Roma, 8 luglio 1585
Med. 5092, n° 64 (cc. 157r-158r), firma autografa
//c. 157r//
Este mi domandò questi dì se Vostra Altezza haveva ringratiato il papa dell’admissione della renuntia d’Altemps [1] in mio favore, et non sapendoli io rispondere resoluto, se non che bene l’haveva desiderata et richiesta, mi soggiunse, che facilmente non doveva haverlo fatto, perché penetrava esserne qualche maraviglia in Palazo, et anco interpretarsi da qualcuno sinistramente quasi che non le fusse piaciuto che Sua Santità con la gratia havesse prevenuto la sua instanza, et a questo segno tirando anco altri concetti maligni. Credo che lo dica per communicatione di Rusticuccio [2], il quale so che si muove da buono, et per ciò non solo crederei bene, ma prego Vostra Altezza, che subito mandi lettera sua di ringratiamento per Sua Santità, ratificando l’offitio che fece l’Arcivescovo, et questo per tagliare la via ad ogni maligno commento, poiché si vede che non mancano, et forse quelli che manco doveriano, di darci alle gambe, et che sia il vero, sappia Vostra Altezza che il papa ha detto, che un cardinale (per usare l’istesse parole) d’importanza le ha detto, che l’arcivescovo di Pisa [3] s’è partito di costà in disgratia di Vostra Altezza, et se n’è rifuggito qua, dove io lo ritengo etc. accennando quasi in dispetto di lei et che il medesimo cardinale di lui gl’haveva detto mille mali. Cardinali d’importanza sono molti qua, ma il proposito porta, che Sua Santità intenda di confidenti di Vostra Altezza, poiché in altro proposito s’è lassata uscire di bocca, che Vostra Altezza s’inganna in qualche confidente, et se bene molte cose mi passano per la fantasia, sono però fin’hora più probabili per più riscontri, che verificate per certezaa et perciò più tosto da discorrerne in voce che da scriverne. Il successo del Conclave ha amarezati molti et delli amici nostri, et io dissimulo perché questi errori dell’ambitione et della sete del dominare //c. 157v// conviene che li moderi il tempo, et se bene se ne vede qualche segno da ponerlo dubio, non credo però che in questi ci habbiamo a chiarire quanto sia rara la fede. All’Arcivescovo non ho voluto dire questo che tocca lui, per non travagliarlo senza bisogno, ma sendo vero come lo stimo, dico bene a Vostra Altezza che per trattare della sua promotione, et fare il fondamento buono, stimo necessario che Vostra Altezza scriva come li propose li dì passati, perché sendo tentato Nostro Signore con queste diavolerie, et lui et io, come la vede, mi pare che altrimenti sarei malsicuro di cominciare il negotio bene, ancora che Sua Santità habbia mostrato non gustare, né giudicare bene di chi habbia fatto tal offitio ma non di meno farò quanto la comandarà, dicendole che Mantova ha già la promessa d’un cardinale da farsi a sua instanza, et che ognuno parla, et quanto al resto le ricordo che questo cielo fu sempre imputato d’inconstanza tale da non promettersi tutto quello che talhora viene mostrato, ma da pigliarne [meno], et assicurarlo più. Nel pagamento de censi par che a [libri] della Camera fin’hora sia stato posto semplicemente, tanto dal Duca tale, etc., ma quest’anno fino Urbino habbia potuto tanto che si sia scritto, dal Serenissimo Duca d’Urbino [4], cosa che mi ha data molta maraviglia, perché se bene Gregorio [5] si contentò d’ordinarlo a legati, et nipoti, gloriandosi d’havere vassalli Serenissimi, nondimeno in quelli libri non lassò mai innovarlo. Ho ordinato di chiarirmene per trattarne poi come Vostra Altezza vorrà, massimamente che ancora Urbino ha fatto pregare il papa di non admettere la risegna //c. 158r// suddetta, dicendo che quella badia era cosa d’importanza, et non stava bene in mia mano, ma che doveva Sua Santità lassarla vacare, et darla al nipote, et di lui fra li altri so che volse intendere Sua Santità, quando in generale disse, essere stata dissuasa da molti. Che è quanto m’accade con questa, et le bacio la mano.
Di Roma li viij di luglio M.D.LXXXV.