Roma, 15 febbraio 1585
Med. 5092, n° 18 (cc. 41r-42v), firma autografa
//c. 41r//
Venne il Gerino [1], et se ben io havevo prima ricevuto lettere di Vostra Altezza posteriori in data, non di meno con molto mio piacere sono stato intendendo quel che m’ha referto di lei, et della salute di tutta quella casa. Potrà forse bastare quel che Vostra Altezza era servita di concedere di quei prigioni per l’interesse del Poggio, ma per hora non saprei altro, che accettare l’offerta, et pregarla di voler che siano trattenuti un poco finché si pigli sopra le esamini loro quello espediente, che sarà oportuno. Intanto la ringratio di questo, come fo anco del favore che faceva scrivendo in Spagna per il conte di Ricalmuto. [2]
Al ministro de Zoccoli Piccolomini [3] desidero di fare ogni servitio, et per l’intentione mostratami del vescovo di Montalcino [4] m’adoperavo tanto più volentieri, havendo presentito che potesse mirare alla persona sua, ma quel motivo del papa di dividere la chiesa par che habbia portato il negotio in termine da non trattar così presto di coadiuteria, o di renuntia, se non in quei modi, che Vostra Altezza potrà haver visto dalle mie ultime lettere. Et in qualunque resolutione io l’aiutarò molto volentieri, massimamente se sarà d’accordo con il vescovo, come è necessario. A Nostro Signore detti conto hieri della pronteza che Vostra Altezza mostrava in servirlo a queste nuove occorrenze; se ella vedesse che si procedesse senza respetto, et con mira di estirpare questi tristi. Mostrò che tale fusse la sua intentione, et che le convenisse per ogni modo di fare qualche cosa prima che il male crescesse, ma bisognarle di guidare la cosa secretamente et coperta d’altri pretesti //c. 41v// et soggiunse, che hora che haveva questa risposta andarebbe un poco pensando et poi mi riparlarebbe, et in tutto il ragionamento mi mostrò di restar con molto obligo a Vostra Altezza di così buona volontà sua verso di lei. Aspettarò hora che la mi dica quel che gl’occorre. Et quanto alla promotione bene dice Vostra Altezza, et io sarei del medesimo parere suo, se assai bene non scorgessi, che la sarebbe di pochi, et non di quella sorte che ella crede.
Il cardinale Farnese [5] per il cavaliere Tommasi [6] mi mandò hieri la lettera inclusa portatagli dal Bandino [7], che l’haveva ricevuta sotto la medesima coperta che va pur con essa, facendomi dire, che non sapeva chi fusse lo scrittore, non haveva ricevuto altre lettere sue che allega né intendeva il proposito che tiene, ma che parendoli potersi conietturare, che mirasse a Vostra Altezza haveva voluto mandarmela, accioché la vedesse ancora lei per mia mano, et ne facesse quel conto, che le fusse parso a proposito. Io lo feci ringratiare dal medesimo et disegno di replicarlo in voce per andar così esplorando, se altro vi sia sotto se ben possa parermi fin’hora sogno et pazia. Il medesimo cardinale havendola aperta subito la mostrò al Bandino suddetto, il quale se ne venne subito a darmi conto di quel che era passato, che riscontrava a punto con la relatione del suddetto Tommasi. Il che parimente ho voluto che ella sappia. Il negotio del colonnello Simeone [8] ritraggo che harà difficultà non piccola per l’incapacità del figliolo che con simili a lui ha molto contrarie le bolle de papi, et di Pio V particolarmente, nondimeno dovendo la cosa passar //c. 42r// per Segnatura m’adoprarò in favore suo quanto potrò, quando sia qui che si pigli quella cura dell’espeditione che bisogni. Bene mi meraviglio di lui grandemente che volendo servitio da Vostra Altezza et da me, tratti con tanto poco rispetto le cose sue et le mie, le sue dico cioè quelle deliberationi, che giustamente fece Vostra Altezza gl’anni passati, confinando fra lui et me, alle quali egli non vuole stare, poiché pur confonde ogni cosa, et vuole che suo sia quel d’altri più che il suo proprio, et con mille spaventi fa che altri non si possa aiutare della iustitia, il che ho voluto dire a Vostra Altezza con pregarla che proveda fra lui et me, et li comandi di stare a termini fermi da lei, et contentarsi del suo nel pascolare et in altro, acciò che ancora io, stracco dalle querele dei miei, et dall’indegnità più che dalla quantità del danno, non habbi cagione di pigliare le medesime strade contra la mia inclinatione. Più volte l’ho fatto avvertire ma egli pur dà buone parole et cattivi fatti, et io mi sodisfarò d’haver detto questo a Vostra Altezza presuponendo che ella o gli sturarà gl’orecchi da dovero, o farà conto di non sentire, se pur segua cosa, che per altro non le dovesse gustare, poiché non sarà però mai tale né in modo, che egli non se l’habbia procacciata.
Hiermattina sendo l’ambasciatore di Venezia [9] corso in fretta a Palazo et senza domandare audienza, pensò Sua Santità, che portasse qualche cosa d’importanza, et hebbe poi per male quando vedde che non pretendeva altro che una Badia vacata nel Venetiano la quale //c. 42v// chiese per il cardinale di Verona [10]. Sua Santità gliela negò, et ad instanza di Guastavillano [11] et del signor Jacopo [12] la dette al cardinale Bolognetto [13]. Vale duemila scudi, che sarà buono aiuto per lui.
Stimo superfluo di raccomandarle Clemente Piccolomini poiché a me ha raccomandato Vostra Altezza le cose sue non di meno parendomi egli molto discreto et buon gentilhomo, et mostrandomi molto desiderio d’haver grazia da lei del Camarlingato de Paschi vacato nuovamente in Siena io glielo raccomando, et le harò molto obligo se gliene farà gratia, et le bacio la mano.
Di Roma li xv di febraro M.D.LXXXV.