Il cardinale Ferdinando al granduca Francesco I, a Firenze

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Roma, 20 dicembre 1585

Med. 5092, n° 103 (cc. 262r-267r), firma autografa

//c. 262r//

Mercoredì scrissi confusa et frettolosamente della promotione quanto Vostra Altezza harà visto, promettendo supplire con altra prima occasione più minutamente quanto riguardasse in generale et nel particolare nostro spetialmente. Dico dunque con questa, che circa otto dì sono, sendo io con Nostro Signore, mi disse che Vostra Altezza li raccomandava il vescovo di Pavia [1] per il cardinalato, et che desiderava sapere, se era amico mio. Etc.
Io, che di già n’ero avvertito da messer Pietro [2], risposi che per ordinario non poteva essere se non mio amico chiunche fusse portato da Vostra Altezza, ma che di lui particolarmente potevo dirle, che era amicissimo mio, et tale che non m’harei sodisfatto d’altri maggiormente per le conditioni sue delle quali gli detti conto. Rispose Sua Santità Dunque noi lo faremo, et lodò che Vostra Altezza si tenesse in questa pratica fuor di fiorentini, li quali disse che faria malvolentieri per suo servitio, chiamando fiorentini quelli che stantiano in Fiorenza. Con che io stimavo la cosa ferma, et non entravo in altro per me, havendo sentito la sua resolutione di fare stretta promotione, et per sé sola, et non scrissi a Vostra Altezza bastandomi la notitia suddetta, et perché mi pareva d’havere compreso, come Vostra Altezza voleva trattarne. Martedì Sua Santità chiamò Alessandrino [3], Rusticuccio [4] et Montalto [5], et gli dette conto alla grossa di quel che voleva fare, la qual chiamata sentendo io, et imaginandomi la cagione, sollecitai d’andare all’audienza per sentire quel che passasse, et supplire secondo il bisogno. Alessandrino che prima haveva fatto il malato, né haveva potuto includere Bastone [6], o Capranica [7], che portava per se stesso, né Ravario [8] che aiutava unito a Rusticuccio, se n’uscì con sogni di poco gusto con il suo Nazaret [9] che aiutava con Caraffa [10] insieme, ma forse più anco per Turino [11], del quale haveva scritto al duca di Savoia [12] affermativamente. Da Rusticuccio //c. 262v// domandato da me ritrassi, che Sua Santità haveva detto non volere fare alcuno per principi, anzi per ciò havere levato di nota l’arcivescovo di Turino, et ricordando con il lungo encomio che haveva obligo con Vostra Altezza, haveva detto che non di meno per hora voleva fare Pavia raccomandatole da lei. Il che sentendo mi spinsi ai piedi di Sua Santità  quanto prima potetti haverla disoccupata, et da lei stessa intesi in conformità che non voleva fare Pavia. A che io mi opposi, dolendomi con parole gagliarde, ma modeste però Che minor male era non prometterlo, et non farmelo scrivere a Vostra Altezza, come dissi che havevo fatto bene due volte per le parole sue; che potria  non parere buona scusa di questa ritirata il non farne per altri, poi che havendo Vostra Altezza tanti meriti particolari con Sua Santità, non doveva essere mandata in dozina, et qui ricordai tanti servitii, che li fa giornalmente, et tanta pronteza che mostra in ogni sua occorrenza, esprimendole molti particolari, oltra l’offerta della persona propria per l’imprese che Sua Santità istessa m’haveva già detto, et che tutti li altri havevano havuto, chi decime et chi una et chi un’altra gratia senza mostrargliene pur obligo, anzi quelli stessi et altri con il portarsi in modo, che ella se ne mostrava disgustata, mentre che da Vostra Altezza senza esserne gravata in altro modo era assolutamente servita in ogni cosa, onde non poteva parere buona la comparatione. Soggiunsi che metteva me nel maggior travaglio che io potessi havere, poiché sapendo Vostra Altezza, che ancor’io havevo qualche mira in altri, nessuno le cavaria di testa, che io non havessi guasto lei, et me co’l proporre et portare li miei in questa occasione, et esaggerando questo passo, la pregai con ogni instanza a non mettermi alle mani con Vostra Altezza, con il negarle quel che io havevo scritto essere stato promesso da lei, et darle saggio di renderla pentita con ragione di quanto havesse fatto, et di non //c. 263r// dovere sperare miglior corrispondenza per l’avvenire. Saria lungo dire quel che passò in una hora et mezo, et quante sue repliche hebbi a sbattere, come all’obiettione di non conoscerlo lei né poterlo mettere per suo, et all’altra, che egli non era vassallo di Spagna, ma della Sede Apostolica, perché a Este haveva promesso non fare alcun vassallo, o dependente da Spagna, poiché negava a Francia, ma passai sempre tanto più arditamente, quanto più la vedevo scontorcesi, et negare malvolentieri, né perciò (se ben dissi non volermene partir senza la gratia) potetti ottenere se non finalmente che ci voleva pensare, et pregare Dio che l’inspirasse  al meglio, onde finì il ragionamento con dirli io, che ero certissimo, che ella chiederebbe ed havrebbe da Dio  inspiratione di consolarci, et che con questa mira la pregavo di supplicarne Sua Divina Maestà. Dopo questo con il consiglio di Rusticuccio mandai il Gerino [13] a Sua Santità, alla quale lo feci introdurre dal cardinale Montalto, poiché trovava chiusa ogni altra via di penetrare, et non ne cavò miglior risposta. Nel qual termine non mi sodisfacendo, spinsi Montalto a dire a Sua Santità quanto io mi trovassi sconsolato per questo et supplicarla di contentare Vostra Altezza et me tanto sua servitori, il quale (secondo che era instrutto da me) soggiunse vivamente, che Sua Santità non volesse in un tempo stesso levare a loro fratelli la protettione di casa nostra. Et Sua Santità sentendo che in Palazo alloggiavo alle mie stanze aspettando la sua risposta, lo mandò su le cinque hore a dirmi, che trovava molto difficile questa resolutione ma che pregaria Dio che gliela inspirasse, et cercaria di sforzare la volontà sua a consolarmi.
La mattina poi dopo la messa, alla quale intervenni per fare se fusse occorso altro, Sua Santità chiamò  //c. 263v// Montalto, ordinandoli di fare venire il vescovo a Palazo con gl’altri, et dirmi che s’era resoluta di farlo cardinale, et  al numero della altre berrette n’aggiunse una di più, dichiarando che lo metteria come cosa sua, et che io dovessi tacere l’instanza di Vostra Altezza, acciò che non li fusse rinfacciata dagl’altri. A questo risposi poi promettendo per Vostra Altezza et per me, et perciò se bene invitato instantissimamente da Montalto et tirato in mezo da lui et da Rusticuccio, non  potetti negare d’andare al banchetto delli promessi. Non ho però voluto tuora Pavia a casa, né fare altra dimostratione, che di accommodarli la casa del signor Virginio [14] parata delli paramenti che vi erano, della quale si servirà per un mese finché si accomodi come disegna, et di questo siamo restati bene d’accordo per sodisfare alla intentione di Sua Santità, della quale tutta l’ho avvertito. Farnese con li suoi predicando Sermoneta [15] per sua fattura, se bene non è veramente, stava molto baldanzoso, non vedendo niente per noi, mab presentendo poi di Pavia, abbassò gl’orecchi mostrando (come non sa celare gl’affetti) segni manifesti di dolore, et dovette alla Sedia fare la sua parte, poiché il papa nel proporlo poi scusò di non havere saputo alcuni particolari, accennando di inimicitie domestiche, ma disse conoscerlo di tanta bontà, et probati costumi, che doveva sperarsene effetti di buona sodisfattione, et così fu fatto, et restò saldata la piaga nostra anco in cospetto del mondo, poiché di effetto più che di apparenza in quelli suggetti stimo havere molta parte, perché Aldobrandino [16] riconosce da me senza dubio, Castruccio [17] è mio amorevolissimo, Azolino [18] parimente amorevole, se bene per la sua natura non tanto domestico. Padova [19] per havere Este et me ci ha fatto giuramenti solenni di non andare mai in Farnese. Pinello [20] //c. 264r// è mio amicissimo per effetti visti della volontà mia, et Gaetano [21] tale, che anco per mia cagione non si sbracarà per Farnese, da cui non ha da riconoscere questo più che da inclinatione del papa verso quella famiglia, et dall’opera della signora Camilla [22] guadagnata co’ presenti, con li quali anco Padova per mio ricordo se l’ha fatta sua. Ond’io consigliarò Pavia di fare hora quel che doveva fare prima, et dovrò essere meglio udito, se Vostra Altezza harà fatto con esso l’offitio che le ricordò messer Piero [23]. Alli cardinali Castruccio, Azolino, et Aldobrandino ho io donato come ho usato sempre, et lodarei molto se Vostra Altezza co’l cardinale Montalto complisse con alcun donativo conveniente, perché non si può dire quanto gusti Sua Santità di vedere donati questi suoi, et quanto se ne guadagni coloro, come lodarei parimente che ella usasse di donare talvolta Sua Santità istessa delle cose di costà, come frutte et similia, perché Sua Santità ha particolare affetto alle cose nostre, et di molte, che le vengono donate qua, so che particolarmente non mangia se non di quelle che le mando io, che gliene mando giornalmente.
Della gratia sta corso in estremo Olivares [24], che non ha potuto havere niuno de suoi molti. Sta corso Este per Francia, et per il Duca, et sta maravigliato ognuno, come havendo levato Turino, habbia posto questo, et insomma è segnalata per tutte queste cagioni. Et per questo merita qualche dimostratione, la quale saria più stimata da lei et da suoi per una volta almeno in qualche cosa pretiosa, che andasse nella guardaroba privata a benefitio loro. In questo di Pavia ha fatto Montalto senza escettione quanto ho voluto, et ha fatto opera necessaria quanto Vostra Altezza vede. Et gli dispiace che prima non havesse intesa la mente nostra per l’esclusione, affermando che non //c. 264v// haria lassato penetrare cosa contro il gusto nostro, et bene lo può dire, poiché il papa, carnalissimo, lo ama tenerissimamente, et non li sa negare cosa, che egli voglia, ma certe simili conviene saperle innanzi assai per andare disponendo la materia in uno, o in altro modo prima che faccia radici, che poi difficilmente si sbarbano, ond’egli è fino disceso a chiedermi nota delli amici et nimici, offerendo etc. Et io certo voglio havere detto per un’altra volta che harei caro di sapere l’inclinatione di Vostra Altezza molto prima, perché nel ridursi all’estremo trovo molto pericolo et difficultà. Et se così fusse avvenuto hora, non haremo Padova, aiutato da sec stesso, né Sermoneta [25] non disaiutato, ma lassato alla cura di Cesi, che n’ha cagioni particolari et ci crepa sotto et ha fatto il suo sforzo, ma tardi et invano et con disgusto del papa anzi che no, et l’aspettare la lista de promovendi per levare et porre a modo nostro, come il Gerino mi ha detto più volte >…<dd’haver detto a Vostra Altezza, come l’ha detto anco a Cesi [26], et il promettersi così  fuor di squadra, vede ella come poi riesce, et con quanta fatica si faccia una cosa, mentre altri si persuade di poterne fare molte. Io ristringo le cose mie con Montalto più che posso per guadagnare molti con lui solo, il quale trovo dispostissimo, havendo sentito dal papa che vuol lassarli appoggiati a noi et non ad altri, et che a me ha dato cura di pensare a comprare per il signor Michele [27], quando harà fermo il milione destinato al publico servitio. Con me consiglia ogni cosa, et io tutte le sue tratto co’l papa, et pur hora di farli havere la ferma delle lettere quanto prima concertandola con Rusticuccio, il quale desiderarei al negotio perché è molto amorevole veramente.
Farnese raccomandò l’auditore della Camera [28] et _____________e ma hebbe parole generali //c. 265r// se bene poi allargate da lui. Sforza parlò per Cornia [29], ma per se stesso, et forse spinto per nuocere, et non può credersi la malignità di costui. La promotione può dirsi accelerata da Alessandrino fatto incomportabile a Sua Santità, la quale havendo con essa provisto alla Dataria con lassarvi Alessandrino, alla Segnatura con Pinello, alla Consulta con Castruccio et al resto con Azolino, si può credere, che di questi suggetti si servirà, de quali però non ha dichiarato altro, che di Aldobrandino. Alessandrino voleva di nuovo domandare licenza, et l’hanno ritenuto, ma io ho detto a Rusticuccio, che il ritenerlo lo stimo errore, perché dubito che indugiando questo che non può differirsi più, non serva se non a tirarsene poi lui insieme, il quale (come ho detto) vorrei che restasse. Non so quel che faranno.
Stracca si mostra Sua Santità dell’arroganza di Caraffa, il quale per Nazaret ha fatto le forze d’Hercole, et sarà minore per l’avvenire, poiché ella non vaf d’essere conculcata, et non manca chi ricordi in questo genere. Cesi voleva fare il Senatore [30], et trovò il papa alieno, dicendo che non era pur clerico, et che voleva fare, come fece, un decreto, che non si promovesse, chi di un anno non fusse clerico. Insistendo in questo alterò Sua Santità, come l’haveva alterata nelle cose del Bonfiolo [31], il quale havendo recusato la compositione, et chiesto giustitia, disse Sua Santità che pur troppo vene troveria. Gran volontà ha il papa a Cesi, ma dubito che egli non l’abusi. Olivares sta corso per questo, come dico, ma non meno li cuoce del nuntio dichiarato per Spagna [32] senza sua saputa, et in modo che se havesse havuto passaggio saria stato a quella Corte predetta che egli havesse saputo la deliberatione, contro la quale dopo la notitia ha fatto gran batteria //c. 265v// ma invano, onde le cose non passano a modo suo, massime che monsignor Spetiano [33] dichiarato non è amico del Commendator [34] né suo conseguentemente, et che anco monsignor Parisano [35] collettore dichiarato è meramente dipendente d’Este, et pur fatto senza sua notitia, et di tutti harà saputo il Re prima che lui qua, del quale io credo che il nuntio harà ordine di dire poco bene, et che il papa non tratti volentieri seco. Se Vostra Altezza vuol che gli si commetta alcuna cosa di suo servitio, sarà bene che la dica quanto prima, perché io né di lei né di me parlarò, finché non sento la mente sua, et di me disegno supplicar Sua Santità che faccia sapere al Re le maniere con che Olivares tratti et quel che ne sia passato per mano et per notitia di Sua Santità, et come dia cenno della inclinatione sua alla persona mia, se Vostra Altezza però non giudicarà altrimenti, da cui aspettarò la regola in questa parte così  del mio come del suo.
Quando Sua Santità m’hebbe detto il particolare di Pavia, mi spinse la curiosità a voler penetrare come fusse per passarla co’ frati, et così dopo alcuna piacevoleza mostrai credere che la faria pur alcuna parte alla frateria, et che maestro Hieremia [36] non haria lassato di ricordarle et raccomandarle il suo generale [37] per l’ghonore dell’ordine. Hor qui Sua Santità mi fece una risposta che da un canto mi fece pentito d’havere mentionato maestro Hieremia, perché ella al suo nome rabbruscò il viso, prorompendo alle più brutte et infami parole di lui che possino sentirsi, et la somma precisa fu, che lo conosceva meglio d’ogni altro, et che si vergognaria che si dicesse che praticasse in Palazo, che non l’haveva veduto //c. 266r// se non una volta ne primi giorni del Pontificato, né lo voleva dattorno, et gli haveva perpetuamente poi negata l’audienza.  Mi haveva detto Cesi il medesimo dell’audienza per lui, non di meno tanta imboscata contraria alla mia espettatione, et alle parole di lui, non negarò che mi confuse un poco, et ho giudicato bene che Vostra Altezza la sappia per ogni cagione, et particolarmente per alcune impertinenze che può haversi lassato scappare con alcuni, come pare che messer Piero [38] accennasse più dì sono al Serguidi [39] in confuso etc., ma come io di qua non ne farò partecipe alcuno, così potrà fare il medesimo Vostra Altezza, a cui posso dubitare che arrivarà nuova forse non meno.
Le lettere che don Pietro [40] disseh di havere scritte in Spagna per il suo matrimonio, pare che non solo non siano comparse, ma non si ritrovano fra l’altre molte andate con quelle medesime occasioni, ond’io non sapendo quel che mi credere gli scrivo che faccia duplicati, de quali uno o due mandi di costà per diverse vie, et uno ne mandi a me che harò buona commodità d’inviarlo, ricordandoli che la figliola di Aghilar [41] non si maritò altrimenti, et che delle del Duca di Cardona [42], la prima non è a proposito, ma l’altre due belle et attissime al matrimonio, et l’Almirante [43] fra gl’altri buono instrumento per trattare co’l Duca. Il quale Almirante dà al figliolo la figliola di Marcantonio Colonna [44] con centomila scudi. Ho voluto che Vostra Altezza sappia il //c. 266v// caso di quelle lettere, il quacale può dirsi singolare, se pur andorono, acciò che possa fare quel che giudicarà a proposito con lui. Intanto quanto mi dispiace il caso della Granduchessa [45], altrettanto mi allegra la speranza di nuovo parto, parendomi che Dio voglia provederci a punto di quel che più ci bisogna. Questo la renderà più diligente nella cura di se stessa, come richiede lo che tanto tocca al servitio comune, et io lo desidero, et lo ricordo particolarmente. Ho sentito da messer Piero quel che Vostra Altezza li disse di quella novella di Spagna, et egli rispose a lei et alla Granduchessa così conforme al vero della mente mia, che non mi accade se non di replicare il medesimo, che io vivo sì sicuro della mente sua, che qualsi voglia accidente non me la può revocare in dubio né in questo né in cosa minore, et che la conservatione di don Antonio, non mi è meno cara, che a loro per servitio commune, come perciò m’è carissima ogni diligenza che se ne faccia. Et questo credanmelo pure, et lassisi gracchiare, chi con mal fine vada chimerizando.
Quel che il cardinale d’Este [46] desideri da Vostra Altezza per questi corrieri di Francia, lo vederà dal memoriale inclusoi; pare che si concluda che con tante diligenze, che si fanno in tanti luoghi possa provedersi senza pericoloj d’alcuno inconveniente. Però prego Vostra Altezza che proveda nel modo che le parrà migliore in materia gelosa, che le n’haremo obligo.
Il signor Alessandro Orsino [47] m’ha fatto dire, che de suoi figlioli il maggiore destinato alla preteria disegna ponerlo con Farnese, il quale se ne contenta, et l’altro secondo //c. 267r// con Vostra Altezza, et che per darle conto di quello, et per supplicarla di questo manda costà il medesimo homo suo venuto qua, co’l quale havendomi fatto pregare che io le ne dia parte, lo fo con questa.
Con la quale non havendo che dirle di più, le bacio la mano.
Di Roma li xx di dicembre M.D.LXXXV.


6. Guglielmo Bastoni.
7. Paolo Capranica, nunzio a Firenze fra il 1579 e il 1582.
8. Alessandro Ravagli, vescovo di Nicastro.
29. Fabio Penna Della Cornia.
32. Cfr. infra, nota 33.
35. Cesare Parisani.
41. Luis Fernández Manrique, IV marchese di Aguilar.
42. Diego Fernández de Córdoba, III marchese di Comares, che aveva sposato l’erede del ducato Juana de Aragón Folch di Cardona.
43. Luis II Enríquez de Cabrera, Almirante de Castilla.
44. Vittoria, moglie di Luis Enríquez de Cabrera.
47. Alessandro Orsini di Pitigliano. I suoi primi tre figli (Gian Antonio, Bertoldo e Cosimo) però rimasero allo stato laicale.
a Lettura proposta: solo la sillaba iniziale “tu” si legge chiaramente.
b La m è scritta sopra una precedente p.
c La s è scritta sopra una precedente m.
d Espunto il di.
e Questa linea così nel testo.
f Lettura proposta per una lacuna di due parole.
g Barrato nel testo.
h La parola è corretta sopra un precedente scrisse.
i Non conservato.
j La parola è parzialmente macchiata d’inchiostro.