Il cardinale Ferdinando al granduca Francesco I, a Firenze

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Roma, 16 maggio 1587

Med. 5092, n° 48a (c. 121rv), firma autografa

//c. 121r//

Al signor don Pietro [1] già più volte ho fatto mentione de partiti che per lui mi si presentino in Italia, et lo farò di nuovo più particolarmente conforme all’ordine di Vostra Altezza; la quale sarà anco ragguagliata della conditione d’essi per potergliene poi rispondere con più fondamento come la disegna. Il Gerino [2] più particolarmente dovrà scrivere a Vostra Altezza quel che passa nel particolare del nuntio nuovo, poiché per esso m’ha fatto sapere Sua Santità della persona del Canobio [3] venutali in consideratione, della quale havendo voluto sapere il mio parere, gl’ho risposto che è amico mio, et ricordarmi che Vostra Altezza soleva mostrare di lui tanta sodisfattione, che potevo credere, che saria bene visto da lei, et che ella trattaria confidentemente con esso. Et non potendo per cagione di questo capitolo zoccolante essere hoggi a vespro in cappella, ho pregato Montalto [4], che così li dica in mio nome, acciò che il negotio si risolva, et si publichi senza dilatione. So li meriti del reggente Moles [5] con Vostra Altezza et con casa nostra, et perciò ho desiderato questi dì passati di havere saputo prima la mira sua per potermi sodisfare nella persona di suo fratello più che non ho potuto dopo che m’era convenuto d’impiegarmi in altra per servirne ancora al Re Cattolico [6], come è successo. Mi sono  bene ingegnato che della volontà mia havessero da sodisfarsi, et questo mi pare d’haver sì pienamente conseguito, che dopo l’effetto non potesse havere più. In frate Pietro Casçales ho veramente trovato quelle honorate qualità che lo possono rendere grato a ciascuno, et capace anco del grado //c. 121v// preteso da lui, et per la suddetta medesima cagione, non havendo potuto, come egli ha visto, rivolgermi alla sua esaltatione, non ho lassato di accoglierlo gratissimamente, et prima che parta li farò anco tutte quelle dimostrationi che potrò amorevoli. A Ventura guardia del Poggio ho desiderato fare havere la dote desiderata, ma non vi è stato luogo per le cagioni che Vostra Altezza intenderà da lui, alla quale per fine bacio la mano.
Di Roma li xvj di maggio M.D.LXXXVIJ.


3. Giovanni Francesco Mazza di Canobio.
5. Annibale Moles, reggente di Cancelleria a Napoli.
6. Cfr. la lettera n° 19, nota 3.
a La posizione della lettera nella filza è cronologicamente errata, trattandosi del 1587.