Il cardinale Ferdinando al granduca Francesco I, a Firenze

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Roma, 24 gennaio 1586

Med. 5092, n° 106 (cc. 278r-280v), firma autografa

//c. 278r//

Tengo la di Vostra Altezza de’ 18 quasi tutta responsiva, et però poco bisognosa di replica.
Il negotio con Francia si accommodò nel modo che scrissi, et Sua Santità me l’ha detto di poi, soggiugnendo, che voleva mandare Nazaret [1], se bene per tenervelo poi o no,  secondo che lo vederà gradito dal Re, talché si può credere, che servirà questa sua gita, solo per l’apparenza di questo rimpiastro, il quale a lui non harà guadagnato altro che questo disagio. Dissemi Sua Santità che faria cardinale il vescovo di Parigi [2] alla prima promotione; di che io l’ho fatto consapevole con mostrarli d’haver lodato questo pensiero di lei, et egli me n’ha ringratiato, mostrando d’haverlo carissimo non tanto per sé, quanto perché il mondo veda gradita la volontà del Re etc. Egli  aspetta il dispaccio suo per mandarlo con corriere, et poi se ne partirà a commode giornate per la via di Loreto, et di Venezia.  Alli nominati contra Este [3] et me, scopriamo congiunto Santa Severina [4]. Io ho dato conto al papa di questa pratica, et delle mire loro, supplicandolo di aprire l’occhio agl’offitii che faranno, et difenderci contra questa malignità, congiurata contra di lei stessa; et mi contento di quel che mi ha risposto, poi che ha promesso di starci avvertito, et sbarbazarli in ogni occasione, et scoperto come senta di ciascuno di loro, come habbia fatto, et sia per fare con Savello [5] disautorizandolo, quel che sia per fare con Caraffa [6], quel che gli dispiace in Santa Severina. Et detto in somma che spera vivere tanto, che vedrà sottoterra molti di loro, et Farnese [7] //c. 278v// et Savello particolarmente. Con questa occasione gli parlai delle badie di Odoardo [8], mostrandoli che era un levare le speranze al nipote, et al Collegio, et un ingrassare una pianta nociva al pubblico, et alla casa di Sua Santità, che se bene un altro papa fusse per farlo cardinale, saria però pur magro assai mancando di queste badie, delle quali non era da darli alcuna, poiché così  Sua Santità levarebbe a lui la speranza, et a sé l’importunità più facilmente, et che bisognava posporre il trattare con esso di complimento et mettersi alla dura, non potendo egli dolersi di non haver troppo delle Sede Apostolica, poiché in parte alcuna qua intorno si poteva volgere l’occhio non chiusa et occupata da lui già tanto tempo. Approvò il ragionamento con distendersi ne’ particolari, et insomma disse d’havere caro, che io glielo havessi detto, et che ne faria capitale. Per tutto risuona che Madama [9] sia morta, et questo avviso è creduto da tutti per quel che prima si haveva dello stato suo; ma in casa di Farnese non lo consentono ancora, forse per non ristringersi il tempo di fare qualche diligenza.
Farnese ha spedito un suo a Parma sotto altro pretesto, ma si crede per questo, talché saria bene che qui fusse il mandato di Vostra Altezza per tentare ciò che la stima suo servitio; et io stimo benissimo fatto per la cagione che lei dice, et per altre ancora che l’habbia mutato in altra persona, perché forse sarò così più atto a servirle.
Io ho havuto sempre mira di mettere amici et dependenti miei per questi tribunali //c. 279r// et stimando questo uno de commodi che io dovessi trarre di questo pontificato, parlai a Sua Santità fin da principio di un luogo della Ruota per monsignor Giusti [10], che è suggetto da farne honore, et più volte l’ho ricordato, et nell’ultima a  ella mi disse di volere provedere di chiese alcuni auditori (che anco nominò) et che mi consolaria, et fu questo avanti la promotione, dopo la quale se bene potevo tirare al medesimo segno per la medesima via, non di meno mi rivoltai a quello di Vostra Altezza, come le scrissi, senza anco sapere quel che facessero questi suoi, co’quali insieme fu poi congiunta l’opera mia, quando l’intesi. Nel qual modo non vedo havere punto toccata la sua nominatione, come pare che Vostra Altezza creda, et come più apertamente dicono questi che scrivono, li quali non negarò di desiderare più accurati in verificare le cose, che in scriverle, perché così scriveriano di me ancora quel che potessero sostenere  per vero, et non mi si fariano ridicoli, per non dire altro, mentre sognano che io habbi dato la nota de nominati al Datario [11], senza guardare qual nota et a qual fine, poiché (come potrà riscontrarsi da lui), altra nota che l’inclusa, non gl’ho data, con la quale (bhavuta da monsignor de Rossi [12], che mi esortava a non lassare cadere il privilegio di questa quasi possessione) volevo provare, che a Vostra Altezza dovesse di ragione Sua Santitàc come scrissi, et su la quale ella disse al Datario non vedere la continuatione, ma scorgere coloro che posti in Ruota più come curiali, che altro, perché nel resto //c. 279v// bene sa ella, che io non farò mai questo errore d’arrogarmi quello, che massimamente si manifestamente tocchi a lei, et da lei si procuri, et in che io possa sperare sodisfattione dalla gratia sua come in questo. Et mi perdoni Vostra Altezza se la prego d’avvertirli, che non li scrivino leggiermente per vero di me quel che li piace, perché sendo larghetti di bocca, lo dicono anco co’altri, come hanno fatto di questo che ella solo mi accenna, et che non harei inteso altrimenti, et come so che anco prima d’altre cose simili malverificate, et però simili a sogni possono havere fatto per quanto ho ritratto di qua. Quel Cristofano Tavora non mi pareva homo da inventarsi quello accidente, ma se non è vero, o non ha riscontro, tal sia di lui, a cui mi basta di havere sodisfatto con quello che scrissi.  Di quel compotista aspettarò resolutione da quelli nostri, credendo che pur trovaranno suggetto a proposito.
L’Arcivescovo di Sorrento [13] è dal Mondevi, creatura d’Albano [14], a cui servì per luogotenente nella Marca, dove poi anco fu suo vicelegato, et in quelli offitii et in questo fiscalato si portò bene sotto Pio V, sì che rimase poi fatto vescovo, in che anco s’ha portato laudabilmente; Albano l’ha raccomandato al papa (come dice) in generale, et non saria gran fatto, che havesse mostrato desiderio particolare di questo con pensiero di fare li fatti suoi. Basta che Montorio [15], del quale il papa dice esserli stata fatta instanza molte volte da Vostra Altezza, gl’è parso giovane, et che poi di secco in secco (come io compresi dall’ambasciatore et dal Gerino [16] quando glielo dissi) senza //c. 280r//  participatione d’alcuno ha eletto questo, il quale credo che riuscirà buona persona, ma è malsano, et però tardarà di venire a quell’aria fino alla stagione migliore.
In Polonia mi disse Sua Santità di volere mandare l’arcivescovo di Bari Puteo [17], et io glielo lodai, perché veramente è honorato et da bene. Tassa Sua Santità il Ragazoni [18] di molta deboleza nelli avvisi, et io n’ho fatto avvertito l’agente suo qua acciò che proveda.
Olivares [19] ha proposto al papa in nome del Re al nipote di Marcantonio Colonna [20] per la pronipote di Sua Santità [21], et ella seccamente ha risposto, che la non è in età, et che però non vi pensa.
Finalmente Madama è morta, et lo confessa anco la casa di Farnese con parole et co’ fatti. Che sarà per fine, et le bacio la mano.
Di Roma li xxiiij di gennaro M.D.LXXXVJ.
d

Ho parlato più volte a Sua Santità in nome di Vostra Altezza della compositione del Bonfiolo [22], m’ha ricordato un pazo ragionamento tenutoli da San Sisto [23], chiedendo giustitia, ma però ha parlato in modo che ho sperato di tirarvela, et perciò spinto il Fiscale [24], et anco il cardinale Pinello [25], i quali niente hanno profittato. Finalmente stamani ricordandoli il bisogno del condotto, la supplicai di nuovo a fermare questa causa per chiederli questi denari, mi rispose più che mai lontana da compositione, che //c. 280v// gl’era stata chiesta iustitia, et che per quella via voleva andare, et non per l’altra de danari che tanto gl’havevano mostrata biasimevole, et che come Vostra Altezza faceva iustitia a casa sua, così dovria lassarla fare a lei, et in somma fu risposta che per servitio di lui potette piacermi tanto meno, quanto meno potetti io rimuoverlane con le repliche, et mi pare di veder la cosa a non buon camino se non sia aiutata. Potria Vostra Altezza usarci un poco l’opera dell’ambasciatore o del Gerino, che forse l’espugnaranno, et io fratanto consigliarò il Bonfiolo di scriver una poliza humile a Sua Santità contraria ad una che li fu fatta scrivere, con retrattare qua, et levare ogni fede a quanto habbia detto San Sisto, et in somma ad andarsi aiutando, perché io temo, che non parrà a Sua Santità imitare bene Pio V.to se non faccia qualche bel colpo di iustitia contra li ministri dello antecessore, et non li mancarà chi ricordi. Etc.


2. Pierre de Gondi.
8. Odoardo Farnese.
9. Margherita d’Austria.
10. Pierfrancesco Giusti, nominato anche nella lettera n° 104.
12. Mons. Giovan Battista de Rossi.
13. Giuseppe Donzelli.
15. Pietro Francesco Montorio, pronipote del cardinale Giovan Rinaldo Montorio.
17. Antonio de Puteo.
18. Girolamo Ragazzoni, in quel momento nunzio in Francia.
20. Marcantonio di Fabrizio Colonna.
21. Orsina Peretti. I due effettivamente si sposarono nel 1589.
25. Cfr. la nota allegata alla lettera n° 99, nota 7.
a Segue una parola erasa, probabilmente audienza.
b Apre una parentesi che non chiude.
c Lo scrivente per errore dice “V. S.tà”
d Al rigo seguente continua la lettera.