Il cardinale Ferdinando al granduca Francesco I, a Firenze

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Roma, 9 gennaio 1587

Med. 5092, n° 176 (cc. 455r-457v), firma autografa

//c. 455r//

Non crede male Vostra Altezza quando ella crede di potere usare meco ogni libertà come fratello, figliolo et servitore suo, ma bene crederebbe contra il vero, quando credesse che io non li fusse tale, et che tale non trattassi di lei, et con lei in ogni luogo, come pare che portavano certe opinioni sue, che talhora sono ite in volta, le quali andando in conseguenza di quelle parole della sua lettera, più chiare hora le scorgo in questa, et chiarissime l’ho scorte nelle parole de suoi ministri per molti riscontri. Perdonimi dunque se di questo mi piccai, sapendo d’havere trattato sempre con Vostra Altezza in modo, che non mi ho meritato simili punture, et voglio bene credere, che (discretamente come suole), l’harà stimato effetto di gelosia et d’osservanza come è, et che perciò l’harà sentito, come desidero, più tosto bene che male. Quel che il mondo habbia inventato, et cicalato, io l’ho sentito forse tutto, et con mio grandissimo dispiacere per sua cagione et nostra, ma non ho già mai stimato che Vostra Altezza l’habbia creduto, non che stimato più chiaro che il sole, et perciò ho dissimulato. Et in ogni evento habbiano inventato et cicalato altri quel che li piace, che non sarà mai vero che io habbi detto parola, che in me mostri sospetto della integrità et prudenza sua, et di cotesta casa. Et se talhora mostrassimo del dire altrui qualche disgusto, o credenza minore, gl’homini vaghi di male, sariano più riserbati nell’inventare, et nel girare novelle attorno gl’orecchi //c. 455v// et più dolcemente godendo dell’amore et del servitio de nostri, non lassaremo procedere tanto innanzi la malignità, che gli autori di essa trionfassero come fanno per il ministerio delli istessi nostri.
Il parto desidero io che sia, et sia felicissimo a pieno voto di Vostra Altezza, la quale ringratio della dichiaratione che mi dà di quel che la movesse a scrivermi. Ma torno a dirle, che per li tempi strani, et per la cagion detta, io non verrò, et anco (aperché mi pareria maggior errore) non mandarò alcuno, perché realissimamente io non voglio vedere più di lei, et voglio credere che don Pietro [1] sia del medesimo parere. Et come a Vostra Altezza la chiedo, così harò per gratia singolarissima, che di questo (se così le pare) non trattiamo più, ma giudichiamo un tal proposito doversi scacciare interamente dalli pensieri, non che dalli ragionamenti nostri, sì come fra li miei, non ha, né harà mai luogo alcuno né questo né altro che habbia odore di cosa non conveniente a lei, comunche se l’habbino colorata et presentata gl’huomini malvagi.
La morte d’Este [2] può in più modi havere giovato a Farnese [3] anco senza l’accordo; et Olivares [4] che per la perdita di Francia non se n’attrista, ha però con Colonna [5] et San Marcello [6] suoi confidenti, che me l’hanno referto, mostrato apertamente, che li dispiaccia grandemente per cagione di Farnese, a cui sa quanto grande ostaculo facesse, che è una confirmatione di quel che s’haveva che Spagnoli non lo vogliono papa, oltra quel che ne scorgo nelle parole di Madruccio [7] con la occasione presente di Polonia. Fra Este et me passava certo molta amorevoleza, della //c. 456r// quale io havevo molta cagione di restare sodisfatto, ma questa non disservì mai a Spagnoli, li quali difficilmente credo che l’havessero sospetta, poiché li ministri loro (domandati da me) qui sempre me la lodorono et approvorono, et anco non l’hanno provata inutile, perché hanno potuto vedere, che io non ho mai posposto l’obligo mio principale verso il servitio del Re Cattolico [8]. Et se da me si sono tenuti larghi con la participatione, che li nostri hanno presuposta ordinata dal Re, io l’ho sempre con la commune opinione attribuito senza colpa mia alla malignità del Commendator maggiore [9] et di Granvela [10], et delle scuole loro, delle quali è Olivares, et non harei per miracolo, che se bene le cose hanno preso cattiva piega, potesse per l’avvenire con la mutatione de ministri, farsi anco qualche mutatione nello stile, et che lassassero almeno di fare male senza cagione. Et questa opinione pare che venga confirmata dal vedere come tratti quella corte con tutti noi.  Hor delle cose d’Este, io non posso già lassare d’ingerirmi come uno delli esecutori, sì per l’instanza che ne fanno gl’interessati, sì perché Gonzaga [11] principalmente (il quale pur ha stimato debito et voluto che a Vostra Altezza si mandi l’alligata copia del testamento) non vuol risolvere senza me. Ma sia certa, che non haranno da dire, che io me ne pigli troppa, né fuor di questo vedranno mai di me quel che possa un pelo allargarli dalla mia confidenza.
//c. 456v// Il che dico a Vostra Altezza in risposta del suo prudente et amorevole ricordo, et per sua sodisfattione. Et quanto all’accordo di Farnese come volsi solo parere in consideratione quel che dissi, così ho da contentarmi della sua resolutione, et caminare sempre la via che ne sarà mostrata da lei, ma temerò sempre più che la non mostra di fare, sì perché la presentia in questo può farmi parere la cosa maggiore, sì perché credo che vi sia da temere, et quando si potesse con riputatione, stimarei molto bene fatto di levare quella differenza di mezo, parendo che servirebbe con Francia et con Spagna ancorab.
Su questa morte del re di Polonia [12] è saltato Farnese in grande speranza, che il Duca suo [13] sia per essere eletto, et già ha detto Gambara [14] ad un amico d’havere in confidenza da lui, che il cardinale di Radivil [15] gl’habbia detto, che il Regno sarà suo, se si governa a suo modo. Io nel consistoro alla Sedia posi in consideratione a Nostro Signore d’aiutare Ernesto [16], mostrandoli, che ponendosi la alle spalle d’heretici, et ai fianchi de Turchi, saria un alleggerire et liberare l’Imperatore [17] dall’oppressione loro, et non per questo si faria l’Imperio formadabile ad alcuno, et parvemi che Sua Santità lo sentisse bene et inclinasse d’haiutar, et allhora mi disse, che faria una congregatione innanzi al Decano [18], come in casi simili si usa. Ne detti conto a Olivares, offerendoli di fare quel di più, che le fusse parso, il quale mostrò bene d’haverlo caro, ma non curarne tanto (o che non //c. 457r// havesse gustato la cosa fra la dolceza del nuovo figliolo maschio, o qual altra fusse la causa) quanto mostrò poi hieri a Madruccio [19], quando li fece sapere d’haverne parlato per l’Imperatore et haver trovato il papa molto freddo, et in modo che non sperava gran cose, come ha detto a me. fu fatta la congregatione hieri, nella quale pare che si discorresse generalmente, et si concludesse che saria bene di dare danari a questi cardinali Polacchi, et spingerli a quella volta; che se così si farà, come già sono  avvertito che si sia fatto con Batorio [20], il duca di Parma vi harà buoni procuratori, se bene Olivares vuol pur che io creda che Farnese non ha questi pensieri, ma però non ne dà altra certeza che le parole di Farnese istesso. Et per fine le bacio la mano.
Di Roma li viiij di gennaro M.D.LXXXVIJ.

poscritta qua è il Castello di S. Angelo di circa 300 fuochi o più con circa tremila scudi d’entrata, nel quale sono alcune pretensioni del signor Virginio [21], che già nelle pratiche d’accordo, si risolvevono Madama [22] et la Regina [23] darlo al signor Paolo [24] per 40 mila scudi o meno se bene mi ricordo, ciò è manco della metà del suo prezo, con commodità anco di pagamenti, ma come non seguì l’accordo fra loro, quella parte restò indietro per questo et per altre difficultà. Piacerebbemi molto per il signor Virginio perché il luogo è bellissimo, et da augumentare assai, et perché anco egli ricco di beni, ha pochi vassalli, ma //c.457v// il comprarlo non mi piaceria, se vi siano ragioni da vincerlo facilmente. Et quando anco Vostra Altezza accordasse lei, io lasserei questo particolare alla sua dispositione, ma perché malvolentieri vedrei che Farnese vi aggiugnesse le ragioni della Regina. Io prego Vostra Altezza che si contenti di fare vedere dalle scritture che ha quali siano le ragioni del signor Virginio et me le mandasse, perché se non fussero bene chiare, mi risolverei mentre sta così dubia la cosa, ripigliarlo con quella conditione, o migliore, parendomi che saria di molto servitio. Etc.


13. Alessandro Farnese.
16. L’arciduca d’Austria Ernesto d’Aburgo.
18. Il decano del Collegio era il cardinal Alessandro Farnese stesso.
24. Paolo Sforza.
a Apre una parentesi che non chiude.
b ancora   è posto in interlinea..