Il cardinale Ferdinando al granduca Francesco I

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Roma, 18 ottobre 1585

Med. 5092, n° 87 (cc. 215r-216v), firma autografa

//c. 215r//
 
Di quel prigione di Napoli scrissi quel che vede Vostra Altezza et fu per delatione di Ferrante Torres [1], ma la lettera, che ella vedrà qui alligata di Donna Hieronima Colonna [2] m’ha dato  occasione di sapere poi da Este più veramente che quelli duoi facchinotti glieli mandò un agente suo, che hora è qui, trovati et condottj a prezo nelle piaze di Napoli, dove publicamente stavano facendo quello esercitio di portare senza che s’havesse notitia d’alcuna loro contumacia. Ferrante, colto in bugia, si scarica co’l abbate Lippomano [3], il quale poi non accetta la soma et Ferrante, mancandoli questo refugio, voleva caricare questa inventione  adosso al Governatore, il quale mostra (et gli si può credere) non havere né parte, né minima notitia di questo sogno. Di me non hanno chimerizato cosa che non passi benissimo, et Olivares [4], con chi per consolatione di Donna Hieronima n’ho parlato, mostra di sapere il vero, ne havere mai stimato verisimile, non che vero quel che si diceva prima, et io con tutto ciò n’ho fatto una buona mano con questo zingaro Ferrante, sì che m’ha potuto intendere bene bene.
Nelle cose del signor don Pietro [5], et non nel parentado solo mostrano le cicaleria di Spagna che nuocerà sempre la pratica di quella sua puttana, la quale se potesse levarseli d’attorno, gli si levaria insieme un segno di poca reputatione, et egli si daria in certo modo da guadagnare quanto così perde nell’opinione. Io vi ho fatto la parte mia, et non nega, ma non mi pare che trovi la via, se bene mostra che la pigliaria volentieri. Onde sendo chiaro che certe infirmità con altro più non si curano che co’la lontananza, stimarei utilissimo che Vostra Altezza //c. 215v//  lo tentasse di levarsi di costà, poi che non può levarsene colei. Non dico che Vostra Altezza faccia lei stessa questo offitio con esso, per havere poi a disgustarsi tanto più se lo trovasse ritroso, ma che lo facesse fare destramente da qualche ministro suo  con chi egli soglia trattare, per scoprirsi poi lei più o manco con l’approvatione secondo che le paresse a proposito. Et parmi che dovendo egli per ogni modo quando si concluda il parentado, andarsene in breve a Spagna, gli si potesse mostrare che all’hora crederemmo,  che facesse da dovero, se si risolvesse d’accostarsi egli stesso al luogo della pratica per abbreviarne la conclusione, che vorria essere senza quelle dilationi, che porta il modo preso di trattarla da lontano senza procure, et senza dare segni di volere l’effetto più hora che l’altre volte, aggiugnendo che il servire al Re, et accostarsi alle occasioni d’essere comandato non potria se non essegli utile, et in somma io scorgo tanti luoghi da persuaderlone per la via dell’utile, et dell’ambitione, che harei molta speranza, che mentre mostra questa sola mira, che ha per male che non si creda, non trovasse la via da fuggire, et che se porria in obligo di fare hora quel viaggio che gli converrà fare in breve, et facilmente gli si persuaderia, che per se stesso o co’la sua presentia per li mezi medesimi si trattaria con più riputatione, dichiarandosi massimamente libero da quei lacci che il mondo stima inestricabili per lui.  Ho voluto esplicare questo mio pensiero a Vostra Altezza et mostrarle quel che io crederei che si potesse di più tentare di buono con esso. Se lei con la sua prudenza lo stimarà tale, o almeno indifferente, et le parrà ordinare, che così si faccia da alcuno de suoi, io certo n’harei molto //c.216r// piacere, et credo anco, che non si potrà dire di gran disordine nelle cose sue, poiché in ogni modo costi debbe spendere, et di tanti pochi mesi ha da essere questo vantaggio, che non può fare rilevo notabile nelle cose sue, sì che più non debba stimarsi anco per lui di levarlo da cotesto otio dannoso in tanti modi.
È vero che nelle cose di Francia sono seguite varietà notabili in apparenza dopo che monsignor della Ciappella [6] trattò co’l Rucellai [7], ma in effetto si vede mutato poco, et quello forse in peggio, sendo la pace co’ Guisi [8] piena di diffidenze, fra le quali può dirsi più confusione che unione. Il punto a che egli mira è di sapere se potria assicurare che Vostra Altezza mandasse ambasciatore in evento, che ella havesse il luogo che mi dice di pretendere, perché la specificatione che la dice non havere a modo suo, forse la fariano li Franzesi, quando sentissero questo, et non è forse inverisimile, che havendo Savoia preferito Spagna a loro, che tanto gl’offerivano, volessero renderli il cambio di questa dichiaratione. Alla quale se venissero, ha Vostra Altezza la sua intentione, et se non volessero farla, ella havendosene lassato intendere con monsignor della Ciappella, che l’invita, non ci haria messo punto del suo, poiché sendo la pretensione pubblica per tutti, non haria però con secreto concetto assicurato o messo in compromesso punto della sua reputatione, onde potrà forse parerle, che per superare qualche cosa in queste emulationi fusse assai buona congiuntura per il respetto di Savoia, et non mala per conto di Ferrara, a cui la pace co’ Guisi tale quale ho detto, possa //c. 216v// non havere fatto maggiore il respetto in quella Maestà. Qui saranno copie di quel di più che scrive monsignore predetto al Rucellai, le quali Vostra Altezza potrà vedere, et risolvere quanto stimi suo servitio.
Quando sarò richiesto d’adoprarmi per il conte Prospero da Thiene, lo farò molto volentieri vedendo quanto preme a Vostra Altezza et come sia conforme alla volontà et pratica sua.
Che è quel che ho da dirle per questa sera, et le bacio la mano.
Di Roma li xviij di ottobre M.D.LXXXV.

 
2. Gironima Colonna, sorella di Marcantonio.
3. Niccolò Lippomani.
6. Jouvenel de La Chapelle des Ursins.
7. Orazio Rucellai.
8. Enrico duca di Guisa e Luigi, cardinale, arcivescovo di Reims.