Il cardinale Ferdinando al granduca Francesco I, a Firenze

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Roma, 3 gennaio 1586

Med. 5092, n° 104 (cc. 268r-271r), firma autografa

//c. 268r//

Per il signor Lodovico [1] havevamo scritto il cardinale d’Este [2] et io a molti, et egli particolarmente allo ambasciatore di Francia [3], et pensato anco che si saria utilissimamente potuto spinger don Alfonso [4] a Venezia ma la esecutione harà prevenuto ogni offitio, come si dubito; onde non resta altro che dolersi di così fiero, et tragico successo.  Il cardinale di Pavia [5] accettò il ricordo di volere donare qualche cosa, ma mira tanto basso, che io stimo manco male, non ci fare altro, ma il peggio è che in tutte le cose mostra tanta bassezza, et tanta avaritia, che non può soffrirsi, et pur hora per sua habitatione ha posto la mira ad un casino già di Cornaro [6], dove stette nella sua venuta, che si poteva dirsi indegno per la persona sua allhora di passo, pensi Vostra Altezza quel che sarà per cardinale. Non ha cocchio, et se ne va per Roma con un solo che è il secondo del cardinale di Cremona [7], et insomma è già talmente la favola di Roma, che io comincio a desiderare, che per honor suo et nostro se ne vada quanto prima. L’esortatione et la destreza non giova, et io non mi so risolvere, se si profittasse o nocesse con le spronate gagliarde, et farò quel che Dio mi inspirarà. Intanto ho dato la lettera di Vostra Altezza al papa, il quale m’ha detto, che ha negato ad ogni altro principe, ma che ha voluto mostrare a Vostra Altezza in questo quel che è per fare in ogn’altra occasione etc. et che l’ha fatto molto volentieri.
Non fo gli offitii miei per Montalto [8] in modo, che quando anco Alessandrino [9] gli risapesse, possino sdegnarlo, massime che egli stesso procura di lassare li negotii, se bene qualche volta pecca nel modo. 
//c. 268v// A me ancora fu nuovo quel che prima da Cesi [10] havevo inteso dell’audienza di maestro Hieremia [11], et che poi di quella et del resto mi disse il papa, il quale d’havermi detto quello che scrissi a Vostra Altezza credo io che lo dirà ancora a chiunche gliene domandi, sendomi parso che lo dicesse in modo che haveva caro, anzi stimava honor suo, che si sapesse. Il che appresso di me sonava sì male con altre chimere, che giudicai bene che Vostra Altezza non ne stesse al buio.
Don Pietro [12] m’ha mandato un duplicato pur con segni di fare da dovero, ond’io lo mandarò con le prime, ma in ogni modo la pratica harà bisogno dello aiuto di Vostra Altezza, et della sua partita poiché non se spiccando da colei, nessuno li crederà, o vorrà trattare seco.
Al cardinale d’Este dirò quanto Vostra Altezza risponde col corriere di Lione, et doverà contentarsi che ella si sodisfaccia in quello, che finalmente a lui può rilevare poco.
Ho trattato del Buonfigliolo [13], del quale mi rispose Sua Santità havere fatta fermissima deliberatione per il modo tenutosi con lei, di vedere quanto portava la giustitia, ma perché ci interponevamo Vostra Altezza et io, che pensarebbe di trattare la cosa in modo, che havessimo causa di contentarci, accennando che l’ammetterà a compositione, et la cosa passò in modo, che per allhora mi parve da non l’astringere più oltre, ma lassarla pensare, et co’altra occasione finirla poi. Et questo credo che li possa parere assai, perché se non mi inganno, andava a malissimo camino, tirato da cani che ha intorno.

//c. 269r// Olivares [14] venne il primo di questo a darmi le buone feste, et dopo le parole generali, cominciò a lodare quel che havevo fatto nella congregatione, come cosa che mirasse al servitio del Re [15]. Io li risposi, che dovunche io fussi harei sempre la mira al servitio di Sua Maestà, et che di questo poteva esser sicuro lei, et ogni suo ministro, perché questo era cosa inseparabile da me. Et li domandai come sapeva queste cose, che per ordine di Nostro Signore si havevano a tacere, et dicendomi egli, che lo sapeva da buono autore, et che ne faria sempre fede, io lo ringratiai, soggiugnendo che in questo havevo sodisfatto alla conscienza mia, et al debito che portavo, come farei sempre sopra ogn’altro respetto, ma che non potevo dire particolari, li quali già non tacerei, quando fussimo disobligati dal silentio, et questo passò con ogni buon termine.
Portò poi il proposito, che si entrasse su la promotione passata, la quale egli lodando, disse che pur  haveva mancato, che non vi restasse incluso Robustiero [16], et dicendoli  io che così havevo inteso, mi domandò egli, se io me li sarei opposto, et l’harei impedito, quando il papa lo havesse proposto, li risposi, che no, et che non n’havevo cagione. Allhora egli disse che come ministro del Re dovevo farlo, sapendo che Sua Maestà non vuole spagnoli non nominati da lei, et io replicai che sono  servitore et ministro del Re, ma che il ministerio mio non abbraccia questa sorte d’offitio, non dovendo escire di quelli termini, che ha publicati egli qui, et altri in Spagna, et prescritti qui a me et ristretti alle sole chiese, come egli sa, et che oltra che se l’havessi sentito, harei potuto credere //c. 269v// che egli l’havesse procurato o consentito, io non sarei per muovermi anco a tale oppositione, se non mi fusse espressamente comandato da Sua Maestà. A che egli mi disse, non senza imperio, Vi dico io, che non piace al Re, né stima Sua Maestà suo servitio, che siano cardinali Spagnoli se non da lui nominati, et io gli risposi che glielo credevo bene, ma che di questo doveva et poteva resultare che io m’astenessi da favorire et portare lui o altri spagnoli, se io lo facessi, ma non già mi obligava all’oppositione, et impedimento, il quale è necessario che Sua Maestà mi comandi espressamente, se voglia che io lo facci, perché senza questo non entrarei nell’offitio di lui al quale è nota la mente di Sua Maestà et tocca l’esecutione, et che sendo ministro delle cose gratiose et indifferenti, era bene honesto, che fusse anche delle odiose, alle quali sole volendo egli adoprarmi, mostraria d’amarmi più tosto, come può havere fatto sempre, che come ha voluto qualche volta che io creda. Et aggiunsi, che quando il  Re mi comandarà, sia pur certo di dovere essere obedito senza escettione da me in ogni cosa, come sarà fratanto in tutte le occasioni che mi si presentaranno di suo servitio, come portavano gli oblighi che ne ho, et così terminai questo proposito, né mi parve da fare altrimenti, sì peraltro, sì per il vero della mia intentione et resolutione, sì per questo che soggiungo inteso prima da me. Riferiscemi Pierfrancesco Giusti che Olivares ragionando seco, venne a domandargli, se io farei bazarro et baratto della protettione di Spagna in quella di Germania con Madruccio [17], et che esso li replicò, che questo //c. 270r// non pareva potere essere  senza accordarsene l’Imperatore [18] et il Re. Et che Olivares dicesse Contentisine Medici, perché quelle Maestà ve le do accordate subito, come quello che debbe sapere quel che passa in Germania, in che mi riporto a quel che rispondo al Vinta [19]. Questo proposito dell’ambasciatore in voce, suona come tutto il resto dell’animo suo con me, et può essermi inditio di qualche pensiero et pratica maligna, non aliena della mistura spagnola et tedesca conosciuta bene in questo paese, ma non venderanno con me quel che li casca di mano. Questo proposito fra Olivares et me voglio che l’intenda il Re da Vostra Altezza o da me, et io lo scriverò al Battaglino [20], con ordine di farlo sapere se l’ambasciatore di Vostra Altezza in nome di lei non li dica in contrario. Dell’altro del  baratto pur lo farò, avvertito, ma non già con ordine di dirlo a Sua Maestà, sì perché non mi assicuro se sia vero, sì perché Pierfrancesco [21] >…<a dice di volerlo scrivere a Santoio [22] nelle lettere della corrispondenza ordinaria che mostra d’havere seco. Ho bene datone parte a Nostro Signore, et ha lodato sommamente, con parole molto honorate la maniera tenuta et nella congregatione, et nel trattarne come di sopra con Olivares, che Sua Santità disse, con quella bestiacciab. Et su questo mi narrò, che quando la gli disse del nuntio mandato, restò spantato, et non poteva crederlo, et pur domandando se fusse partito etiam dalla sua Chiesa, et sentendo di sì, disse che se non fusse tanto innanzi, li sovveniva di dire a Sua Santità che Spetiano [23] era gran nimico del Commendator maggiore [24], et che Sua Santità gli disse //c. 270v// che questo non importava, poiche lo mandava nuntio al Re, et non al Commendator, onde si ristrinse nelle spalle, et accennommi Sua Santità, che trattaria bene costui come meritava. Il che tutto ho voluto riferire a Vostra Altezza per sua notitia.
Scaramuccia [25] maestro qua generale delle poste, che si mostra molto antico servitore di casa nostra ha mira d’indirizare l’espeditioni di staffette et corrieri in modo, che tutti passino per cotesti stati quelle che spediscano per di qua, et solo vorria concerto, et correspondenza del maestro generale di Vostra Altezza [26]. Mostra di haverne scritto, et non tener risposta, et mi prega di raccomandarlo a Vostra Altezza et aiutare questa pratica, su la quale non sapendo io vederc incommodo nessuno di lei o del suo servitio, anzi scorgendovi qualche commodità, che ogn’uno cerca di condurre nelli suoi stati, io l’ho lodato, et gl’ho promesso di scriverne a Vostra Altezza come fo con questa, pregandola di vedere la sua proposta, et farla considerare per fare poi quello che stimarà meglio, quando il nuntio o altri gliene faccia instanza. Il cavaliere Piero di messer Luigi Ridolfi, desideraria che Vostra Altezza lo provedesse d’alcuno offitio nella prossima elettione, et mi prega di raccomandarglielo, il che fo perciò con questa. Con la quale per l’instanza che me ne fa messer Ottavio Piero già raccomandatomi da lei, la prego di havere memoria di lui nell’elettione del luogo che teneva messer Biagio Curini, desiderato da esso per finire la vita in suo servitio. Et le bacio la mano.
Di Roma li iij di gennaro 1586.

//c. 271r//

Dall’inclusa poliza di Sangalletto [27], vedrà Vostra Altezza quel che il papa consideri nella venuta del signor Virginio [28], et credo che si risolverà a differirla, et tornarà anco bene, perché venendo hora non potria non impedirmi qua per la venuta mia, dopo la quale tornarà meglio che io lo messi con me se così parerà a Vostra Altezza.
Il capitano Giovanni Paolo de Nobili afflitto dal caso di Lorenzo, desideraria essere consolato da Vostra Altezza con la gratia, che per l’incluso memoriale le chiede della continuatione delli scudi dugento che godeva a vita, in recognitione della servitù di tutta quella casa, la quale persuadendomi che Vostra Altezza volentieri terrà obbligata con questo segno, la ne supplico ancora io per riceverlo in me.


1. Probabilmente Ludovico Orsini.
3. André Hurault de Maisse, ambasciatore francese a Venezia.
16. Mons. Gabriel Robuster, uditore di Rota,  procurador e solicitador degli affari spagnoli a Roma prima dell’arrivo di Olivares.
21. Giusti.
22. Bartolomé de Santoyo, segretario di Filippo II.
25. Anton Francesco Scaramuccia da Montecassiano, mastro generale delle poste pontificie.
26. Francesco Bartolini.
27. Guglielmo Sangalletti.
28. Cfr. la lettera n° 25, nota 8.
a Un altro “cheè stato espunto.
b con quella bestiaccia è sottolineato.
c Lacuna di quattro parole. Ricostruzione verosimile sulla base dei grafemi leggibili.