Roma, 21 maggio 1585
Med. 5092, n° 50 (cc. 125r-129v), firma autografa
//c. 125r//
Hier mattina partì don Pietro [1] il quale di me et delle cose di qua harà dato conto a Vostra Altezza. Io di poi sono stato col papa, il quale mi domandò della sua partita, et mostrando restarli molta sodisfattione di lui, soggiunse propositi che mi dettero occasione di risponderli, che s’era contentato di pigliare moglie, come desideravamo, et che la voleva in Spagna onde Sua Santità lodò sommamente questa resolutione per le ragioni, che vi sono assai chiare, et s’offerse, come obligata a tutte le cose nostre, così fare in questa tutto quel che havessimo voluto, o con li ministri suoi che vi sono, o con quelli che in breve è per mandarvi, di che io la ringratiai, mostrandoli che //c. 125v// al tempo le farei sapere quanto si desiderassi della sua autorità, come più largamente scrivo al signor don Pietro che dovria darne parte a Vostra Altezza a la quale dirò solo che egli in tutti li ragionamenti m’ha confirmato di volere moglie et una di quelle che sono state in consideratione, se non si scoprirà cosa di più gusto suo, perché non lo vedo fermo più in uno che in altro suggetto, ma in quello che si stimarà di più suo servitio et di casa nostra, ond’io poi che vedo così piacere a Vostra Altezza, porrò volentieri la mano in cosa che tanto comple a tutti, et harei molto caro, che la m’accennasse la sua inclinatione //c. 126r// In fretta se ne venne qua Nazaret [2] et fu noto che d’ordine del papa fussi chiamato, ma il vero s’è scoperto, che Caraffa [3] (et si crede di concerto con Farnese [4], col quale non sta male) è stato l’autore della chiamata sua per farla […]a et ne feci motto co’l papa, il quale non contraddisse. La sua persona a molti non è grata, et sapendosi la stima in che la tengo io, s’è scoperto cosa, la quale certificata poi da me, spero che bastarà per metterlo a sedere per sempre. Egli fu inquisito in tempo di Julio III per pratica d’heretici, et per conseguenze brutte, et stette prigione //c. 126v// . Il cardinale Santo Agnolo [5], che l’amava, et valeva per sé et col suo offitio, nel principio di Paolo IVb fece tanto che alcuni testimoni furono frustati, et egli assoluto. Nel medesimo pontificato fu rinovata la querela, et formato nuovo processo il quale restò rispetto alle cose del Santo Offitioc alla morte del medesimo papa, et per la sua assenza fu dismenticato poi, ma non è assoluto, et si potria far reo di male cose. Trovo che a Gregorio [6] fu detto più volte anco da Gambara [7], non convenire che un inquisito fussi adoprato in governi et nuntiature, ma io lo dirò hora in modo al papa, che congiugnendo con questo //c. 127r// gli altri respetti privati, spero che restarà abbacchiato havendomi promesso Santa Severina [8], che m’ha dato tutto questo ragguaglio, di farne relatione a Sua Santità se sarà domandato et di farlo in buonissima maniera.
Caraffa ha provato ogni via per attaccarlo qua, et non bastando, s’ha forse imaginato che io l’impedisca et però m’ha pregato, che io l’habbi per raccomandato et non li nuoca, perché pur ci sarà sempre servitore, a che ho risposto come conveniva, onde ritraggo da Cesi [9], che egli per mezo del cardinale di Fiorenza [10] suo intrinsechissimo, cercarà di disponere Vostra Altezza a favorirlo, et io per ciò le ho voluto //c. 127v// dire tutto questo acciò che si trovi preparata con la risposta.
Mondevii [11] in molta confidenza m’ha detto havere certissima scienza che il Re Cattolico [12] sentisse molto male la pratica del parentado nostro con Savoia, et che per timor del successo accelerò […]d quale ha havuto due fini. L’uno d’impedire quella, dalla conclusione della quale temeva potere avvenirne che al più lungo alla morte di Sua Maestà si partissero Vostra Altezza e i Savoia lo Stato di Genova. L’altra, di congiugnere per mezo dello Stato di Savoia quanto più potesse con la Fiandra il suo d’Italia. Con la qual mira guardando //c. 128r// anco Sua Maestà da Spagna a Italia, vuol egli, che la pensi più d’unirle et che non per altro fomenti le discordie di Francia, et particolarmente dalla iurisdittione del Re cerchi separar Linguadoc et Provenza, et formarvi un governoe debole et dependente da lei, che per far quella strada da venir in certo modo per il suo et come a questo si vede disposto il mondo, et si sa che non è concetto nuovo di Spagnoli, ma più che mai vicino per la grandeza et potenza del Re così stima; che molto bene debban mirarvi coloro a quali tocca; poi che nessuno ha da dubitare, che //c. 128v// >…<f fatto questo, giudicaranno che non li staria punto peggio poter caminare da Milano a Napoli senza toccar li stati d’altrj. Et forse che tanti bisogni, et tanti danari che vengono di Spagna, et tanti apparecchj miraranno ad altro che Ginevrag; et che perciò vedendosi aperta la via della rottura, non erraranno quei principi, che prevedendo provederanno alle cose loro, et alle communi. In molto secreto m’ha detto Mondevii queste notitie et questi discorsi, aggiugnendo che il timor di Ginevra nelli Spagnoli nasce dal sapere che quella mira haveva il duca vecchio [13], //c. 129r// et che non n’ha parlato con alcuno et però desidera essere tenuto secreto, acciò che non se n’accrescesse l’odio che crede portareseli per la pratica maneggiata del parentado nostro, perciò desideratissimo da Gregorio XIII ond’io prego Vostra Altezza che tenga almeno […]h et non se ne mandi copia altrove, come (perdonimi se dico quel che so che mi tocca) so che di molte mie lettere s’è mandata con poca distintione in Spagna, perché rovineria questo homo da bene, che parla per amorevoleza et sendo quanto mi acade, le bacio la mano.
Di Roma li 21 di maggio 1585.
Nella distributione della vacanza di Vercelli [14], havendo voluto Sua Santità conservare al Borromeo [15] la badia, della quale haveria concessa la resignatione se bene non espedita, si ristrinse il campo assai. Et però Sua Santità pensa di dare mille scudi, a Simoncello [16] raccomandatoli da me in secondo luogo, et spero che alle prime occasioni provederà il cardinale di Fiorenza il quale gli terrò ricordato.