Il cardinale Ferdinando al granduca Francesco I, a Firenze

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Roma, 5 aprile 1586

Med. 5092, n° 117a (c. 309r), firma autografa

//c. 309r//

Le due lettere di Vostra Altezza de’ 30 et 31 passato ricercano poca risposta, poiché una è responsiva, et l’altra per il signor Pirro si sodisfarà per hora con quel che ho fatto scrivere a lui.
Di congregatione non si è publicato altro fin’hora, forse perché sono  venuti subito questi giorni santi, ne’ quali si vaca da negotii. Della Ruota scrissi con l’ultima mia.
Domane farò banchetto al Duca di Frias [1] al mio giardino, sì perché così  havevo disegnato, sì perché quasi meco s’invitò li dì passati per se stesso alla domestica.
Ogn’opera ho fatto d’abboccarmi col figliolo dell’arciduca Ferdinando [2] che è qua giovanotto sconosciuto, ma non vuol dichiararsi d’esserci. Dal vescovo Sporeno [3] harà saputo la grande instanza fattane da me, et l’offerta della casa et d’ogni altra cosa mia, et se bene intendo, che va per Roma conosciuto da molti, non però vorrò alla fine più che voglia lui, et rimettendomi nel resto al foglio incluso, le bacio la mano.
Di Roma li v di aprile M.D.LXXXVJ
 

Med. 5092, (c. 310r)
Forse allegata al n. 117 (c. 309r)

L’altra sera che alloggiai a Palazo, mi fu detto come cosa, che sentita da molti presenti, si credeva che io la sapessi, che Nostro Signore in tavola haveva detto, che sotto pretesto di impresa contra infedeli, questi Spagnoli gli chiedevano due milioni d’oro per spenderli poi nelli fatti loro, Dio sa come, et farsene belli. Ma che gli vorria del buono a cavarne un danaro, perché il suo voleva spenderlo in imprese dependenti da sé, et di che la Santità Sua fusse capo, et che mostraria che sapeva fare et dire. Fece il conto delle genti, de pagamenti, et d’ogni spesa, et  se non nominò il luogo, lo circonscrisse però in modo con le preparationi di galere, di fanterie, et del numero, che ciascuno intese d’Algieri. Disse di più che sapria far da séb senza loro, et che il Granduca che li faceva trattar di questo, sapeva che saria con lei. Et dopo molte parole si voltò al Sangalletto [4], domandandolo come di cosa certa stimata da lei, se credeva che Sua Altezza saria con Sua Santità, il quale dicono che rispondesse come conveniva al luogo e al tempo, che credeva che faria quanto volesse lei. N’ho domandato il Sangalletto, quale dice non ricordarsi precisamente, ma debbe essere vero. Credo che Spagnoli debbono sapere tutto, perché molti son presenti a questi ragionamenti, et ogn’uno debbe referire secondo gl’affetti suoi. Nondimeno né io ne parlarò con alcuno per non ponere in canzona et pericolo me et altri, et harò caro che Vostra Altezza se ne serva per sé sola. Etc.


2. Carlo margravio di Burgau, noto anche come Carlo d’Austria.
3. Francesco Sporeno, vescovo di Sebaste.
4. Cfr. la lettera n° 104, nota 27.
a La lettera precede cronologicamente la n. 116.
b da se è posto in interlinea.