Il cardinale Ferdinando al granduca Francesco I

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Roma, 23 gennaio 1587

Med. 5092, n° 177 (cc. 459r-460v), firma autografa

//c. 459r//

Nel particolare di Carlotto Orsino io so quel che Vostra Altezza vuol dire, et creda pur che si harà l’occhio a quel che bisogna per assicurarci in buona forma, havendo esso dispostissimo in quel che vogliamo.
Intorno al testamento d’Este [1] mi governarò come Vostra Altezza giudica a proposito, ma non spero già molta mutatione in Olivares [2], se bene ha et harà continua cagione di farne. Per hora posso dire che io sono stato l’ultimo che habbia saputoa di queste distributioni di pensioni venute di Spagna, ma io mi ho armato già un pezo di tanta flemma, et mi hanno tanto bene instrutto gl’anni, che io non molto spero, et poco mi maraviglio, o mi commuovo di cosa che avvenga.
Olivares negando, come dissi, che Farnese [3] miri alle cose di Polonia, vuol coprire la vanità de suoi pensieri, et insieme rimuovere gl’huomini da credere, che il Duca [4] concorra con casa d’Austria, et da stimarlo poi mal sodisfatto non succedendo. Resoluta sta Sua Santità di favorire Ernesto [5], ma vuol esserne ricercata, et però se n’ha di qua avvertito l’Imperatore [6] et il Re [7], come fu scritto, d’ordine mio.  Io so molto bene che continuamente è battuto il parentado per Giuliano Cesarino, et non vi è però altro vantaggio per lui, che l’inclinatione particolare della Flavia [8], la quale alla fine ha da fare quel che vuole la vecchia [9], et Montalto [10], che hanno la mira in Virginio [11], mostrata sempre, ma particolarmente da sei mesi in qua più ardente.
So bene di buon luogo che Olivares ne dubita, et in modo che vedendo le conseguenze, procuri ordine di Spagna di persuaderci a stringere, et io lo lasso volentieri in questo per più respetti; et intanto andarò cercando la chiareza, che Vostra Altezza me ne ricorda, et credo doverla trovar per noi, et che tal sia la volontà del papa ancora, co’l quale però non stimo utile al negotio l’affrettarlo //c. 459v// poiche è d’una natura da renderlo così più tardo alla resolutione.
Aspettarò di Castel Santo Angelo le scritture che Vostra Altezza promette. Intanto le dirò che per la morte del cardinale d’Este [12] è ritornato Montegiordano alli Orsini, cioè a Virginio una quarta parte, al signor Francesco [13] un’altra quarta, al signor Valerio [14] pur una quarta la migliore, et alli figlioli del signor Latino [15] il resto, et questo può essere abbracciato dal fidecommisso.  Il signor Valerio vuol vendere per pagare debiti. Il signor Francesco venderà, et in quell’altri ancora sarà la medesima dispositione. Il signor Virginio ha la casa di campo di Fiore vecchia et rovinosa, che presto sarà in termine da non habitarsi senza quasi rifarla, et però havendo quella suddetta quarta parte, che per lui non basta, io havevo pensato di pigliare il resto, che porta circa xxv mila scudi da pagarsi con qualche commodità, sì per fermarli il più bel sito di Roma, sì per conservarlo nel principale di casa Orsina, et havevo pensato di vendere quella di Campo di Fiore per investirla in questa, ma pongono in consideratione che si verrebbe a perdere il ius presentandi d’un benefitio annessovi di 500 scudi, et la piaza che rende altrettanti, la qual piaza si va godendo, ma non si trovaria però chi la comprasse, et però (prescrivendosi intanto l’acquisto della piaza non controverso da alcuno) si propone forma utile di ridurre quella casa a botteghe et stanze locande, che renderia circa duemila scudi, et comprare Montegiordano, nel quale disegnarei ritirarmi ancora io, et con me, o con altri renderà sempre due mila scudi. A questo andavo pian piano, et non harei concluso senza il parere di Vostra Altezza, ma hora pare che lo persuada una quasi necessità, perché il papa vi ha posto la mira per ridurvi tutto il criminale, et le prigioni, il che questi Orsini stimano infamia della //c. 460r// casa, come debbe stimarlo il signor Virginio pricipalmente, et tanto più che non ragiona di volerlo se non in affitto, che tanto vuol dire, come non lo havere a rihavere mai più, et non però poterne disporre se non a voglia d’altri. Di questo richiesto il signor Valerio ha risposto non voler trattare se non di vendita, perché ha bisogno, et che di trattare con altri che fra loro non si risolveria senza licenza del signor Virginio, a cui se ne trova già obligato. Il signor Francesco risponde il medesimo, et io al commissario della Camera [16], che intendo tenere  ordine di parlarmene, disegno di rispondere, che sendo quella casa antica delli Orsini, et parendomi cosa, che non solo staria bene ma per la mala conditione dell’altra sia necessaria al signor Virginio, io stimarei errore disporne in qualunche modo, et che per me stesso non lo farei, come né anco lo saprei persuadere, ma che potrei scriverne a Vostra Altezza per risponderne poi quel che sarà di parere suo, et del signor Virginio, et se così mi succederà di levarli dell’impresa con proporgli anco altro luogo per loro disegni, non accaderà altro, ma se pur tirassero innanzi, il che non credo, io voglio haverne avvertita Vostra Altezza, et pregata ancora di non consentirlo, se da altra banda ne fusse richiesta, ma passarsene con qualche forma di parole, perché in effetto saremmo troppo biasimati da ognuno, oltra che Virginio co’l tempo ce ne vorria male, come so che biasimeria me, se lassassi l’occasione di impatronirlone, come si farà con pochissimo suo scomodo.
Un prelato venetiano amico mio, homo di parentado etc mi scrive di fuor di Venetia questo capitolo, ciò è Vostra Signoria Illustrissima stia avvertita, che hora passa cosa la quale pertiene alla dignità di sua Serenissima casa, non posso dire più, respetto che si usa ogni diligenza d’intercipere le mie lettere, pensarò a qualche via //c. 460v// farglielo sapere, supplicandola intanto, che non mi nomini ad alcun proposito, che accennasse che io li tenessi proposito di cosa bene che minima di stato. Io gl’ho risposto ringratiandolo et pregandolo strettamente di dichiararmi il particolare et procurarmi di più, et credo che lo farà con ogni diligenza perché m’ha potuto scorgere fautore della cose sue, et ha molta speranza in me. Vedrò quel che dirà, et lo avvisarò a Vostra Altezza come intanto fo di questo.
Intendo poiché il papa ha opinione, che fra li pretensori di Polonia, il meglio n’habbia il figliolo del re di Svetia [17], ma non per questo si rimuove da volere favorire Ernesto [18]; di che s’aspetta ogni hora l’instanza dell’Imperatore [19], il quale per consultare sopra questo haveva chiamato Harach [20] in corte, et poi spedirebbe subito corriere espresso. Di Svetia debbe essere farina del padre Possevino [21], il quale si procurarà, che non habbia da rimescolarsi in quelle pratiche. E’ morto quel gran cancelliere di Polonia [22], et nella forteza di Cracovia dicono essere successo un cattolico, che tutto si stima augumento dell’autorità del papa. Con che a Vostra Altezza bacio la mano.
Di Roma li xxiij di gennaro M.D.LXXXVIJ.


8. Flavia Damasceni Peretti.
13. Francesco Orsini di Toffia.
14. Valerio Orsini di Monterotondo.
15. Virginio e Fabio Orsini di Mentana.
16. Goffredo Lomellini.
17. Sigismondo III Vasa, figlio del di Svezia Giovanni III e della principessa di Polonia Caterina Jagellona.
21. Antonio Possevino.
22. In realtà il cancelliere della Corona Jan Zamoyski sarebbe morto solo nel 1605.
a che habbia saputo è sostituito, in interlinea e con grafia diversa al precedente à cui egli habbia fatto motto cancellato con un tratto di penna.