Il cardinale Ferdinando al granduca Francesco I

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Roma, 13 giugno 1585

Med. 5092, n° 57 (cc.143r- 144v), firma autografa

//c. 143r//

In risposta della lettera che Vostra Altezza mi scrive de’ 7 le dico, che quando meno l’aspettavo, venne il marchese Altemps a dirmi in nome del cardinale suo, che si risolveva di renuntiarmi la badia a mio piacere, et che lo faceva molto volentieri, et con molto suo gusto, fu questo nell’hora che io dovevo andare ad accompagnare il papa dal San Pietro a Montecavallo, et però mi parve di dirlo a Sua Santità, come feci, soggiugnendoli, che se ci haveva scrupolo nessuno o di stato o di conscienza mi saria piaciuto di sentirlo liberamente da lei, perché sapendo che trattaria meco, et di me con maggior ingenuità, che non haveva fatto altri, ero per accettare in bene ogni sua replica et resolutione. Riprese Sua Santità queste parole con amorevoleza incredibile, dicendo maravigliarsi di me, che così in un certo modo  volessi revocar indubio l’amor che mi portava et che non solo l’haveva caro, et commetteria la resignatione, ma che ancora n’haveva obligo con Altemps [1], et che lo voleva ringratiare che facesse questo con me, et questo mi replicò più d’una volta, soggiugnendo sempre, che anzi voleva lei ancora darmi altre cose quando venisse l’occasione. Così si tirarà innanzi l’espeditione, et io non posso dire altro, se non che sendosi risaputo per la Corte, intendo che Farnese [2] ha giurato perpetua inimicitia con Altemps. Con la qual occasione si lassò anco uscir di bocca, che presto haveremmo un altro governatore di Borgo, soldato, di età, et come a punto ricerca quel grado, et che l’ambasciatore di Spagna [3] già l’haveva fermato, et baciatine li piedi a Sua Santità, et in somma parlò in modo, che con quel che anco altri ne dissero havere sentito dall’ambasciatore istesso, dovemmo credere, che questi fusse Paolo Sforza [4]; ond’io non potendo comportare che in questa congiuntura  //c. 143v// passasse cosa simile, deliberai subito che l’arcivescovo di Pisa [5] andasse questa mattina a trattarne con Nostro Signore, et rimostrarli quanto non solo ci dispiacerebbe che il marchese ricevesse questo incontro, ma che in suo luogo si ponesse Paolo, nel qual suggetto si distendesse con molti capi che potevano dirsi. Andò et egli ragguagliarà Vostra Altezza del successo con le sue lettere che vanno con questa, et sarà stata buona occasione per fare questa scoperta della volontà nostra con quella casa per ritener il papa da valersene in alcuna occorrenza. Et io credo che sarà bene anco tenerlo indietro per tutto, et haverli cura alle mani, perché so che dovunche  che possano fanno mali offitii contra di noi, et mi imagino che con li Spagnoli et qui et altrove lo faccino particolarmente, perché qui sono stretti molto con l’ambasciatore et egli pur troppo harà procurato in dispetto nostro mettere Paolo intorno al papa, poiché son certificato da capitani di cotesti presidii di Toscana, che per ordine de superiori loro possono li Sforzeschi andare molto liberamente  per tutte le forteze come li piace, et con chi vogliono. Talché bisogna che vadino solleticando chi governa con concetti conformi al gusto loro, ma qua non mancarò io dalla mia parte, et di questo ho voluto avvertita Vostra Altezza per quel che tocchi a lei. Con me s’è doluto Nostro Signore li dì passati che questi ministri di Spagna lo soffocano con molte domande a nome del Re, a quali (trattenuti fin hora di risposte generali) dice volere dire molto liberamente che non mostrando lettere di Sua Maestà non intende udirli a modo alcuno, et che s’hanno a risolvere che non vuol essere fatta andare né da loro né da altri, non sapendo come possino muovere tante cose a nome del Re, che a pena //c. 144r//  ha saputo la sua assuntione, et dicendomi di volere trattarne con me altra volta a lungo; risposi che non mi impacciavo di negotii loro, come sapeva Sua Santità, ma che bene sentirei quanto la fusse servita communicarmi et comandarmi, et così farò sapendo che ella ci entrarà da se stessa. Dissemi ancora il parere suo circa li nuntii vecchi che sono in offitio, et accennandomi il disegno de nuovi che vuol mandare, pur si riserbò di ragionarmene altra volta. Ma io per allhora havendo buon riscontro di quel vescovo di San Severo [6], che si è portato bene nelle cose nostre, non lassai di passarne amorevole proposito con Sua Santità, la quale nel resto si mostrò di lui sodissfatto, ma non già della visita, che con decreto Cesareo haveva accettato di fare delle chiese di Boemia, parendoli che un medesimo decreto vorrebbe fare sempre quello et altri Principi per simile visita in preiuditio della iurisdittione ecclesiastica. A che io non seppi replicare, se non che doveva haverlo fatto a qualche ragione, et havendone poi trattato con l’ambasciatore cesareo [7], me n’ha egli addetta una all’improvviso, cioè, che quelle chiese tutte sono di patronato Regio ex dotatione et fundatione, ond’io havendolo ragguagliato di quel che quel proposito portò che si parlasse dell’Imperatore [8] gl’ho anco mostrato di qual maniera mi pare che debba parlare con Sua Santità, et ho anco pensato di scrivere all’ambasciatore Urbano [9] quattro righe, con le quali Sua Maestà Cesarea [10] scorga, che io non lasso occasione che mi si porga di servirla, come ella mostra confidare di me. L’espeditione d’Altopasso si tira innanzi come comanda Vostra Altezza alla quale  per fine bacio la mano.
Di Roma li xiij di  giugno M.D.LXXXV.

voltisia

//c. 144v// Nel ragionamento suddetto dell’Imperatore ricordai a Sua Santità come papa Gregorio [11] stava male con Sua Maestà Cesarea per le cose di Valditaro, nelle quali senza proposito et con nessuna ragione s’era lassato imbarcare troppo da Farnese, et che sendo qui lo Strasoldo [12] per questo effetto credevo non essere bene, che Sua Santità caminasse per le medesime pedate, se molto maturamente prima non havesse discusso il fatto in se, acciò non gli avvenisse d’haver a sostenere  causa non ragionevole con diversi pretesti et allungamenti, li quali alla fine  conviene che habbino termine. Et Sua Santità mostrò che questo fusse veramente il suo pensiero. Non è piaciuto a Este [13] l’espeditione di Nazaret [14] per Francia, et però dovria farli offitii contrarii, et se bene Nivers [15] fa instanza, che come comanda […]b per  questo tumulto, così si mandi un altro prelato ai Ghisi [16], nondimeno Este s’oppone, allegando non esser dignità del Re trattare nella maniera medesima li vassalli suoi che Sua Maestà, ma poiché Nivers tratta et pone in mezo la speranza del accordo che può nascerne, sarà facil cosa che ottenga, et in tal caso ho io dove bisogna proporlo  il vescovo di Piacenza [17], ma in queste cose havendomi ciascuno di loro, et l’ambasciatore insieme per confidente vo trattando con molta destreza, et in modo da non dare gelosia né a loro né a Spagnoli. Di Massa s’aspetta la risposta del Gerino [18], et Sua Santità attendendola di suo gusto, pare che già habbia incaminato quel che bisogni per farla subito, et io non ho havuto pensiero d’operarmi in contrario, poi che si tratta dell’interesse del secretario di Sua Santità, il quale mi si è dato in mano e servirà alle cose nostre amorevolmente in ogni fortuna.


6. Germanico Malaspina.
12. Pietro Strassoldo.
16. Cioè ai membri della famiglia Guisa.
17. Filippo Sega.
18. Cfr. la lettera n° 18, nota 1.
a Voltisi  è scritto a sinistra della firma.
b Lacuna di due parole.