Il cardinale Ferdinando al granduca Francesco I

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Roma, 21 giugno 1585

Med. 5092, n° 58 (cc. 146r-147r), firma autografa

//c. 146r//

Scrivendomi il signor don Pietro [1] de’ 15 quel che haveva trattato, et consertato con Vostra Altezza in Pratolino, debbo credere, che con lei harà poi di presentia parlato in conformità di ciò che l’haveva fatto dire per il Serguidi [2], et che havendo scritto egli, come ha voluto, che io veda con la copia inviatami delle sue lettere harà scritto Vostra Altezza senza gl’ordini della quale io non crederei veramente potere dire, ch’il negotio fusse incaminato a modo mio né sperarne quel che sperarei con l’intervento della sua autorità. A lui scrivo il medesimo soggiugnendoli, che potrà parere in Spagna, che non faccia più da dovero che l’altre volte, et conseguentemente potrà scemar molto credito alla pratica, et molto calore ne praticanti il non vedersi mandato di procura per concludere, et che per ciò mi parria necessario mandarlo, non perché in ogni modo non habbia  da usarsi se non secondo la sua instruttione, ma perché vi sia, et perché anco possa usarsi senza altro avviso in evento, che si scoprisse partito con quelle conditioni, che egli dovrà  fuor di generali scrivere al Battaglino [3] et all’ambasciatore Gianfigliazzi. [4] Et al nuntio ch’andarà potrò procurare ordine, che nelle cose del signor don Pietro faccia secondo che //c. 146v// sarà ricercato dalli suddetti i quali potranno valersene o no, secondo che le parerà necessario.
Non dubiti Vostra Altezza che fra Este [5] et me siano per intromettersi con gusto li maligni, perché habbiamo concluso troppo espediente l’amicitia a conservarci l’arbitrio di cose principali di questa corte in ogni occasione, che è quel che rode chi vede non potere spuntare senza noi. Ho ricevuto la lettera a parte, et ringratio Vostra Altezza riserbando la risposta ad altra occasione.
Non ho visto l’abbate Lissa, ma conforme all’ordine di Vostra Altezza l’aiutarò in quel che egli trattarà di suo commodo alla giornata. Et le bacio la mano.
Di Roma li xxi di  giugno M.D.LXXXV.
 
poscrittoa  Mario Zazerini, ch’è un falimbello quale già scacciato da me di mia //c. 147r// casa per suoi defetti, et poi di Roma  da Gregorio [6] per cicalerie, se ne sta in Napoli, scrive a Alessandrino pregandolo di proporre al papa per il pronipote una moglie con dote, et heredità per più di cinquantamila scudi di entrata, la quale nominaria, come dice, se Sua Santità desse orecchie. Fece Alessandrino la proposta, et Sua Santità guardandolo fiso in volto li dimando quel che  gliene paresse, et se l’accettarebbe, et rispondendo che li pareva buonissimo partito, et che non saria da recusare, li replicò Sua Santità Dunque trattatelo, et pigliatelo voi per vostro nipote. Rusticuccio [7] in altra occasione propose a Sua Santità di casar una delle pronepoti nel nipote d’Alessandrino figliolo del marchese, che pur è nipote a lui. [8] Et Sua Santità rispose, che venendoli proposti altri partiti molto principali, non li pareva d’attendere a questo. Questi duoi particolari me li ha detti Rusticuccio istesso, et io li scrivo senza altro discorso, lassando che Vostra Altezza o gl’applichi lei all’autorità d’Alessandrino o li pigli per inditii della mira del papa, o se ne vaglia come qualch’altro successo potesse mostrarli. Il cardinale Montalto [9] stette hieri con me per un’hora al giardino, et si vede che comincia a svegliarsi, et che non debbe mancarli chi lo metta al punto con Alessandrino. Etc.


4. Bongianni Gianfigliazzi.
8. Antonio Pio Bonelli, figlio del marchese Girolamo e di Diamante Rusticucci.
9. Cfr. la lettera n° 45, nota 8.
a Il poscritto precede la firma.