi che caratterizzano l'età del Barocco, quali la monodia, il basso continuo e lo stile concertato, ribadendo comunque che

il periodo considerato è così unificato e delimitato più da un ideale espressivo che da un coerentecorpus di tecniche musicali. Nondimeno, diverse fasi dello stile barocco possono essere identificate attraverso mutamenti nelle pratiche esecutive e nei processi compositivi.28

Nel corso degli anni Settanta del secolo scorso, pur compiendosi l'emancipazione del repertorio musicale del Seicento e del primo Settecento (non solo da un punto di vista musicologico: si moltiplicano infatti le incisioni e i concerti riguardanti questo repertorio), non vi sono rinnovate discussioni sul significato di "barocco" in musica. Si moltiplicano però le occasioni in cui sfoggiare l'aggettivo, quasi vi fosse una "moda" per il "barocco": festival barocchi, ensemble barocchi, trombe barocche, masterclasses barocche e varie altre espressioni divengono d'uso comune. L'identità tra il termine e il periodo ad esso associato diviene talmente consolidatada non essere più messa in dubbio (ma vedremo eccezioni autorevoli). Un esempio si trova nella periodizzazione proposta nella classica History of Western Music di Donald J. Grout (1973). Tale cristallizzazione del significato è ancora oggi ben radicata: gran parte delle opere storico-musicali di ampio respiro pubblicate nell'ultimo trentennio ripropongono la suddivisione che già Bukofzer aveva delineato, suddivisione che si mantiene emblematicamente inalterata anche nell'opera che ha sostituito il medesimo volume della collana The Norton Introduction to Music History, ovvero il più recente Baroque Music di John W. Hill (2005).

In Italia è Lorenzo Bianconi che, nel suo volume Il Seicento (1982 - nuova edizione 1991) della collana EDT di Storia della Musica, torna ad avanzare dei seri dubbi sul concreto significato del termine, scegliendo di non utilizzare mai la parola "barocco" del suo lavoro, con tale motivazione:

non si meravigli troppo il lettore se […] troverà scritta la parola "barocco" soltanto in questa pagina del libro. […] "Barocco" è invece […] un concetto stilistico e storiografico che s'è sedimentato intorno all'architettura romana di metà Seicento e alle sue derivazioni, e soltanto a quella e a queste si applica con proprietà: è dubbio che la sua estensione a tutta l'arte del periodo che va dal 1600 al 1750, o addirittura la sua dilatazione alla storia della musica, ancorché legittima, sia criticamente fruttuosa. Può forse darsi che lo sia ove si vogliano contrapporre, in un grande disegno complessivo, i caratteri dominanti dell'età "barocca" e quelli del rinascimento o del gotico o di uno dei tanti classicismi. Non lo è affatto se invece si tratta di cogliere, all'interno di un secolo, il disegno contrastato e frastagliato di tante correnti e tradizioni e fenomeni diversi e magari antitetici che, pacificamente o conflittualmente, coesistono.29

Poco prima era ritornato sul tema Massimo Mila, in un articolo (di rivista non musicologica)  dove criticava duramente la diffusione incontenibile del termine: "il trionfo irresistibile del binomio «musica barocca» ha travolto la resistenza degli studiosi, specialmente italiani, che in gran numero s'accordano ad affermarne l'insostenibilità, e l'espressione sta entrando a vele spiegate nell'uso comune".30

Negli anni Ottanti Gino Stefani ha proposto una lettura del "barocco" da un punto di vista differente: in Musica Barocca: poetica e ideologia (1987) individua nella "festa" e nel "concerto" i due eventi  privilegiati attraverso i quali si esprime "una cultura ancora relativamente integrale come quella barocca. […] Così alla musica, che della festa è figlia, non si chiederà quale sia il suo statuto autonomo. Essa è strumento di comunione, come la festa stessa, dove s'incontrano strati, ceti e classi e con essi le loro espressioni culturali".31

Più recentemente nuovi spunti di discussione sono avanzati da George J. Buelow nella prefazione al testo A History of Baroque Music (2004), nel quale si pongono alcuni problemi relativi al termine "barocco":

Di tutte le terminologie imprestate dalla storia dell'arte come etichette per periodi della storia musicale, nessuno ha avuto più problemi nella sua vaghezza se non per la sua inappropriatezza che il termine Barocco. […] È possibile descrivere la musica del periodo che segue il Rinascimento e precede il Classicismo del XVIII secolo come Barocca? È "barocco" un concetto valido per la storia della musica? Quali sono le origini di questa etichetta nella storiografia musicale?32

Pur non rispondendo direttamente a ciascuno di questi quesiti, Buelow sottolinea che il termine "barocco"nell'ambito storico-musicale ha perso qualsiasi specifico significato connesso allo stile, per designare un periodo storico, e allo stesso tempo sottolinea l'artificiosità che consegue alla mera segmentazione storica:

Come ogni altra arte, la musica non abbandona improvvisamente aspetti distintivi di un paradigma stilistico per un altro, e rimane impossibile stabilire esattamente quando un cosiddetto periodo inizia e un altro finisce.33

Buelow, al contrario di Bianconi, utilizza il termine "barocco" per identificare il periodo storico in generale, ma precisa che esso non può assolutamente indicare uno stile musicale definito. Piuttosto che ricercare un'unità artificiale all'interno dei complessi sviluppi musicali nel Barocco, lo stesso Buelow avanza la possibilità di indagare tale periodo secondo almeno quattro punti di vista differenti, determinati dal fatto che in esso si raffigura una molteplicità di approcci allo stile musicale, e una varietà di convergenze determinate dalle forze musicali così come da quelle sociali:

1) concetti di filosofia e teoria della musica; 2) nuove procedure formali, che in se stesse sono interconnesse a 3) stili musicali nuovi o trasformati; 4) relazioni di causa tra istituzioni musicali, sociali e politiche.34

È chiaro che in questo quadro il termine "barocco" non ha più nulla a che vedere col suo significato originario di bizzarro e stravagante.

Una direzione diversa sembra seguire John W. Hill, nel già citato trattato sulla musica barocca. L'autore, infatti, non discute l'appropriatezza del termine "barocco" sul piano concettuale, estetico, stilistico o cronologico:35 il titolo (e lo scopo) del libro "è determinato dal piano dell'opera"36 poiché questo si inserisce tra gli altri due volumi della collana, dedicati uno alla musica del Rinascimento, l'altro all'età Classica. Hill si limita invece a giustificare l'uso del termine per coerenza con altre espressioni artistiche, e a  collegarlo a fattori culturali, politici e sociali più che a risvolti tecnico-stilistici della produzione musicale. Lo studioso sembrerebbe preferire al termine "barocco", la cui scelta definisce "tradizionale", un'espressione che rivela un'impostazione analitica di tipo più puramente storico: "Later Early Modern Period",37 espressione che possiamo tradurre come "l'ultima parte della Prima Età Moderna". La scelta è determinata dal tipo di approccio che Hill vuole tentare nell'analisi della storia musicale tra 1580 e 1750, realizzata secondo diverse prospettive (orientamento tipico della musicologia americana), così elencate: "storia sociale, antropologia storico-culturale, teoria musicale del periodo, storia dello stile musicale e narrazione storica."38

In particolare, nel discutere l'unitarietà del periodo, Hill si distacca coraggiosamente dal modus operandi di quegli storici della musica "che ricercano [nel repertorio musicale] elementi comuni a tutta o alla maggior parte della musica del periodo, elementi che ne rendono possibile la distinzione dal periodo precedente e da quello successivo." La sua proposta (forse non del tutto concretizzata nel suo testo) è invece quella di individuare un "principio unificatore che si attenga più alla dimensione sociale, politica e culturale e meno sulle caratteristiche stilistico-musicali".39 Lo stesso concetto è ribadito nell'ultimo passaggio della prefazione:

Nel primo capitolo di questo libro, l'unità di musica composta durante l'Era Barocca è concepita nel suo significato culturale, più che in ogni specifica serie di elementi tecnici, stilistici o espressivi.40

Nella più recente Storia della musica dalle origini fino all'Ottocento di Alberto Basso ha dedicato un'ampia sezione a quella che viene di nuovo indicata come "Età barocca".41 Nel volume un intero paragrafo tratta i "problemi di periodizzazione e di definizione" del Barocco, nel quale sono posti interessanti spunti di riflessione:

è opinione comune che il Seicento (determinazione cronologica) e il Barocco (determinazione stilistica) coincidano, anche se considerevoli porzioni del Cinquecento da un lato e, in misura ancora maggiore, del Settecento dall'altro non possono che essere ricondotte all'estetica e al gusto che noi avvertiamo essere tipici della mentalità, delle modalità espressive e delle tecniche proprie del Barocco. Tracciare i confini fra le epoche è sempre impresa rischiosa e, comunque, soggetta a condizionamenti dettati da predilezioni e inclinazioni del tutto personali. Se si prende come punto di riferimento il significato che storicamente riveste il termine "barocco" - sinonimo di stravaganza, di bizzarria, di irregolarità (la famosa perle baroque dalla forma anomala) e riflesso della pedanteria con la quale certa filosofia logica e formale sosteneva le proprie argomentazioni attraverso l'uso, anche improprio, del sillogismo - ben poco spazio resta per applicare quel termine a un'epoca che, se non mancò di stravaganza, nei campi della musica seppe esibire anche una straordinaria varietà di atteggiamenti severi e sapienti e soprattutto un impegno costante nella realizzazione di architetture sonore simmetriche e regolari, frutto del calcolo e dell'artificio, prodotto di un metodo di lavoro e di un sistema compositivo sostanzialmente equilibrato e concettualmente rigoroso.42

Oltre la tecnica del basso continuo e all'introduzione dello stile concertato, Basso elenca tutti gli elementi che caratterizzano il periodo in esame, come la "funzione trainante assegnata al testo poetico, la conquista di spazi specifici e riservati agli strumenti, l'ampliamento delle strutture formali (il melodramma e l'oratorio possono rappresentare l'equivalente in musica dell'architettura monumentale, della pittura ad affresco per grandi cicli, del poema in ottava rima articolato in molti canti), il diverso orientamento della trattatistica, l'allargamento degli orizzonti geografici con la penetrazione, in profondità, del linguaggio musicale colto" nell'Europa del Nord e nella North-Eastern Coast degli Stati Uniti. Infine, riprendendo il giudizio di Palisca, individua nella dottrina degli affetti il principio dominante nel pensiero musicale di quell'epoca. Anche Basso accetta i confini temporali dell'Età barocca fissandone gli estremi convenzionali del 1600 (anno dell'Euridice di Peri e Rinuccini) e del 1750 (anno della morte di Bach), proponendo però un "fondamento pratico nella suddivisione del tempo in sottofasi, dell'ordine di un quarantennio (un paio di generazioni, dunque), giusto il tempo occorrente perché si modifichino certi schemi mentali e vengano meno certi costumi e certe mode".43

Nell'Enciclopedia della Musica diretta da Jean-Jacques Nattiez e pubblicata da Einaudi (2004), opera che si presenta con intenti innovatori per la comprensione della storia della musica, lo studioso francese tenta di oltrepassare la problematica della suddivisione in categorie storiche:

Le periodizzazioni tradizionali (musica antica, barocca, classica, romantica, ecc.) sono in realtà il risultato di costruzioni che spesso sono state ispirate da parallelismi più o meno legittimi con periodi similari nell'ambito della storia dell'arte, e sono oggi rimesse in discussione da molti. 44

L'opera risente delle tendenze della New Musicology, prediligendo la varietà di punti di vista (accogliendo pure  posizioni conflittuali nei numerosi saggi che la costituiscono). Al suo interno, le "storie" della musica sono solitamente presentate in ordine cronologico, ma viene evitata una "periodizzazione della musica", per cui non è presente una sezione dedicata al "Barocco": in alcuni dei saggi in essa contenuti il termine è comunque usato.

 

2. Alcune riflessioni: musica barocca, musica dell'età barocca

Al termine di questa rassegna esegetica, certamente non esauriente, appare chiaro quanto ancora il termine "barocco" si presti ad interpretazioni di significato polidromo.

Come definire, oggi, il "barocco" in campo musicale?

Per convenzione, il termine è ormai diffuso e affermato nella sua accezione che travalica il suo significato originario ("stravagante", "effimero"). Secondo Rosario Villari esso si è distaccato anche "dal legame settoriale con l'arte e la letteratura, perfino estendendosi oltre l'arte mediterranea e controriformistica".45 Secondo lo storico, il termine è oggi usato in un contesto più vasto per "definire esperienze e condizioni generali (culturali, religiose, politiche) del periodo della storia europea che va all'incirca dalla fine del Cinquecento alla seconda metà del secolo successivo"46.

Questa accezione può essere accolta se riconosciamo al termine "barocco" il valore di una sineddoche storiografica: il nome di un particolare processo proprio dell'arte sviluppatasi particolarmente a Roma nel secolo XVII si estende ad un intero periodo storico, in tal modo il termine perde il suo significato originario, sostituito con un altro più vasto. Il problema appare quanto mai complesso e la forzatura più artificiosa quando si prendano in considerazione musiche appartenenti al periodo considerato che con il significato originario di "barocco" nulla hanno a che vedere. Cosa c'è di barocco in un madrigale di Monteverdi o in Die Kunst der Fuge di Bach? Se pure possiamo affermare che tali composizioni appartengono all'età del Barocco (intesa come periodo storico) ben più difficile sarà riconoscere in esse degli elementi riconducibili alle caratteristiche del barocco stricto sensu.47

Questo paradosso può forse risolversi se distinguiamo tra "musica barocca" (caratterizzata da determinati caratteri artistici, riconducibili a un circoscritto insieme di musiche) e "musica dell'età del Barocco" (ovvero tutta la musica prodotta nel periodo considerato).

Se da una parte permane il giudizio (largamente condivisibile) per cui sia illogico unire sotto un'unica etichetta un secolo e mezzo di produzione musicale, dall'altra appare quantomeno inevitabile riconoscere il significato più ampio che ormai il termine ha acquisito.

È altresì palese che, sviluppandosi la storia delle culture musicali senza soluzione di continuità, il passaggio da un'età all'altra non avviene quasi mai in modo netto ed è impossibile stabilire esattamente quando l'una inizi e l'altra finisca: vi sono periodi di passaggio in cui numerosi principii propri dell'una e dell'altra epoca si sovrappongono. Come già scriveva Bukofzer, il Barocco in musica ha certamente radici nell'ultimo Rinascimento e a sua volta in esso troviamo in nuce elementi in seguito sviluppati nel periodo cosiddetto "classico". Per questo le due date estreme che delimitano i confini dell'età del Barocco (1600-1750) hanno anch'esse un valore puramente orientativo (pur se non si può negare che gli anni 1600-1602 vedono una quantità impressionante di fenomeni innovativi in simultanea), allo stesso modo in cui i termini del Medioevo sono per convenzione fissati dagli storici (o, meglio, da una parte di essi) tra 476 e 1492 (o il 1453). L'idea che il Barocco si configuri come epoca successiva (e contrapposta) al Rinascimento è spesso ricondotta ai mutamenti e ai rinnovamenti che interessarono il linguaggio musicale nel corso del secolo XVII. Dal punto di vista di un osservatore diacronicamente lontano, la concentrazione di eventi e le trasformazioni occorse nell'ambito della musica, a partire dai primi anni del Seicento, hanno determinato la percezione di quest'epoca come "nuova"48 (che sia oggi chiamata "barocca", si ribadisce, è conseguenza del significato estesoche nel corso degli ultimi due secoli ha acquisito questo termine).

Ci dobbiamo però anche chiedere se, dall'interno dei fenomeni in atto, gli attori di tali mutamenti si rendessero contodi tali cambiamenti si rendessero conto di essere entrati in una "nuova" epoca. In effetti non può escludersi tale consapevolezza, che emerge - solo per fare un esempio - già dall'esame della trattatistica teorico-musicale coeva (sviluppatasi in stretta connessione con la produzione musicale), oltre che da altre fonti, quali le cronache del tempo. Lo sviluppo di un rinnovato linguaggio musicale, nel quale si andava elaborando, gradualmente, una nuova concezione dell'armonia (dal progressivo abbandono della modalità fino all'organizzazione dei suoni secondo la logica tonale) e della melodia (a partire dalla monodia accompagnata) appare già consapevolmente recepito. Parte dei trattati dell'epoca (anche se molti continuarono a riproporre le regole del contrappunto cinquecentesco) sono uno specchio di quanto accade in ambito compositivo-esecutivo. In essi troviamo conferma che vi sia stata una consapevole coscienza delle principali "novità" del secolo XVII: dall'affermazione del principio del concertato e della monodia, all'introduzione del basso continuo, dallo sviluppo delle prassi esecutive strumentali (con le forme musicali ad essi consacrate, quali il concerto e la sonata) agli esperimenti che determinarono la nascita di nuovi generi musicali quali il melodramma, l'oratorio e la cantata.Di tutte tali contingenze il musicista doveva essere consapevole e, allo stesso tempo, ne era attivamente artefice e promotore.

Le espressioni con cui viene interpretato questo momento di rinnovamento sono quelle più frequentemente utilizzate nei trattati teorico-musicale e nei documenti vari dell'epoca: "musica moderna" e "seconda pratica".49 Già dall'inizio del XVII secolo in diversi trattati viene messa in relazione la musica "antica" con quella "moderna". La stessa ripartizione tra due pratiche (o due stili), l'una moderna (o nuova) e l'altra antica, è frutto di una consapevolezza che si manifesta già all'inizio del secolo XVII. Anche il primo trattato sul basso continuo, opera di Agostino Agazzari, risale all'inizio del Seicento (Del sonare sopra 'l basso con tutti li stromenti, 1607), così come i primi documenti riguardanti la nascita del melodramma (la Rappresentazione di Anime et Corpo di Emilio de' Cavalieri e l'Euridice di Peri sono entrambi del 1600).

Il periodo in cui si sviluppa il concetto coevo di "musica moderna" può sovrapporsi con quello oggi denominato "barocco", senza coincidere con esso, perché le due prospettive appartengono a dimensioni diverse. I compositori del secolo XVII e XVIII certamente non sono consapevoli della direzione verso la quale il gusto musicale si evolve: è solo chi si trova in una prospettiva altra (separata da diversi secoli di storia) che è in grado di analizzare tale evoluzione naturale, propria del processo continuo che pervade la storia dell'uomo (e che anche in questo momento è in atto).

Dunque l'età del Barocco, in musica, è caratterizzata dall'insieme di tutti gli elementi di novità prima elencati, ma non sono tali elementi (almeno non tutti) effettivamente espressione del "barocco" nell'accezione originaria. In questo punto, forse, è il nodo di tutta la questione.

La discussione sulla effettiva funzionalità e plausibilità del termine è tuttora aperta e difficilmente giungerà ad un compromesso. Gino Stefani, nella voce "Barocco" del Dizionario enciclopedico della musica e dei musicisti, prima di descriverne la musica, si sofferma sul concetto di "età del Barocco":

Tra gli ultimi decenni del Cinquecento e i primi del Settecento, tra Rinascimento e Illuminismo, non solo cronologicamente, ma proprio come luogo d'incontro di due culture, l'antica e la moderna (la filosofia scolastica e la scienza di Galileo e Bacone, la cosmologia tolemaica e i calcoli di Copernico e Newton, la concezione della musica come ordine cosmico e quella di un'arte fondata sul talento e sul gusto) si pone l'età barocca. Un'epoca di pluralismo, di convivenza e di conflitto, di trasformazione, e tutto questo su scala europea. […] In quest'epoca nasce, si afferma e tramonta l'assolutismo monarchico, quello di Filippo II e di Luigi XIV.50

E Villari sottolinea i contrasti che quest'epoca produce:

L'aspetto peculiare della conflittualità barocca non è tanto il contrasto tra soggetti diversi quanto invece la presenza di atteggiamenti apparentemente incompatibili o evidentemente contradditori all'interno dello stesso soggetto. La convivenza di tradizionalismo e ricerca del nuovo, di conservatorismo e ribellione, di amore della verità e culto della dissimulazione, di saggezza e di follia, di sensualità e misticismo, di superstizione e razionalità, di austerità e "consumismo", dell'affermazione del diritto naturale e dell'esaltazione del potere assoluto , è fenomeno di cui si possono trovare esempi innumerevoli nella cultura e nella realtà del  mondo barocco.51

Aderendo a tale recente interpretazione, continua Villari, alcuni studiosi hanno voluto individuare nel secolo XVII dei nuovi atteggiamenti dal punto di vista sentimentale, psicologico, religioso, politico, sociale: che siano effettivamente questi causa delle esperienza fondanti dell'epoca barocca? Lasciamo agli storici delle varie discipline il compito di dimostrarlo.

Per sintetizzare, possiamo ribadire che la musica "del" Barocco non corrisponde alla musica del meraviglioso, dello stravagante (quella è, semmai, "la musica barocca", ovvero un repertorio circoscritto di musiche, quali quelle riconducibili alla policoralità estrema che si ebbe a cavallo tra Sei e Settecento); nell'accezione corrente di più largo uso la musica del Barocco (= dell'età barocca) comprende lo sterminato insieme degli avvenimenti che si verificarono nel corso di un ampio periodo della storia musicale (del resto c'è differenza anche tra dire "chiesa barocca" e "chiesa dell'Età del barocco"). È questa accezione, dunque, che ha creato i dibattiti e le polemiche sull'ammissibilità del termine.

Scriveva con ragione Mila: "è tanto comodo appiccicare etichette storiche sopra un'epoca ed illudersi così di avere spiegato tutto. Se queste epoche si guardano col microscopio anziché col cannocchiale rovesciato, l'etichetta si sgretola e saltano fuori le realtà singole".52 Ma possiamo evitare di usare questo termine nel senso, sia pure fuorviante e generalizzante, che ha acquisito nel corso del secolo XX? Sarebbe possibile per le stesse ragioni respingere anche l'uso generalizzante di termini quali "rinascimento", "classicismo", romanticismo", ecc.?

Friedrich Blume, nella  voce "Barock" dell'enciclopedia Die Musik in Geschichte und Gegenwart,53 da lui diretta, intorno alla metà del secolo affermava che "l'introduzione del termine Barocco nella storia della musica non è certamente necessaria, ma utile". E particolarmente convincente, allora, sembra l'intuizione di Villari:

forse proprio per la sua ambiguità e per la molteplicità di significati che via via ha acquisito, l'etichetta "barocco" sembra ormai particolarmente adatta a quel periodo.54

In questo senso, se consideriamo proprio la pluralità degli eventi e dei prodotti che hanno caratterizzato in musica l'età del Barocco, (il "disegno contrastato e frastagliato di tante correnti e tradizioni e fenomeni diversi e magari antitetici" che descriveva Bianconi55) non sembra più così distante ed inappropriato il significato originario del termine che indicava le forme irregolari e variegate della perla scaramazza.

 


1 Noel-Antoine Pluche, Spectacle de la nature, vol.VII, Parigi, Frères Estienne, 1746 (1770), p. 129.

2 Jean-Jaques Rousseau, Dictionnaire de musique, Parigi, la Veuve Duchesne, 1768, p. 41.

3 Benedetto Croce, Storia dell'età barocca in Italia, Bari, Laterza, 1929, p. 24.

4 Ibid., p. 25.

5 Heinrich Wölfflin, Renaissance und Barock, Monaco, 1888. Trad. italiana: Ri­nascimento e Barocco, Firenze, Vallecchi, 19[8]8, pp. 188-189.

6 Ibid., p. 189.

7 Ma si potrà obiettare: trattandosi di un'operazione tutta mentale - in un certo senso artificiale - fino a che punto possiamo giudicarne la 'pertinenza'?

8 Heinrich Wölfflin, Kunstgeschichtliche Grundbegriffe, München, Bruckmann, 1917.

9 Hugo Riemann, Handbuch der Musikgeschichte, Bd.II,2: Generalbass-Zeitalter, Frankfurt am Main, 1924.

10 Curt Sachs, Barockmusik, in «Jahrbuch der Musikbibliothek Peters», 26 (1919), pp. 7-15.

11 Robert Haas, Die Musik des Barocks, Potsdam, 1928.

12 Andrea Della Corte, Il Barocco e la musica, in «Rassegna musicale», VI (1933), pp. 253-266.

13 Willy Apel, voce Baroque, in Harvard Dictionary of Music, Harvard, 1944.

14 Massimo Mila, Breve storia della musica, Torino, Einaudi, ed. 1963, pp. 126-127.

15 Ibid., pp. 127-128.

16 George J. Buelow, A History of Baroque Music, Indiana University Press, 2004.

17 Manfred Bukofzer, Music in Baroque Era, New York, Norton, 1947, traduzione italiana a cura di Oddo Pietro Bertini, La musica barocca, Milano Rusconi, 1982, p. 16.

18 Manfred Bukofzer, La musica barocca, cit., p. 26.

19 Ibid., pp. 24-25.

20 Manfred Bukofzer, Music in Baroque Era, cit., p. 4 (traduzione italiana, La musica barocca, cit., p. 5).

21 Ibid., p. 3.

22 Ibid., p. 26.

23 Theodor Adorno, Der missbrauchte Barock, in Ohne Leitbild. Parva aesthetica, Frankfurt am Main, Suhrkamp, 1967. Trad. it. di Elena Franchetti, Abuso del Barocco, in Parva Aesthetica, Milano, Feltrinelli, 1979, p. 142.

24 Ibid., p. 134. Si veda Giorgio Monari, Theodor Adorno e il concetto di Barocco musicale, in «Hortus musicus» 14 (2003), pp. 14-20.

25 Carl Dahlhaus, Analisi musicale e giudizio estetico, Bologna, Il Mulino, 1987, pp. 57-58.

26 Carl Dahlhaus, Die Musik des. 19 Jahrhunderts, Wiesbaden, Athenaion, 1980, p. 22.

27 Claude V. Palisca, Baroque Music, Englewood Cliffs New Jersey, Prentice-Hall, 1968, p. 5. Lo stesso Palisca è autore della voce "Baroque" in The New Grove Dict. of music and musicians, aggiornata nell'ultima edizione (2001).

28 Ibid., p. 6.

29 Lorenzo Bianconi, Il Seicento, Torino, EDT, 1982 (1991), p. XV.

30 Massimo Mila, L'equivoco della musica barocca, in «Belfagor», XXXVI (1981), 3, p. 257.

31 Gino Stefani, Musica barocca: poetica e idelogia, Milano, Bompiani, 1987, p. 9.

32 George J. Buelow, A History of Baroque Music, Indiana University Press, 2004, p.1.

33 Ibid., p.5.

34 Ibid., p. 5

35 Franco Piperno, recensione del testo di Hill in «Il Saggiatore», XVI/1 (2009), p. 160.

36 John W. Hill, Baroque Music. Music in Wester Europe 1580-1750, New York e Londra, Norton & Company, 2005, p. XVII.

37 Ibid., p. XIX.

38 Ibid., p. XVIII.

39 Ibid., p. XVIII.

40 Ibid., p. XIX.

41 Alberto Basso, Storia della musica dalle origini al XIX secolo, Torino, Utet, 2006, vol.I, p.261.

42 Ibid.

43 Ibid.

44 Jean-Jacques Nattiez, Un'Enciclopedia della musica per il XXI secolo, in Enciclopedia della musica, cit., p. XXI.

45 Rosario Villari, a cura di, L'Uomo Barocco, Roma-Bari, Laterza, 1991, pp. VII-VIII.

46 Ibid., p. VII.

47 Il lettore si chiederà, a questo punto, quali mai siano le caratteristiche del "barocco" stricto sensu: l'argomento, complesso, è trattato in un lavoro in fase di sviluppo che esporrà alcune ipotesi e il pensiero dello scrivente a tal riguardo.

48 Si contesterà, per questa affermazione, che ogni epoca individuata ad hoc nel flusso del continuum temporale presenti degli elementi di novità. Ma ognuno di tali elementi è specifico del periodo storico o corrente artistico-letteraria in cui si sviluppa.

49 Solo per fare alcuni esempi, si citano: G. M. Artusi, L'Artusi ovvero delle imperfettioni della musica moderna, Venezia, Giacomo Vincenti, 1600; C. Monteverdi, Dedica, in Quinto libro de madrigali a cinque voci, Venezia, Amadino, 1605; G. C. Monteverdi, Dichiaratione della lettera stampata nel quinto libro de' suoi madrigali, in C. Monteverdi, Scherzi musicali a tre voci, Venezia, Amadino, 1607; P. Della Valle, Della musica dell'età moderna che non è punto inferiore, anzi è migliore di quella dell'età passata (1640), in Lyra barberina di Giovanni Battista Doni, Firenze, Typis Caesareis, 1763; M. Scacchi, Breve discorso sopra la Musica Moderna, Varsavia, 1649.

50 Gino Stefani, Dizionario enciclopedico della musica e dei musicisti. Il lessico, I, p. 264.

51 Rosario Villari, L'uomo barocco, cit., p. IX.

52 Massimo Mila, L'equivoco della musica barocca, cit., p. 267.

53 Cfr. Die Musik in Geschichte und Gegenwart, Kassel, Bärenreiter, 1945-1951, coll. 1275-1338.

54 Rosario Villari, L'uomo barocco, cit., p.VIII.

55 Lorenzo Bianconi, Il Seicento, cit., p. XV.