Roma, 27 dicembre 1585
Med. 5092, n° 102 (cc. 257r-259r), firma autografa
Aspettarò la procura che Vostra Altezza dice che mandarà conforme alla minuta per servitio di Virginio [1] et l’avviso appresso della venuta sua per mandare a levarlo come s’è detto. Li precetti contra il signor Paolo [2] sono copia di quelli che ho qua ancor’io, però non accaderà mandarli. Il Fiorello [3] ha lettere che fanno assai a corrobaratione d’essi, et se potrà haversi quella donna cipriotta o giudea, che serviva d’incanti all’Accorambona [4], come per via dell’Inquisitione si procura con speranza, saremo in buon termine, et accaderia meno dell’autorità estraordinaria, che il papa si mostra disposto di usare contra quel testamento.
Il Fiorello si porta in queste cose molto bene, et dovrà essere buon ministro per Virginio.
L’Inquisitore [5] dovrà essere trattato in modo, che serva per avviso buono a lui, et alli altri per un’altra volta, et di coloro sarà ordinata l’espeditione come Vostra Altezza desidera.
Della promotione scrissi poi lungamente tutto il successo, et veramente non ci bisognava meno per honor nostro. Harebbe Pavia [6] sborsato prima quindici et più milia scudi, ma hora, se bene è stato ragguagliato dell’opera di Montalto [7], et pregato di complire con esso, et co’l Bardino (di cui pur scrissi quanto bene si fusse portato) non di meno io non trovo la via di farlo uscire a niente, rimettendosi hora a complire di Lombardia (credo io) con qualche forma di cacio, et hora a consultare con Vostra Altezza, et insomma quando con una, et quando con altra scusa dapassata, con mostrare anco disgusto che li sia ricordato, //c. 257v// et al vestire di sua persona, et de suoi procede in modo, supplendo con certe cose vecchie che pare che aspetti d’essere donato, come questi altri poveretti. A servitori non provede, et in somma fa in modo, che non è punto lontano da una grande sordideza. Io stesso andarò immediatamente con destreza ricordando qualche cosa, ma lo vedo tanto nimico delle spese etiam necessarie, che resto molto scandalizato, né mi rimane speranza fuor di quella dell’opera di Vostra Altezza, la quale vorrei che operasse, che avanti la partita sua complisse, et honestamente con li suddetti. Ci sariano da dire particolari da farci tutti arrossire, però Vostra Altezza di gratia proveda, ma senza mostrare d’essere avvisata, perché così faria forse peggio.
Il negotio del Buonfigliolo [8] altra volta s’è ridotto a termine buono, et saria egli già fuore, se havesse accettato compositione, ma quando si era ottenuta, s’oppose San Sisto [9], chiedendo giustitia sola, et di quella gli fu promesso che vi saria pur troppo. E’ creditore della Camera di xv mila scudi prestati per la Tesoreria, et si gabba, se crede di rihaverli, et io crederei di fare assai, se saldassi le cose sue con questo sconto solo. Cesi ne parlò al papa li dì passati, et ne toccò una buona canata con proibitione di non parlargliene più, onde poi andò a chiedergliene perdono, et Sua Santità tutto disse poi in tavola; ond’io sentirò molto bene prima a che termine la cosa stia per non andare ancor’io a farmi vociare per le tavole, di che mi guardo molto bene. Et insomma se vorrà lassarsi governare //c. 258r// potrò ingerirmene secondo che trovarò la materia disposta, senò io lassarò volentieri ad altri questa cura spallata, et sarò con Cesi per intendere quel che harà da dirmene.
Per la promotione dell’Aldobrandino [10] vaca l’auditorato di Ruota, il quale saria difficile cavare di mano a veneziani che già per la prima vacanza havevano breve, ma perché pur et per la reputatione et per l’occorrenze pare che complirebbe non lassarsi cadere da quel che per cento anni et più si vede continuato, che uno o fiorentino o sanese habbia tenuto luogo in questa Ruota, io crederei che fusse bene farne instanza con Sua Santità per la prima occasione, et di questo sono si resoluto, che n’harei fatto l’offitio per me stesso, ma né questi ministri di Vostra Altezza me ne parlano, né io posso assicurarmi che mi scoprissero, se ve n’habbino altra pratica, onde la cosa scorre, et scorrerà se Vostra Altezza non mi dichiara l’animo suo in questa parte, come desidero per procurare di levarmi il carico che mi verria dal vedersi fare questa perdita in tempo mio et in questo pontificato.
Molto allegra sta Sua Santità per la nuova di questa rotta ricevuta dal Turco grossa et notabile, et già discorre che hora saria tempo di rompere, et dolendosi del malo stato di Cristianità si mostra disposta di fare pur ogni offitio con li Principi per non perdere l’occasione, et il sumministrare aiuto a Polonia affinché rompa da quella parte li pare la più sicura et più facile, poiché con lui bastaria dare danari, de quali ella daria qualche parte, et di Spagna disegnaria che n’uscissero molti, etiam co’l dare nuove gratie al Re per questo effetto, et nel dubio //c. 258v //dell’animo di lui, salta in Sua Santità il pentimento di haverli troppo facilmente dato l’altre. Questi sono li discorsi suoi con me, non so quel che sarà di più.
Fra il cardinale Azolino [11] et Rusticuccio [12], ha partiti Sua Santità li negotii, lassando a Rusticuccio, Spagna, Francia, con quelle cose di Fiandra, et Inghilterra, et Venezia, et all’altro Germania Polonia, et tutte l’altre cose. In tavola s’ha doluto d’Alessandrino [13], che havendo havuto tante dimostrationi da lei, et quasi il pontificato, non si sia contentato, et l’habbia ogni dì trattata et servita peggio, accennando che questi altri la serviranno d’altra maniera, et che (parlando di lassare il carico) voglia che egli stesso lo renuntii in sua mano, talché gl’humori sono grossi, et il papa si vuol ponere tutto in mano di questi quattro suoi cardinali fatti per questo effetto. Ho visto quanto scrive il Vinta [14] a nome di Vostra Altezza et non ho prima saputo questa pretensione di Madruccio [15], bene sapevo, che il conte suo fratello [16] pretende grosso credito per paghe decorse con l’Imperatore [17], et che minacciava non volere servire, ma meglio l’intenderò, et potrò dire quel che me n’accaderà poi, et intanto a Vostra Altezza bacio la mano.
Di Roma li xxvij di dicembre 1585.
poscritta Pietro de Silva mi fa intendere d’havere scritto a Vostra Altezza della congiura scoperta contra la sua persona d’homini parte servitori, et parte mandati da Giuliano de Ricasoli.
//c. 259r// De quali uno fu impiccato, a l’altro la forca commutata in perpetua galera per certa confessione spontanea, oltre l’esamine pur spontanea di due altri complici, per revelatione de quali furono presi li suddetti et scoperti altri. Nella cosa chi considera la seria con tanti altri riscontri, et l’impiccamenti et castighi, non pare che resti dubio, come più chiaro apparirebbe, se potesse egli havere il processo, ond’io che mi ricordo che fui adoprato da Vostra Altezza per quietare di qua Francesco Silva, et ne presi et detti la parola, non potendo non provare molto strano questo accidente, et che costoro siano in stato peggiore del primo, mentre sotto l’ombra della pace fatta in presentia di Vostra Altezza et parola di lei se ne stavano senza pensiero, prego Vostra Altezza di farvi quella consideratione et deliberatione che le parrà convenirle, già che costoro altro non pretendono che d’esser lassati vivere.
Quà stavo pensando su l’avviso di quella represaglia di Padova quel che s’havesse da fare, quando di cotal pensiero m’ha liberato la venuta del corriere con l’avviso delli Accoramboni; Dio è giusto, et se ne vedono segni continui, fra quali questo è assai manifesto. Di qua si provederà secondo gl’avvisi di Lodovico [18] come Vostra Altezza comanda. Il papa so che sentirà questo successo come conviene, al quale darò anco la lettera di ringratiamento, supplendo come la ricorda, et co’l vescovo farò parimente l’offitio, ma quanto io speri lo vedrà di sopra, quel che succederà glielo scriverò di sopra.